Il Gran Consiglio aderisce alla mozione di Aldi e Dadò per una giustizia più trasparente. Protezione vittime, Gobbi agli scettici: documentatevi
Il sito online del Cantone destinato alla pubblicazione delle sentenze pronunciate dai tribunali ticinesi è insoddisfacente, altamente insoddisfacente. La pubblicazione dei verdetti infatti “non è sistematica, ma è del tutto frammentaria e lasciata al libero apprezzamento della singola autorità giudiziaria”: parole della leghista Sabrina Aldi, avvocata di professione, e Fiorenzo Dadò del Centro. Parole contenute nella mozione, depositata nel 2021, con cui i due deputati, richiamando la Costituzione federale e la Cedu, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, chiedevano al Consiglio di Stato di agevolare l’accesso dei cittadini alle sentenze e alle udienze. E questo per una giustizia che sia effettivamente trasparente. Chiedevano, perché poco fa, con un’ampia maggioranza, il Gran Consiglio ha dato luce verde all’atto parlamentare. Un sì che arriva dopo quello del governo che, prendendo posizione lo scorso gennaio sulla mozione, riconosceva che attualmente “non sono garantiti il principio di pubblicità e la libertà di informazione”. Di conseguenza, scriveva sempre l’Esecutivo cantonale, “il sistema di pubblicazione delle sentenze deve essere migliorato, per quanto già esistente (il sito online, ndr), nonché introdotto negli ambiti per i quali ancora non è previsto”. E quindi anche nella giustizia non penale (civile e amministrativa), “è necessario garantire l’accesso alle udienze, nei casi in cui non vi siano interessi pubblici o privati preponderanti che lo impediscano”.
«Trasparenza e pubblicità del potere giudiziario – ha evidenziato Sabrina Aldi intervenendo nel dibattito in Gran Consiglio – sono fondamentali anche per i cittadini». Affinché possano «controllare», affinché possano verificare se le leggi (codici) vengono applicate correttamente, ha osservato a sua volta Sara Beretta Piccoli dei Verdi Liberali. Ora la speranza è che i miglioramenti richiesti siano attuati celermente, ha auspicato Aldi. D’altronde, ha ricordato la democentrista Roberta Soldati, autrice del rapporto favorevole alla mozione, «uno stato di diritto si fonda sulla trasparenza e l’informazione». Oggi invece le modalità di pubblicazione dei verdetti emessi dalle corti giudiziarie ticinesi sono lontane anni luce da quelle, valide e collaudate, seguite dai tribunali federali, ovvero Tribunale federale, Tribunale penale federale e Tribunale amministrativo federale. I quali dopo aver intimato le loro sentenze alle parti – e dopo averle anonimizzate – le pubblicano regolarmente sui rispettivi siti online. Di più: quando sono in ballo vertenze importanti, inviano ai giornalisti accreditati anche un comunicato stampa in cui è spiegato e riassunto il verdetto.
Quello della pubblicità, puntualizzava il Consiglio di Stato nel rapporto sulla mozione di Dadò e Aldi, “non è, e non può essere, un principio assoluto: la pubblicità di un’udienza può, e deve, essere limitata qualora vi fossero interessi pubblici o privati preponderanti che lo esigono”. Dalle udienze ai verdetti. «Tutte le sentenze continueranno a essere anonimizzate prima di essere pubblicate, per questo faremo capo anche alle nuove tecnologie, a nuovo software», ha assicurato il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi.
In aula non sono mancate voci critiche. Soprattutto dai banchi rossoverdi è stata manifestata una certa preoccupazione: il rischio è di non garantire sempre la protezione della personalità delle vittime. Opportunamente Gobbi ha invitato gli scettici a documentarsi: ha quindi fatto presente che ci sono delle leggi superiori che devono essere rispettate e alle quali ci si atterrà, prima di divulgare i verdetti, per evitare che le vittime vengano riconosciute.
Non è nuovo il tema appena affrontato dal plenum del parlamento. La pubblicità delle sentenze e delle udienze era stata oggetto di un’iniziativa parlamentare inoltrata nel 2012 da Andrea Giudici, quando ancora militava nel Plr prima di passare, in tempi recenti, nell’Udc.
Adesso le cose dovrebbero cambiare, all’insegna di una maggiore trasparenza della giustizia.
Da www.laregione.ch