Dal Corriere del Ticino | L’opinione
Il contesto internazionale in continuo mutamento pone nuove sfide alla sicurezza dei cittadini. Gli Stati sono chiamati a dotarsi di strumenti efficaci e adatti a combattere le azioni criminali, annientandone i germi sul nascere. Una missione particolarmente complessa, perché l’evoluzione della tecnica non sfugge agli ambasciatori di morte e violenza. Il terrorismo internazionale e le organizzazioni malavitose sfruttano le nuove tecnologie, si annidano in posti che mai avremmo pensato essere in pericolo, come accaduto qualche mese fa sul tranquillo lungomare di Nizza.
Non intendo alimentare allarmismi – anche perché la Svizzera non risulta essere negli obiettivi primari del terrorismo – ma sarebbe irresponsabile chiudere gli occhi «perché tanto qui non succederà mai». Probabilmente è una frase di cui erano convinti anche coloro che hanno incrociato la furia omicida che ha barbaramente colpito l’Europa e non solo. La Svizzera non è immune a quanto succede nel resto del mondo e il rischio zero non esiste. Secondo un rapporto della Confederazione, dai 300 ai 400 giovani in Svizzera simpatizzano per l’ISIS, con il serio rischio di radicalizzazione che ne consegue. Tant’è che in aprile abbiamo appreso la notizia dell’arresto di un presunto jihadista che frequentava quotidianamente il nostro cantone.
Dobbiamo inoltre potenziare i nostri vaccini contro le organizzazioni mafiose, proprio perché, ancora una volta, i fatti ci mostrano una realtà preoccupante: dalla cellula ’ndranghetista istallata da anni a Frauenfeld fino al «banchiere» arrestato nel 2014 e da alcuni anni in Ticino, accusato di associazione mafiosa, traffico di droga e armi, usura ed estorsione.
Chi s’impegna giorno dopo giorno nella difesa della nostra sicurezza reclama da tempo strumenti più efficaci contro le organizzazioni criminali. La nuova legge sulle attività informative (LAIn) – in votazione il prossimo 25 settembre – vuole dotare l’intelligence elvetica degli strumenti adatti a combattere questi nuovi pericoli. Attualmente, a titolo d’esempio, il Servizio delle attività informative della Confederazione può acquisire informazioni soltanto in luoghi pubblici, ostacolando indagini cruciali per l’ordine pubblico. La nuova legge invece permetterebbe finalmente all’intelligence elvetica di monitorare computer e telecomunicazioni, e di impiegare apparecchi di sorveglianza nel privato. Sono accorgimenti fondamentali per l’efficacia delle nostre indagini.
La nuova legge non offrirà solo degli strumenti migliori agli 007 svizzeri, ma rafforzerà pure il controllo sulle procedure di raccolta d’informazione, per garantire una maggior tutela della privacy. La vigilanza sarà esercitata dal Tribunale amministrativo federale, dal Consiglio federale, dagli organi parlamentari e da una Commissione indipendente di controllo. Le informazioni non collegate a gravi minacce dovranno essere distrutte, evitando qualsiasi deriva.
Si tratta dunque di una legge che non sacrifica la libertà sull’altare di una sicurezza soffocante. Il testo di legge su cui ci esprimeremo non getta in alcun modo le basi di uno Stato ficcanaso e orwelliano come i contrari continuano a far credere, con una buona dose di ideologia sempre diffidente verso chi deve assicurare l’ordine pubblico.
La libertà individuale è un principio fondamentale sul quale si basa lo Stato di diritto, ed è essenziale tutelarla senza contrapporla alla sicurezza individuale e collettiva. Uno Stato sicuro è uno Stato moderno che si adatta all’evoluzione dei tempi e aggiorna i propri strumenti, senza mai dimenticare che la sicurezza è sempre e comunque al servizio del nostro bene più grande: la libertà.
Per questi motivi invito tutti i cittadini a votare sì domenica 25 settembre alla nuova Legge federale sulle attività informative (LAIn).