Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 16 luglio 2020 del Corriere del Ticino
Ai Cantoni, Ticino compreso, non piace la Legge COVID-19
Vogliono più autonomia e non subire passivamente le conseguenze finanziarie delle decisioni del Consiglio federale
Si teme l’assegno in bianco
Gobbi: «Se non c’è concertazione si crea una frattura che nessuno auspica»
Non sono stati teneri i giudizi dei Cantoni e dei partiti sulla legge federale COVID-19. A giudicare dai primi resoconti di stampa, c’è un consenso di fondo sul principio che serva una maggiore preparazione in caso di una seconda ondata epidemica e che i due livelli istituzionali, Confederazione e Cantoni, suddividano meglio le competenze per gestire una crisi. Ma poi i nodi vengono subito al pettine, fra chi lamenta il rinnovo di ampie deleghe al Consiglio federale, chi parla di disposizioni troppo vaghe (a tutto vantaggio del potere centrale) e chi addirittura di assegno in bianco. Al punto che secondo la «NZZ» il progetto di legge può già dirsi fallito.
Il senso della critica è che la Confederazione invade alcuni ambiti di competenza cantonale e poi chiama alla cassa gli stessi Cantoni senza che loro abbiano la minima voce in capitolo. Anche il Ticino è molto critico, sia in termini generali sia su alcuni punti concreti, come nel caso della sanità e della cultura. Ora il Consiglio di Stato chiede, da un lato, di inserire nella legge un articolo che tenga conto delle particolarità dei Cantoni (permettendo a questi ultimi, in caso di situazioni straordinarie, di richiedere una «finestra di eccezione») e dall’altro che i Cantoni vengano coinvolti di più.
Metodi mal digeriti
«Il Ticino, così come altri Cantoni, ha sempre mal digerito le modalità di coinvolgimento del Consiglio federale durante la crisi», dice il presidente Norman Gobbi. «Infatti le consultazioni fatte sono sempre state parziali oppure a ridosso di decisioni già prese o peggio ancora dando indicazioni contraddittorie nel giro di pochi giorni. Anche la consultazione sulla Legge COVID ha vissuto questa modalità insoddisfacente di coinvolgimento e di ascolto dei Cantoni che in ultima analisi portano le conseguenze operative delle decisioni federali».
Anche il Governo cantonale teme che Berna abbia troppe competenze e la legge costituisca un assegno in bianco. «È la preoccupazione di molti Cantoni e anche del Ticino. Sostanzialmente la legge è un nuovo vestito per l’ordinanza già oggi in vigore, nella quale il Consiglio federale ingerisce in ambiti di competenza dei Cantoni. Se tutto ciò non viene sufficientemente concertato, alla fine si crea una frattura che nessuno auspica».
Ci pensi la Confederazione
Secondo il Ticino la competenza per adottare restrizioni nelle attività sanitarie deve essere lasciata ai Cantoni. Il Consiglio federale deve intervenire solo in caso di situazione straordinaria. Il testo, insomma, andrebbe rivisto. Ma soprattutto, dalla norma dovrebbe trasparire che in caso di situazione straordinaria i costi dei provvedimenti saranno a carico di Berna.
«Lo abbiamo già visto durante la prima fase, quando il Consiglio federale ha proibito ai nosocomi di eseguire operazioni elettive», rileva Gobbi. «I costi derivanti ricadono sui Cantoni che hanno i mandati di prestazione; per farla breve, la Berna federale dispone e il conto lo pagano i Cantoni. Questa modalità è indigesta per i Cantoni, i quali hanno avviato una discussione (o meglio quasi un contenzioso) con il Consiglio federale poiché gli oneri finanziari rischiano di diventare insopportabili. Se poi pensiamo che in parallelo il Consiglio federale vuole ritirarsi dal sistema duale di finanziamento della sanità, la cosa diventa ancora meno sopportabile politicamente e finanziariamente».
Un altro tasto delicato è quello della cultura. Il mantenimento delle misure a favore del settore viene considerato positivamente, ma visti gli importanti impegni a carico dei Cantoni il Ticino chiede che questi ultimi possano partecipare alla procedura di valutazione dei contributi da erogare e dei requisiti di ammissibilità per poter accedere alle indennità per perdite finanziarie. In altri termini, si vuole avere voce in capitolo e non solo essere chiamati alla cassa.