Da La Regione del 25 agosto 2016 | Pronto a Rancate il Centro temporaneo per fronteggiare i flussi migratori, Mauro Antonini: «Darà una mano a chi è sul terreno» – Cambiati numeri e tipologia dei richiedenti l’asilo.
Poliziotti all’esterno, agenti della sicurezza privata all’interno (sul numero si preferisce glissare), e occhi elettronici puntati sull’area lì alla Rossa di Rancate. Il luogo è un po’ fuori mano (è nella zona industriale) e lo stabilimento, adattato alle necessità, è modulabile. Innalzata una recinzione, si è steso un telone verde per evitare sguardi indiscreti. Anche alle finestre sono comparse delle reti: per la sicurezza ma pure per evitare il lancio di oggetti da fuori, ci spiegano. Il Centro temporaneo destinato ad accogliere (per non più di 24 ore) i migranti in attesa di essere riammessi (tramite una procedura semplificata) in Italia adesso è davvero pronto. E a tempo di record. Da domenica si trasferiranno le prime persone dai tre impianti di Protezione civile, ai quali si è fatto capo sin qui. Ora si centralizza: a disposizione 150 posti in tutto a fronte di una pressione importante alle frontiere. Due terzi dei migranti intendono transitare dalla Svizzera, meta il Nordeuropa. Questa soluzione, dunque, ha convinto tutti: il governo cantonale – «che ha aderito in modo unanime», fa sapere il presidente del governo Paolo Beltraminelli – e chi opera in prima linea nella gestione dei flussi migratori. Alle porte, del resto, c’è la scena aperta della stazione San Giovanni di Como con uomini, donne e bambini, a centinaia, accampati. «Il Ticino è al fronte e lavora per tutta la Svizzera – annota ancora Beltraminelli –. Siamo un po’ la fanteria del Paese». D’altro canto, come ricorda lo stesso comandante del Corpo Guardie di confine della Regione IV Mauro Antonini , questo è «l’unico corridoio rimasto». Essere preparati (e previdenti) ha così aiutato il Ticino a reagire. «Nella Confederazione siamo stati i primi a creare uno Stato maggiore cantonale immigrazione», ricorda dal canto suo il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi . Di che lasciarsi sfuggire un ‘per fortuna’. «Il Ticino – rilancia – si è dimostrato attivo, pragmatico e attento nei confronti della popolazione». E l’esempio, si fa capire, è proprio il Centro di Rancate. Che grazie alla collaborazione fra polizie, Guardie di confine e agenti privati semplifica le operazioni e la gestione della sicurezza, richiama dal canto suo il comandante della Polizia cantonale Matteo Cocchi . Il sigillo, poi, ce lo mette Antonini. «Una soluzione simile nel Mendrisiotto porta solo vantaggi – motiva –. Dà una gran mano a chi opera sul terreno, anche nell’economizzare risorse. Inoltre, rende manifesta la cooperazione fattiva tra Cantone e Confederazione – che contribuirà alle spese, ndr –, che in questo contesto funziona da anni». Chi dal 28 agosto varcherà la soglia del Centro alla Rossa troverà un giaciglio, un pasto (se ne incaricherà la Protezione civile), docce e bagni (dentro quattro container), e un locale infermeria. Donne, bambini e famiglie, se necessario, saranno separati e sistemati in camerate apposite ricavate al piano superiore del capannone, dove sarà presente un agente donna, illustra Ryan Pedevilla , sostituto capo Stato Maggiore Smci.
‘L’Onu ha visto’
Come dire che le condizioni in cui ci si muove in questa sorta di ‘terra di mezzo’, tra il fermo e la riconsegna all’Italia, sono dignitose. E che le denunce di presunte violazioni vengono rispedite al mittente. Se ne incarica Antonini: «Abbiamo ricevuto la visita dell’Alto Commissariato Onu e non ha riscontrato nulla. Ha visto che le procedure sono corrette».
INTERVISTA A NORMAN GOBBI – ‘Pronti anche ad arrivi massicci di migranti’
Ministro Gobbi sulle rotte dei migranti la situazione è in continua evoluzione, c’è preoccupazione?
