L’acquisto dello stabile EFG e una soluzione che attende da troppo tempo
Dello stato di salute del Palazzo di Giustizia di Lugano si parla e si scrive da quasi vent’anni. Nelle scorse settimane alla questione abbiamo dedicato un reportage che ha permesso di mostrare e descrivere l’inadeguatezza della struttura, degli spazi e della tecnologia (termine in realtà improprio), con dettagli oltre il limite della decenza e ridicolmente risibili come l’orologio alla parete sprovvisto ormai delle lancette. Il tempo dietro le mura esterne, grigie e segnate dalle intemperie e dall’usura che fa soffrire ogni stabile datato e dimenticato da tutti, non è solo inesorabilmente trascorso. Si potrebbe dire che si è fermato, ostaggio di una classe politica che si è dimostrata incapace di guardare oltre la punta del proprio naso, troppo presa nel cavillare per frenare un investimento che andava fatto anni fa e per il quale oggi si è giunti al punto limite senza sul tavolo una vera scelta bensì una via obbligata: l’acquisto dello stabile EFG in centro a Lugano, storicamente la Banca del Gottardo in quel sontuoso puzzle di palazzi che il trascorrere del tempo non ha intaccato a livello di prestigio. In via Pretorio il decoro è da considerare «questo sconosciuto» e la descrizione di alcuni spazi da parte di un magistrato incrociato pochi giorni fa in città è impietoso: «Nel mio ufficio ormai da tempo funziona solo un riscaldamento su due e quello che scalda fa un rumore che nessuno è stato in grado di identificare e riparare. Delle due tapparelle, una è rotta. E la toilette ormai da anni ha i riscaldamenti guasti. Inoltre, quando erano in corso i lavori di ristrutturazione del grande magazzino in via Pretorio fungeva da toilette pubblica essendo facile entrare a Palazzo di giustizia». Si potrebbe ironizzare sul Palazzo di Giustizia come vespasiano per viandanti, ma soprassediamo. La questione è troppo seria, troppo calda e troppo attuale per lasciarsi trascinare in battutine da osteria.
La prossima settimana il Gran Consiglio sarà chiamato a determinarsi su un dossier che da troppi anni è sul tavolo e sarà sottoposto alla prova del fuoco. Il paradosso è che tutti riconoscono il degrado della sede attuale, tutti sono coscienti che così non si può proprio andare avanti, ma una parte considerevole di questi «tutti» si adopereranno per impedire la sola possibilità che oggi è sul tavolo. Il tergiversare per anni non ha prodotto alternative da paragonare e sulle quali poter decidere ponderando vantaggi e svantaggi, ma ha lasciato acceso un solo lumicino, quello dello stabile EFG, come l’ultimo appiglio per compiere un passo in avanti. La volontà di creare una cittadella della Giustizia per riunire diversi rami dell’apparato della Giustizia sotto lo stesso tetto e fare in modo che questa trovasse posto in centro a Lugano ha portato a focalizzare l’attenzione sul palazzo in questione. E veniamo al nodo che sta venendo al pettine, la pietra d’inciampo sulla quale i contrari (sempre coloro che ritengono inadeguata la sede attuale) faranno leva per fare in modo che si torni ai piedi della scala. Sì, perché opporsi oggi non permetterà di usare la bacchetta magica domani ed essere pronti dopodomani. Il prezzo dello stabile ammonta a 76 milioni di franchi, dopo che una precedente trattativa lo aveva fissato a 80, ma negli ultimi mesi è stato applicato uno «sconto».
È il prezzo giusto? Su questo non ci si può improvvisare periti, occorre fidarsi delle valutazioni fatte, come accade ogni volta che si acquista un immobile. Vale per lo Stato e vale per un privato. C’è poi il capitolo della ristrutturazione degli spazi che in futuro ospiteranno il terzo potere del nostro ordinamento democratico. A conti fatti la futura cittadella costerà un po’ più di 200 milioni spalmati su diversi anni. Solo un paio di settimane fa il Parlamento ha stanziato un credito quadriennale di 195 milioni per le nostre strade. Stentiamo a credere che ciò che è possibile per cordoli e asfalto fonoassobente risulti impossibile per la nostra Giustizia che attende almeno dal 2008, anno in cui si era iniziato a discutere del degrado di quello che è uno dei palazzi nello stato peggiore nel centro di Lugano. Ma su tutto quanto pende anche l’incertezza del voto popolare. In aula ci sarà chi tenterà la via del referendum finanziario e, in caso di insuccesso, resta possibile la raccolta delle firme. Oggi c’è la possibilità di fare un passo avanti dal profilo logistico, informatico e compiutamente da quello tecnologico. La Giustizia non può più attendere i capricci e le lotte intestine della politica, investire in quel comparto non significa sperperare i soldi dei cittadini.
Il Palazzo EFG è «troppo bello o sontuoso» per l’apparato giudiziario? Non lo crediamo. È certamente importante, rappresentativo e trasmette autorevolezza. È una vera casa che non farà acqua alla prima pioggerella, con strutture dignitose e veri sistemi di sicurezza. Sono soldi ben investiti per un valore certo in un comparto strategico di Lugano dopo troppi anni di paralisi.
Editoriale di Gianni Righinetti pubblicato nell’edizione di giovedì 1 febbraio 2024 del Corriere del Ticino