Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 11 febbraio 2021 del Corriere del Ticino
Con toni smorzati rispetto alla bozza il Consiglio di Stato ticinese ha inviato una lettera al Consiglio federale affinché tenga conto delle necessità e delle peculiarità regionali.
Nessuna richiesta esplicita di aperture.
Limata e alleggerita rispetto alla prima bozza che chiedeva esplicitamente delle riaperture, la lettera del Consiglio di Stato ticinese è partita ieri in serata. «È una prima entrata in materia di carattere generale in vista delle prossime decisioni del Consiglio federale», ha commentato il presidente Norman Gobbi. Nella missiva il Governo ticinese ha voluto mettere l’accento sulle differenze regionali. «Abbiamo chiesto alla Confederazione di considerare le peculiarità sanitarie del Ticino rispetto al resto della Svizzera, valutando quindi una strategia di uscita dal semiconfinamento». A puntellare le richieste del Governo ticinese ci sono i dati della cellula sanitaria cantonale discussi e aggiornati ieri durante l’incontro con l’Esecutivo. «Il numero dei contagi in Ticino si è stabilizzato a livelli bassi e questo ha ridotto sensibilmente la pressione sul sistema ospedaliero», ha aggiunto Gobbi. Le persone ricoverate in Ticino per coronavirus sono infatti meno di 100. E anche l’occupazione dei reparti di cure intense si attesta su livelli che, secondo il Governo, non destano preoccupazione. «In questa situazione, ha aggiunto il presidente del Governo, diventa difficile continuare a chiedere sforzi alla popolazione. Visto il perdurare da mesi delle limitazioni, iniziamo a percepire una certa stanchezza». Non bastasse, ha fatto notare Gobbi, «a sud delle Alpi c’è un grande squilibrio tra le norme vigenti in Ticino e quelle in Lombardia, dove la vita è tornata quasi alla normalità».
«Situazione sotto controllo»
Aspetti puntuali che il Governo ticinese ha voluto portare all’attenzione del Consiglio federale in vista delle sue decisioni del 17 febbraio. La strada indicata la settimana scorsa da Alain Berset e dal presidente della Confederazione Guy Parmelin è infatti nota e prevede con buona probabilità un sostanziale status quo sulle misure in atto, anche dopo il 28 febbraio. Una posizione per altro confermata anche venerdì durante i colloqui Von Wattenwyl con i partiti di Governo. E che segue le preoccupazioni espresse dalla task force nazionale COVID-19, secondo cui «la variante britannica si diffonde sempre di più». Tanto che secondo gli esperti federali le misure andrebbero «addirittura rafforzate». Un aspetto che allo stato attuale tuttavia non preoccupa il Consiglio di Stato ticinese. «Anche da noi si riscontra un aumento dei casi di mutazione, a fronte però di una sostanziale stabilità dei positivi. La situazione è sotto controllo», commenta ancora Norman Gobbi. «La fascia più a rischio della popolazione è stata vaccinata. E questo è un altro elemento importante da tenere in considerazione per un’analisi dei rischi. Finora abbiamo somministrato circa 30 mila dosi». Anche se a rilento, la campagna insomma procede.
Musica del futuro
In questa lettera, dunque, il Consiglio di Stato ha deciso di non formulare alcuna richiesta esplicita su riaperture e allentamenti, come invece prevedeva la bozza, discussa e rivista nella seduta di ieri. «Queste richieste saranno oggetto di valutazioni future, che seguiranno la settimana prossima nell’ambito delle consultazioni federali», ha spiegato il consigliere di Stato. «Per il momento ci limitiamo a chiedere che l’autorità federale valuti con attenzione la situazione dei giovani, prevedendo l’apertura delle pratiche sportive outdoor e indoor, nonché delle attività culturali e di tempo libero». Nessuna menzione per contro a bar, ristoranti, manifestazioni, assembramenti e incontri privati. Su questi punti – anticipati nella nostra edizione di ieri – il Governo si esprimerà solo quando verrà consultato formalmente. «Queste comunque sono le premesse su cui formuleremo il piano cantonale per un rientro verso la normalità», conclude Gobbi.
«Non facciamoci illusioni»
«Chiediamo chiarezza e un orizzonte temporale preciso», ha commentato dal canto suo il presidente di GastroTicino Massimo Suter che su un eventuale allentamento delle restrizioni non si fa tante illusioni: «Difficilmente Berna andrà in questa direzione». Secondo il presidente di GastroTicino è inoltre poco probabile che Berna conceda ai Cantoni la possibilità di introdurre soluzioni su scala regionale, sulla falsariga di quanto ventilato nella lettera del Consiglio di Stato. «Rischieremmo di trovarci nella situazione di novembre, con i cantoni romandi chiusi e quelli tedeschi aperti. Sarebbe una disparità di trattamento che non ha ragione di essere e che creerebbe ancora più malcontento di quanto già oggi non serpeggi nel settore ». L’apertura a marzo, secondo Suter, sarebbe comunque fondamentale: «È un mese strategico per la ristorazione ticinese. Sarebbe un ottimo inizio per riprenderci dalle sei settimane di shock. Ma come detto non illudiamoci troppo. Da Berna arriverà un altro niet e con questo dovremo fare».