L’incancrenirsi di una situazione di disagio, anche sociale e umano, può avere reazioni negative da parte dei migranti stessi ma pure della popolazione. È quindi importante che le autorità ticinesi e comasche, rispettivamente svizzere e italiane, continuino a collaborare, come fatto sin qui, proprio per scongiurare problemi possibili. Come è accaduto nella giornata di sabato: grazie ai contatti diretti con il prefetto di Como Corda abbiamo potuto evitare che i migranti si muovessero verso il confine, indotti da informazioni scorrette sull’apertura di un corridoio di transito in Svizzera. Cosa evidentemente falsa. Qualcuno però ha voluto giocarci, cercando di mettere alla prova la collaborazione transfrontaliera e la sicurezza. E quest’ultimo credo sia l’aspetto più importante: è giusto parlare di migranti, ma anche delle preoccupazioni della popolazione locale.
Sabato alle stazioni si sono schierati gli agenti. Non si rischia di restituire l’immagine di un Paese che arriva a blindare le frontiere per fronteggiare la pressione migratoria?
Si blindano le frontiere solo quando c’è qualcuno che vuole giocarci politicamente. Come è stato fatto in parte sabato, cercando di andare contro lo Stato, visto che in questi movimenti sono presenti pure organizzazioni di tipo anarchico. Dall’altra parte vi sono i migranti, che possono diventare vittime persino di coloro che pretendono di difenderli, almeno nelle loro affermazioni. Nei fatti si tratta di gestire queste persone in modo corretto. Cosa che in questo momento anche le autorità lariane e prefettizie stanno facendo, creando un campo di accoglienza temporaneo.
Qui si cerca di gestire i flussi migratori; la Germania potenzia le forze a presidio dei suoi confini. Alla fine in Europa non si fa a scaricabarile?
Siamo il ponte tra il Mediterraneo e l’Europa centrale, tra il punto d’entrata e il punto di destinazione. Questo ci mette in una situazione difficile: la pressione è qui, non altrove. D’altro canto, al di là del nostro lavoro di controllo e messa in sicurezza della frontiera – verificando che chi entra lo faccia in modo regolare –, abbiamo piena comprensione per l’operato delle autorità italiane. Penso che il lavoro di Simonetta Sommaruga – ministra di Giustizia e polizia, ndr – a livello dei suoi omologhi europei sia quello di portare avanti la posizione del governo italiano. Anche perché noi lo viviamo direttamente; e sappiamo quali sforzi compiono. Un’azione che trova poca solidarietà tra i Paesi dell’Ue, che non accettano una ‘chiave di riparto’ che invece la Svizzera conosce. In caso contrario avremmo tutti i richiedenti l’asilo in Ticino. È un aspetto di presa di responsabilità che qui c’è. Mi aspetto altrettanto dai Paesi europei.
I numeri dei respinti è lievitato. Coincide con una prassi più rigida?
Non è cambiata la prassi, ma la tipologia dei migranti. Lo ha ribadito anche il direttore generale dell’Amministrazione federale delle dogane Bock, che abbiamo incontrato martedì. Le cifre assolute di coloro che hanno chiesto asilo in Ticino sono aumentate in modo importante: lunedì si contavano le stesse domande dell’intero 2015. E c’è un forte numero di migranti che intende raggiungere la Germania, e lì chiedere aiuto e lavorare. Ciò si scontra con gli accordi europei e la Legge federale sugli stranieri.
Dopo Rancate qual è la strategia?
Dal 2015 abbiamo previsto possibili arrivi massicci – e parliamo di migliaia – di migranti, in generale. Nel caso l’obiettivo è di non pesare solo sul Mendrisiotto e coinvolgere tutto il territorio cantonale, ma per un breve periodo. Chiedendo quindi la solidarietà del resto della Confederazione. Abbiamo avuto contatti con altri Comuni; e ci sono strutture pronte all’accoglienza.
La Confederazione vi sosterrà?
Più o meno. Il dispositivo cantonale fa parte del dispositivo federale.