Il parlamento in cerca di normalità

Il parlamento in cerca di normalità

Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 26 maggio 2020 de La Regione

Il parlamento in cerca di normalità. Il legislativo torna a riunirsi e traccia il bilancio dell’emergenza Covid-19

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Il bilancio del Consiglio di Stato

Prima del dibattito, ogni consigliere di Stato ha aggiornato il Gran Consiglio su quanto fatto dal proprio dipartimento durante l’emergenza. «Ciò che finora abbiamo letto nei libri, visto nei film o osservato da lontano è successo qui, da noi» ha esordito il presidente del Consiglio di Stato e direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi. Una «crisi nuova che ha imposto una nuova normalità che ha portato a 146 risoluzioni governative». E sullo stato di necessità, oggetto di un’iniziativa parlamentare dell’Udc che chiede come il suo rinnovo venga avallato dal parlamento, Gobbi ha affermato: «Non è un assegno in bianco. Ci ha permesso di fare molto e in breve tempo». E perché prolungarlo, usciti dalla fase acuta? «Per garantire libertà di manovra al governo in caso di repentini cambiamenti della situazione epidemiologica».

Netto è l’avvertimento giunto dal direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa: «Siamo in fase convivenza con il virus, una situazione ancora più difficile della prima fase. Si rischia di sacrificare sulla griglia di qualche costinata quanto fatto nella fase acuta». Dove «abbiamo imparato giorno dopo giorno a conoscere il virus, e dove tutti i malati hanno ricevuto le cure di cui avevano bisogno, con il rimodellamento dell’assetto ospedaliero con due strutture dedicate esclusivamente ai pazienti Covid-19». Settimane «intense e forti», che hanno mostrato qualche ombra come «l’eccessiva dipendenza dall’estero in alcuni settori strategici sanitari, paradossalmente nella patria dell’industria farmaceutica». E che hanno portato lutti. Tanti lutti. Da De Rosa «un pensiero di vicinanza a tutti coloro che hanno sofferto e soffrono».

Guarda indietro il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta, notando come «l’ottenimento dell’ultima finestra di crisi da Berna è stato fondamentale per permettere il superamento della fase acuta, permettendo ai nostri cittadini e aziende di beneficiare di aiuti federali tenendo conto della situazione nel nostro cantone». Ricette precise per il futuro ancora non ce ne sono. Ciò che è sicuro è che sarà un futuro a tinte nere, nerissime. «Le prime previsioni in Ticino parlano di un calo del Pil pari al 5,2% per il 2020». Protagonista del dibattito nelle scorse settimane è stato anche il Dipartimento educazione, cultura e sport il cui direttore Manuele Bertoli, sulla riapertura o meno delle scuole, si è tolto un sassolino dalla scarpa: «Il sistema, di base, è funzionante e operativo. Solo con cause di forza maggiore si ferma. Quando questa forza maggiore non sussiste più, si ricomincia». E la scuola «ha reagito bene, pur sapendo che gli allievi a casa vivono in contesti diversi. L’insegnamento a distanza ha mostrato buona capacità del corpo docente di adattarsi e di mettere in campo nuove idee». In vista di settembre gli scenari sono tre: scuola in presenza, una soluzione ibrida e il ritorno dell’insegnamento a distanza. Sul mondo culturale – settore toccato molto dalla pandemia – Bertoli afferma che «soffrirà anche in futuro in maniera importante, e avrà bisogno di politiche di accompagnamento particolari».