Sull’iniziativa contro l’immigrazione di massa si stanno alzando potenti barricate e sfruttando situazioni al limite della decenza. Tutto ciò dimostra la paura che questa lodevole iniziativa popolare sta creando nel mondo politico elvetico. L’iniziativa dell’UDC svizzera con l’appoggio sin dalla raccolta firme della Lega dei Ticinesi (meglio ricordarlo visto che in Ticino adesso sono in molti a salire sul treno!) ha posto al centro della discussione un elemento centrale della sovranità nazionale, ossia il poter gestire l’immigrazione e meglio regolare l’afflusso di persone dall’esterno.
Mondo politico elvetico che si agita, spalleggiato dagli stessi alleati che nel 1992 erano a favore dello Spazio economico europeo, palesando con l’approvazione di questa iniziativa ripercussioni devastanti per l’economia e la politica estera del nostro Paese, nonché il mancato rispetto di norme superiori. Insomma, vengono portate sempre e solo le stesse argomentazioni ogni qualvolta il Popolo deve esprimersi su temi caldi politicamente: adesione allo Spazio economico europeo, Bilaterali, espulsione dei criminali stranieri, minareti, …
A fronte di questa cacofonia ammuffita nell’argomentare, il mondo politico svizzero pare però non voler capire o meglio comprendere il perché questi temi sono caldi. Infatti, suona profondamente sospetta la reazione tardiva e ancora solo a parole del Consiglio federale nel voler meglio regolare l’accesso agli aiuti sociali da parte dei cittadini UE immigrati in Svizzera.
Una propaganda istituzionale
Un semplice “parare il colpo” del Consiglio federale, che negli ultimi 10 anni ha dimenticato e tuttora dimentica semplicemente quanto denunciato da parlamentari e movimenti politici riguardo gli effetti della libera circolazione delle persone. Suona poi strano come a fronte di carceri cantonali piene di cittadini non residenti in Svizzera, non si voglia intervenire e quindi ammettere un problema in relazione alla libera circolazione. Le misure d’accompagnamento sono come cerotti su una gamba di legno, in quanto gli importanti sforzi fatti per il Ticino (SECO dixit) non hanno per ora dato alcun risultato tangibile, se non quello di fermarsi dietro le cifre statistiche, senza mai scendere nel terreno a “vivere la libera circolazione delle persone a Sud delle Alpi”.
Non lo farà nemmeno il Consiglio federale lo sforzo di scendere nel terreno, che evita un’uscita nella sua campagna contro l’iniziativa nel Cantone maggiormente toccato dai Bilaterali. Una dimostrazione non solo del risultato scontato che avrà l’iniziativa in Ticino, ma anche e soprattutto della volontà del mondo politico elvetico di non voler comprendere i problemi legati alla libera circolazione e la condizione eccezionale del Ticino nel contesto elvetico. Una dimostrazione ulteriore in tal deprecabile senso l’ho vissuta al recente e annuale seminario dei governi cantonali che ha sacrificato un’intera giornata alla propaganda del fronte contrario all’iniziativa. Didier Burkhalter, il delegato europeo alle questioni migratorie, il vicepremier slovacco e tanti colleghi dei governi cantonali, ma in maniera volontaria nessuna voce dal Ticino è stata fatta esprimere sul palco, in modo da poter presentare la realtà del nostro territorio e le situazioni vissute dai nostri cittadini. Un’intollerabile mancanza di rispetto fatta rimarcare dal sottoscritto e dal collega presidente Beltraminelli, ma che nuovamente dimostra quanto il Ticino abbia bisogno di esprimere la sua voce in maniera chiara.
Il Ticino deve dire la sua
Il Consiglio di Stato ticinese non ha voluto esprimersi su quest’iniziativa, secondo me sbagliando. La maggioranza non leghista dei colleghi è contraria all’iniziativa, ma se il Governo cantonale avesse espresso un parere favorevole all’iniziativa (e saremmo stato l’unico governo cantonale!), sicuramente la Svizzera mediatica e politica si sarebbe posta qualche questione e magari avremmo ottenuto un po’ più di attenzione e comprensione per una realtà unica nel contesto federale.
Oggi il rischio è che il SÌ ticinese all’iniziativa passi come “il solito voto di un Cantone chiuso e leghistizzato” come piace giudicare ai media d’Oltralpe e non solo, al posto di passare come un nuovo grido di allarme e di aiuto espresso da un territorio che su più fronti è una sorta di laboratorio politico, economico e sociale in cui si anticipano gli eventi rispetto al resto del Paese. Ma qui, ci vuole lo sforzo e la voglia di comprenderlo; sforzo e voglia che mancano nella Berna federale. E quindi, non ci resta che votare SÌ all’iniziativa contro l’immigrazione di massa e continuare a lottare per il nostro territorio e la nostra popolazione.
Norman Gobbi