Dal Corriere del Ticino | Per favorire la firma dell’accordo sui frontalieri l’Esecutivo intende abolire la richiesta sistematica del certificato Norman Gobbi: «La maggioranza ha ceduto alle pressioni» – Manuele Bertoli: «Scelta nell’interesse del Cantone»
Sia Berna sia Roma l’avevano definita una «pietra d’inciampo» sulla strada che portava alla sottoscrizione del nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri. Ora, a 26 mesi dall’introduzione decisa dal direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi per motivi di sicurezza, l’esperienza del casellario giudiziale obbligatorio per i richiedenti di un permesso di dimora (B) o per lavoratori frontalieri (G) si avvia al capolinea. Il Governo ha deciso di fare un passo indietro «per togliere l’ultimo ostacolo alla firma di questo accordo». Di fatto una volta raggiunta l’intesa tra Svizzera e Italia – che l’Esecutivo si attende in tempi rapidi – la prassi verrà modificata, lasciando spazio all’autocertificazione e alla presentazione del certificato penale su base volontaria e non più sistematica. La scelta rischia però di lasciare degli strascichi in Governo: a favore del ritiro del provvedimento si sono schierati il presidente Manuele Bertoli e i consiglieri di Stato Paolo Beltraminelli e Christian Vitta , mentre contrari si sono detti i leghisti Claudio Zali e Gobbi. E proprio quest’ultimo non ha mancato di esprimere la sua contrarietà commentando su Facebook la decisione dell’Esecutivo. Successivamente lo abbiamo interpellato: «Il tema del controllo dell’immigrazione non è solo mio, ma di tutti i ticinesi che più volte l’hanno ribadito. Parliamo di una misura che non è sfociata in alcun ricorso da parte di chi l’ha subita, che ha portato effetti positivi se pensiamo ai 400 casi sensibili analizzati e ai 119 di revoca o diniego del permesso e che ha ottenuto successi a livello federale. Successi che, con la decisione del Governo, vengono indeboliti così come la nostra posizione a Berna».
«Cadrà un privilegio»
Il Governo nel maggio del 2016 aveva dato un anno di tempo a Gobbi per individuare una soluzione efficace quanto la richiesta sistematica del casellario ma compatibile con gli accordi internazionali: «Ma soluzioni alternative di pari efficacia, per quanto verificate e ricercate, non ve ne sono» rileva il direttore delle Istituzioni, aggiungendo quindi che «per noi era insostenibile rimanere sprovvisti di questo tipo di controllo». Sì perché secondo Gobbi operare «ora diventa più difficile e qualora in futuro dovesse accadere qualcosa la colpa sarà sempre dell’Ufficio della migrazione del Dipartimento delle istituzioni». La scadenza fissata l’anno scorso, va detto, era comunque coincisa con il sostegno alla misura di tutto il Governo. E ciò anche alla luce dei suoi effetti. Ma non è tutto, poiché nel frattempo anche il Gran Consiglio aveva accolto due iniziative cantonali per estendere il modello di controllo ticinese a tutta la Svizzera. Negli scorsi mesi erano poi giunti i primi riscontri positivi nelle commissioni del Consiglio degli Stati e del Nazionale. Perché, dunque, cambiare rotta? «Era prioritario concludere l’accordo sulla fiscalità dei frontalieri – risponde Bertoli – per una serie di ragioni che fanno l’interesse del Cantone. Prima di tutto perché il nuovo impianto porta con sé una misura anti-dumping dal momento che il lavoratore frontaliere non avrà un privilegio fiscale, come sinora, rispetto al connazionale attivo in Italia». Per quanto riguarda invece il maggior introito stimato sul fronte svizzero Bertoli precisa che «si va dai 15 ai 30 milioni da suddividere tra Comuni, Cantone e Confederazione».
Resta in corsa la contropartita
In merito all’urgenza di intervenire sul casellario senza attendere eventuali decisioni da Berna sulle iniziative cantonali o sul sistema europeo di scambio di informazioni ECRIS, Bertoli invece sottolinea: «È stata una scelta difficile ma necessaria. Contingenza vuole che se oggi intendiamo mandare avanti questo accordo il passo indietro lo dobbiamo fare noi. Sappiamo che la situazione politica in Italia potrebbe cambiare presto con le elezioni e quindi tutto potrebbe cadere. Insomma, ora o mai più. Inoltre portando la questione sul piano nazionale, alla fine la Confederazione dovrà decidere. E se dovesse estendere l’obbligo del casellario a tutti questo varrà anche per il Ticino e, come speriamo, avremo salvato capra e cavoli». Nel quadro delle ricadute dell’accordo sui frontalieri per il Cantone si era parlato di una possibile contropartita di una ventina di milioni da parte di Berna. Uno scenario che Bertoli non esclude: «I progressi fatti oggi anche verso Berna aiuteranno a fare passi avanti anche in questa direzione». E proprio su eventuali pressioni del Consiglio federale Bertoli evidenzia: «Siamo stati stimolati più volte nell’andare in questa direzione, anche di recente con una lettera della presidente della Confederazione». Ma su questo punto Gobbi è d’altro avviso: «Si è ceduto a delle pressioni che anche il sottoscritto ha ricevuto dalla presidente del Consiglio federale e da altri consiglieri federali. Il rischio è che come nel 1974 il Ticino sia l’unico a pagare la fattura a fronte di un beneficio per tutto il Paese che dal punto di vista della Confederazione va bene ma non dal mio di consigliere di Stato del Ticino. Seppur si parli di cifre importanti si è sacrificato un mandato popolare e parlamentare in tema immigrazione, che io prediligo, sull’altare di un potenziale interesse fiscale». Sollecitato sul rischio di una spaccatura in Governo Bertoli per contro conclude: «Dico solo una cosa. Quando possibile, e accade molto spesso, il Governo prende le decisioni in modo unanime. Vi sono però dei casi dove le scelte sono a maggioranza. E concludo con una battuta: se ogni volta che il sottoscritto resta in minoranza dovesse fare un post o un tweet probabilmente i vostri archivi ne conterebbero un certo numero».
(Articolo di Massimo Solari e Viola Martinelli)