Dal Corriere del Ticino | L’opinione
Da qualche tempo si è ripreso a discutere di aggregazioni, o meglio di Piano cantonale delle aggregazioni. Andiamo con ordine e partiamo dall’inizio. Nel nostro Cantone la politica aggregativa si è sviluppata privilegiando le iniziative nate dal basso, soprattutto nelle zone periferiche. Si è poi reso necessario un riordino istituzionale anche nelle zone urbane, divenute veri e propri centri nevralgici della crescita del nostro Cantone. Il Piano cantonale delle aggregazioni (PCA) s’inserisce proprio in questo contesto, avendo come obiettivo – su richiesta esplicita del nostro Parlamento – una visione coerente e organica del Ticino, in cui i Comuni si riprendono quell’autonomia decisionale che nel corso degli anni si è persa per strada, a favore di una centralizzazione delle competenze nelle mani del Cantone.
Dopo il respingimento nel settembre 2013 dei ricorsi contro la revisione della Legge sulle aggregazioni e separazioni dei Comuni (Laggr), il PCA – elaborato nel frattempo da un Gruppo di lavoro interdipartimentale – ha potuto esser messo in consultazione presso Comuni, partiti, associazioni ed enti della società civile.
Avviata nel novembre 2013 e conclusa nel maggio 2014, la prima tappa consultiva era volta a discutere – e sottolineo discutere – gli indirizzi strategici e i comprensori di aggregazione affinché fosse possibile raccogliere critiche, osservazioni e suggerimenti utili ad affinare e consolidare la strategia e i comprensori che disegneranno il Ticino di domani. Alla prima consultazione hanno preso parte i Comuni, le associazioni dei Comuni, i partiti politici e una trentina di organizzazioni ed enti pubblici. L’esito della consultazione è stato tutto sommato incoraggiante, vista la diffusa adesione di massima al progetto, che non potrà che consolidarsi grazie ai correttivi apportati. Salvo alcuni scetticismi ormai cronici, il processo aggregativo in Ticino è in linea generale ben recepito, purché non si accelerino prematuramente i tempi e si salvaguardino gli equilibri interregionali e la virtuosa prossimità fra cittadino e istituzioni. D’altra parte, com’è sempre stata mia premura sottolineare, stiamo tracciando le basi per definire l’assetto del nostro Cantone del futuro.
La seconda tappa consultiva – che si concretizzerà nei prossimi mesi – interpellerà i medesimi attori e concernerà soprattutto le modalità di attuazione del PCA e i sostegni cantonali per raggiungere l’obiettivo della riconfigurazione della geografia comunale ticinese. Il coinvolgimento di tutti gli attori resta un presupposto fondamentale. Per questo motivo insieme ai servizi del mio Dipartimento, per affrontare al meglio questa nuova consultazione, ho organizzato alcune riunioni interlocutorie, concentrandoci sui comprensori urbani dove la futura geografia non è ancora del tutto consolidata: il Locarnese, il Luganese e il Mendrisiotto. Un invito che ha fornito l’occasione alle autorità locali di pronunciarsi nuovamente sul futuro assetto territoriale che li concerne direttamente. Nel corso dell’autunno giungeranno le prese di posizione ufficiali.
Dopodiché, fatte le valutazioni del caso, sarà possibile presentare al Gran Consiglio il messaggio sul Piano cantonale delle aggregazioni da lui stesso richiesto nel 2011 e che consentirà finalmente di restituire un quadro prevedibile del riordino territoriale, che funga da impulso e da bussola per le future aggregazioni.
La riforma dei confini comunali s’integra inoltre con un processo più generale di revisione dei compiti e dei flussi fra Cantone e Comuni nell’ambito della riforma Ticino 2020. Infine, la cartina ticinese sarà disegnata con le mani del Cantone e dei Comuni, rifiutando l’idea di una matita mossa unicamente dall’alto. Coscienti comunque di doverla utilizzare nei casi di forti inefficienze, come già accaduto in passato.
I nostri Comuni sono oggi in piena fase di transizione: stiamo passando da una dimensione familiare a una con più vitalità democratica e maggiore autonomia decisionale. Cambia la prospettiva con il cittadino. Infatti il Comune resta, nel nostro sistema federalista, il punto di riferimento, il primo contatto fra i cittadini e le istituzioni. È quindi fondamentale che il Comune sia dinamico e aderente alla realtà. Un federalismo sano è un federalismo moderno, che non subisce l’evoluzione ma l’accompagna e, nel limite del possibile, l’anticipa. Da sempre difendo con convinzione una politica aggregativa capace di integrare una visione cantonale e l’attenzione alle peculiarità locali e regionali, così da modulare al meglio il Comune che abiteremo. E costruire il Ticino di domani. Le istituzioni migliori sono quelle che si adattano al mutare dei tempi; senza ricette imposte, ma con soluzioni condivise.