Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 2 aprile 2019 de La Regione
Riforma Ue su fucili e pistole, Filippini: ‘Nessun conflitto tra le mie cariche’
Luca Filippini ‘È una questione di diritti: se ne toglie uno ai cittadini onesti’
I tiratori la impallinano senza esitare. Lo hanno ribadito chiaramente sabato scorso durante l’assemblea annuale della Federazione ticinese delle società di tiro. L’ufficio esecutivo della Federazione svizzera funzionari di polizia (Fsfp) dà invece libertà di voto, ma avverte: dicendo no alla revisione del diritto svizzero sulle armi – che prevede di riprendere quello Ue – si rischia di uscire dagli accordi di Schengen. “Se così fosse, saremmo praticamente ciechi”, scrive la Fsfp in una nota, rilevando come le forze dell’ordine elvetiche perderebbero l’accesso al Sistema di informazione centralizzato europeo contenente identità di persone e beni da controllare. Una base di dati consultata centinaia di migliaia di volte ogni giorno in tutta la Svizzera. Chi guida la campagna referendaria per il no il prossimo 19 maggio è anche un alto funzionario ticinese del Dipartimento istituzioni. Dipartimento da cui dipende pure la Polizia cantonale. Luca Filippini: lei è segretario generale del Di e presidente nazionale della Comunità di interessi del tiro svizzero; non c’è un certo conflitto tra i due ruoli e le due visioni sul voto? «No. Sul conflitto d’interesse si è già espresso il governo nel giugno dello scorso anno dicendo che non c’è incompatibilità tra le due cariche. Sulle visioni diverse tra tiratori e polizia, va rimarcato che ad esprimersi per le forze dell’ordine è stata la Fsfp. Gli agenti sul campo (e non intendo in Ticino, sia chiaro) hanno però anche altre opinioni. Non siamo contro Schengen o l’Europa, ma contro una legge che non porta nulla. Inoltre un no alla legge non ci escluderebbe automaticamente dall’accordo: andrà trovata una soluzione per rimanere».
Se però dovesse venir meno l’accordo, la polizia stessa sostiene che sarebbero guai.
Nessuno ha interesse a buttar fuori la Svizzera. E la Svizzera non ha interesse ad uscire ….
Se dovesse passare la modifica della legge, i tiratori potrebbero comunque avere accesso alle armi…
Accetteremmo però una legge assurda, che non serve a nulla, soprattutto non servirebbe, come si dice, a combattere il terrorismo. Il problema qui non è pratico, ma di principio per l’intera comunità: si toglierebbe ai cittadini il diritto fondamentale di possedere un’arma. Oggi lo Stato deve dimostrare che una persona non è idonea a comprare un fucile o una pistola. Con la nuova legge sarebbe l’esatto contrario: il cittadino dovrebbe certificare di averne i requisiti.
Così sarebbe però più facile controllare che fucili e pistole non finiscano in mano a malintenzionati…
La legge svizzera attuale è già un buon compromesso tra burocrazia e controllo. Inoltre si può togliere un’arma anche dopo averla concessa se ve ne sono gli estremi. Con la nuova legge il problema è invece di principio: si leva il diritto alle armi a onesti cittadini.
Perdoni, ma l’appello al diritto di possedere un’arma sembra quello dalla National Rifle Association americana dopo ogni strage…
Può anche vederla così. Nella nostra comunità di interesse nessuno ha però motivazioni commerciali.
C’è l’interesse però a difendere tiro sportivo e caccia, cosa che sarebbe comunque possibile anche con il nuovo testo.
Il diritto fondamentale è alla base di ogni Stato liberale. Questo cambiamento non ci tocca solo come sportivi o cacciatori, ma anche come cittadini. Il diritti d’espressione, quello di voto e quello di possedere armi fanno una democrazia.
Forse la democrazia la fa un po’ più il diritto di parola e di voto rispetto a quello di possedere armi…
Quello di possedere armi è un diritto che esiste in Svizzera e non vediamo ragioni per rinunciarci.