Il presidente del Governo del Ticino: “Con Schengen più criminali. Un muro in dogana? Serve una frontiera fisica”

Il presidente del Governo del Ticino: “Con Schengen più criminali. Un muro in dogana? Serve una frontiera fisica”

Da Il Giorno l Intervista a Norman Gobbi: “Chiudiamo di notte i valichi minori”

Frontiere da sorvegliare contro la criminalità d’importazione. Non ha dubbi Norman Gobbi, direttore del dipartimento delle Istituzioni e presidente di turno del Consiglio di Stato, il governo del Ticino, sul futuro da dare al Cantone a noi confinante.

Gobbi, nella recente operazione Duomo la Polizia cantonale in collaborazione con quella italiana ha arrestato sei persone che, stando alle accuse, stavano per assaltare un portavalori. Come giudica, anche alla luce di questo episodio, la collaborazione fra forze di polizia italiane e ticinesi?

“La collaborazione è buona e l’esito positivo dell’operazione Duomo ne è la dimostrazione. La creazione di un Centro di cooperazione transfrontaliera di polizia e doganale nel 2008 derivante dal relativo Accordo tra la Svizzera e Italia si è rivelata di fondamentale importanza per gestire questo genere di situazioni dove la chiave del successo è principalmente la comunicazione e lo scambio di informazioni tra Polizia di Stato, la Polizia del Canton Ticino e il Corpo delle guardie di confine svizzere”.

Secondo lei quale è il livello di sicurezza in Canton Ticino?

“Nell’ambito della sicurezza non ci si può mai dire completamente soddisfatti. Come ripeto di frequente, la sicurezza è un bene primario che occorre garantire ogni giorno a tutti i cittadini. Per questo motivo non bisogna mai abbassare la guardia e continuare a impegnarsi per accrescere sia la sicurezza oggettiva che quella percepita dalla popolazione, perché le statistiche criminali non dicono tutto. In ogni caso il livello di sicurezza nel Canton Ticino, migliorato in questi ultimi anni, è da ritenersi buono, in particolare se confrontato alle realtà delle Province italiane con le quali il Cantone confina”.

Ritiene che i cosiddetti “frontalieri della rapina” siano un fenomeno in crescita oppure ridotto a livello fisiologico? E se lo giudica in crescita, quali sono i motivi principali di questa escalation?

“Il fenomeno dei criminali transfrontalieri si è acuito in maniera preoccupante quando la Svizzera ha aderito allo Spazio Schengen e all’Accordo sulla libera circolazione delle persone, i quali comportano l’impossibilità di compiere controlli sistematici delle persone alle frontiere. Questo aspetto, unito a un aumento generalizzato della criminalità nel Nord Italia negli ultimi anni, ha quindi portato nel Canton Ticino a una crescita di rapine e di furti, crescita che cerchiamo di arginare in maniera efficace anche con la collaborazione fra le forze dell’ordine italiane e quelle ticinesi”.

Giudica efficaci le misure di sicurezza adottate a livello federale per tenerlo sotto controllo? E quelle messe in campo dall’Italia per impedire che criminali operanti su suolo italiano agiscano in Ticino?

“Innanzitutto occorre precisare che in Svizzera la sicurezza e l’ordine pubblico, come pure la sovranità in materia di polizia, competono ai Cantoni. In questo senso, la strategia da me promossa negli ultimi anni sta dimostrando la sua efficacia. Questa politica di sicurezza in un Cantone di confine deve essere in ogni caso accompagnata da alcune misure che competono esclusivamente al Governo federale. Una di queste è quella relativa alla chiusura notturna dei valichi secondari nel Canton Ticino, di frequente utilizzati dai criminali transfrontalieri; una misura che spero venga presto attuata dalle autorità federali svizzere in collaborazione con quelle italiane”.

Crede sia stato un errore aderire a Schengen? Tornerebbe indietro? E se sì, non crede che questa scelta possa avere riflessi negativi sull’economia del Cantone?

“Come ho indicato in precedenza, l’adesione della Svizzera allo Spazio Schengen ha implicato diverse problematiche, soprattutto dal profilo della sicurezza vista la diminuzione dei controlli delle persone alle frontiere oltre che sui costi di funzionamento. Gli Accordi di Schengen non vanno però confusi con i controlli doganali sulle merci; in questo contesto, un ripristino del controllo delle persone alle frontiere non avrebbe assolutamente alcuna relazione con l’economia del Canton Ticino, ma andrebbe a vantaggio della sicurezza sul territorio, combattendo in maniera più efficace il crimine transfrontaliero”.

Qualche anno fa il fondatore del suo partito, Giuliano Bignasca, con una provocazione lanciò l’idea di erigere un muro per mettere al riparo il Ticino dalla criminalità d’importazione, oggi sarebbe ancora una soluzione valida?

“L’idea di costruire un muro a difesa del Ticino è provocatoria ma nasconde però una realtà attuale oggi più che mai: con la libera circolazione delle persone siamo esposti a qualsiasi tipo di infiltrazione sul nostro territorio, da quella mafiosa ai topi d’appartamento. Solo ristabilendo una frontiera fisica, e non meramente geografica, si può controllare chi entra e chi esce da una nazione a beneficio della sicurezza di tutti i cittadini. Con fisicità non intendo quindi un muro, bensì controlli più intensi e mirati”.

Se avesse carta bianca quale provvedimento adotterebbe per primo per garantire maggior sicurezza ai ticinesi?

“Certamente il primo provvedimento che prenderei se fosse di mia competenza, poiché il più efficace e di rapida esecuzione, è quello di ripristinare i controlli sistematici delle persone ai valichi doganali”.

di CORRADO CATTANEO
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