Dal Mattino della domenica | Il Consigliere di Stato Norman Gobbi stila un primo bilancio dell’estate 2017 sul fronte delle entrate illegali nel nostro Paese
Davanti all’incertezza e all’imprevedibilità dell’evolversi della pressione migratoria ai nostri confini, il Ticino non si è fatto cogliere impreparato; nello stile che caratterizza l’essenza della Confederazione elvetica, con pragmatismo e concretezza abbiamo trovato la soluzione ottimale e funzionale per far fronte a quella che – di fatto lo è – un’emergenza che varca i nostri confini e che colpisce tutto il continente europeo. Con questo spirito, per far fronte all’importante afflusso che ha colpito le nostre frontiere nella calda estate del 2016, ci siamo organizzati per gestire una situazione di emergenza. Facciamo quindi un passo indietro, e torniamo all’estate dello scorso anno quando, grazie al nostro lavoro e alla nostra intraprendenza, abbiamo offerto un servizio non solo a tutta la popolazione ticinese ma anche al resto della Svizzera! Un anno fa, infatti, abbiamo dovuto gestire un cambio di tendenza: i migranti non bussavano più alla nostra porta per richiedere l’asilo nel nostro Paese ma volevano semplicemente usare la Svizzera come via di transito per raggiungere il nord Europa e quei Paesi con un approccio differente in materia di rifugiati. Secondo gli accordi di Dublino però, questo non era – e non lo è tuttora – possibile e queste persone devono far rientro nello Stato nel quale sono stati registrati, ovvero l’Italia. Per questo motivo abbiamo dovuto ideare un dispositivo che consentisse di velocizzare le pratiche con un gran numero di persone da riammettere in Italia e al contempo offrire una struttura sicura, in una località adatta a questo genere di finalità. Le strutture della protezione civile, situate perlopiù nei centri abitati dei Comuni del Mendrisiotto, non si prestavano a questa necessità, pertanto abbiamo realizzato il Centro di Rancate. Una struttura che si adatta perfettamente alle esigenze di accoglienza e flessibilità necessarie in un contesto mutevole come quello dei flussi migratori.
Ma dallo scorso anno qualcosa in effetti è cambiato. Le stime della Confederazione sugli arrivi sono state smentite nel corso dell’estate che – complice anche il calo delle temperature – si sta concludendo. È presto per tirare un bilancio definitivo. Ma sicuramente possiamo fare una serie di valutazioni. Un fenomeno nuovo ha caratterizzato i mesi estivi: nonostante il numero di sbarchi sulle coste italiane sia rimasto immutato rispetto al 2016, la pressione migratoria a Chiasso è calata notevolmente rispetto allo steso periodo dello scorso anno. Ma allora, dove sono finite queste persone? È proprio questo il punto centrale: non abbiamo segnali che ci possano confermare che il grande numero di persone giunte in Italia e presenti tutt’ora sul territorio italiano non siano intenzionate a seguire le rotte che sono state utilizzate negli scorsi anni. Evidentemente il grande e minuzioso controllo che è stato attivato dalla Confederazione e dal Cantone alla frontiera sud della Svizzera ha giocato un ruolo deterrente, scoraggiando coloro che volevano attraversare l’Europa utilizzando il nostro Paese come corridoio. Questa è sicuramente un’ipotesi valida. Ma oltretutto non va dimenticato che i nostri vicini italiani hanno finalmente iniziato a giocare la propria parte – complici anche gli aiuti stanziati dall’Unione europea ai singoli Stati – per gestire la crisi migratoria. Di conseguenza hanno iniziato a registrare in maniera sistematica le persone in arrivo sul loro territorio e si sono anche adoperati per migliorare la gestione dei centri di affluenza. Sono due letture che possono spiegare i motivi che hanno portato un minor numero di persone a presentarsi alla nostra frontiera sud. Calate le cifre, qualcuno ha quindi ben pensato di domandarsi se avesse senso mantenere una struttura come quella di Rancate. E la mia risposta è ovviamente sì. Un sì convinto, perché quella del mendrisiotto è la struttura di cui si necessitava per far fronte ai repentini cambiamenti che caratterizzano i flussi migratori. Un centro per il quale, va rammentato, la Confederazione finanzia i costi legati alla sicurezza. Un centro che resterà operativo fino alla fine del 2018. Così infatti ha deciso il Governo. E non dimentichiamo che se non ci fosse stato Rancate, queste persone avrebbero dovuto pernottare per una sola notte nel centro di nuclei abitati. E non da ultimo anche grazie a questa struttura nella zona vi è stato un accrescimento del dispositivo di sicurezza, grazie alle numerose forze dell’ordine in servizio nel territorio mo’mo’.
La soluzione ticinese quindi ancora una volta si è rivelata efficace e utile. Ma questo è appunto il frutto del pragmatismo che ci contraddistingue. Da una parte il rispetto del sacrosanto principio del federalismo, che regge il nostro sistema politico. Il nostro Cantone – spesso officina di quei fenomeni che interesseranno solo in un secondo tempo il resto del Paese – ha trovato la soluzione ideale e concreta per tutta la Svizzera. Una soluzione di cui beneficiano tutte le istituzioni dei vari livelli del federalismo: i Comun, tutti gli altri Cantoni e anche la Confederazione. Ci tengo una volta ancora a ribadire e a sottolineare i punti di forza del Centro di Rancate. Perché si sa che da noi, soprattutto per la sinistra casalinga, è più facile puntare il dito contro quando le cose non funzionano piuttosto che riconoscere quando invece funzionano, a beneficio di sicurezza e legalità! Un plauso al Ticino e quindi a tutti noi, che siamo riusciti a concretizzare l’essenza del federalismo svizzero con una soluzione concreta e funzionale!
Norman Gobbi
Consigliere di Stato
e Direttore del Dipartimento delle istituzioni