Gentili Signore, Egregi Signori, porto il saluto del Consiglio di Stato e del Dipartimento delle istituzioni, competente per la Giustizia e la Polizia del Cantone Ticino, al plenum primaverile degli incaricati svizzeri della protezione dei dati.
Il tema proposto oggi – la protezione dei dati nell’ambito di polizia – è stato di recente affrontato anche dal mio Dipartimento che si è visto confrontato con alcune situazioni particolari quali la pubblicazione della nazionalità di chi commette o è sospettato di aver commesso un reato, la trasmissione delle informazioni tra autorità penale e ufficio cantonale della migrazione, lo scambio dei dati tra autorità fiscale e servizio immatricolazioni e gli esempi pratici potrebbero essere innumerevoli.
La protezione dei dati in ambito di lotta alla criminalità può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Da un lato vi è la tutela delle parti, che ovviamente va salvaguardata nel rispetto del principio della presunzione di innocenza e del diritto alla protezione delle vittime; dall’altro vi è però il rischio che la protezione dei dati diventi una briglia che rallenti il perseguimento penale.
Siamo costantemente confrontati con queste due facce della protezione privata dei dati personali e questo avviene anche all’interno della stessa amministrazione statale. Un esempio attuale è l’obbligo per le autorità di polizia, giudiziarie e del perseguimento penale di fornire alle Autorità cantonali degli stranieri l’assistenza amministrativa in merito all’avvio e la sospensione di inchieste penali, alla carcerazione e alla liberazione nonché alle sentenze di diritto civile e penale concernenti uno straniero, così come disposto dalla legislazione federale in materia di diritto sugli stranieri (art. 97 cpv. 3 LStr in combinato con l’art. 82 cpv. 1). Questo genere di scambio di informazioni agevola e favorisce la complessa attività dei servizi preposti all’esecuzione della legge sugli stranieri migliorando conseguentemente l’applicazione delle norme in materia ed è pertanto di fondamentale importanza.
Si tratta – come sempre – di operare cum grano salis, ponderando tutti gli interessi in gioco, da unlato la riconosciuta necessità di tutelare i diritti della personalità dell’individuo da potenziali edeffettive violazioni, dall’altro la tutela della sicurezza della collettività e dell’interesse generale. A tal proposito basti citare l’iniziativa parlamentare con la quale si chiedeva l’allestimento di un registro dei criminali pedofili, sessuomani e violenti, affossata dalle Camere federali e ciò malgrado l’elevata sensibilità della popolazione su questo tema e i tragici risvolti che potrebbero verificarsi.
Si tratta qui di capire dove posizionare la linea di confine tra tutela della sfera privata rispettivamente la salvaguardia degli interessi della collettività.
La polizia deve poter disporre di dati aggiornati, veritieri e completi ai fini del perseguimento penale e del monitoraggio di attività criminali. A loro volta, le autorità politiche comunali sono chiamate a vigilare sul proprio territorio e in particolare attraverso i servizi di controllo abitanti, a presidiare il territorio in maniera puntuale ed efficace. La protezione dati non può e non deve diventare un paravento o un velo dietro ai quali nascondere illegalità e crimini. Essa deve semmai presentare una variabilità della tutela, in grado di considerare in maniera adeguata tutti i parametri determinanti, quale l’impiego dei dati nel loro ambito di utilizzo, le finalità perseguite e la sensibilità delle informazioni a carattere personale. Una variabilità nell’interesse generale e della comunità e della difesa dello Stato.
Sappiamo che la protezione dei dati è nata in seguito al crescente flusso di informazioni che si è sviluppato a partire dalla Seconda guerra mondiale anche grazie alle nuove tecnologie. Nel settore pubblico, in particolare, si è assistito alla moltiplicazione dei compiti statali e ad una accresciuta esigenza di qualità delle prestazioni, elementi questi che hanno portato ad un aumento della raccolta di informazioni sensibili, motivo per cui si è reso necessario regolamentare il trattamento dei dati a tutela della sfera privata. Regolamentazione che – come meglio spiegherà nel suo intervento l’incaricato cantonale della protezione dei dati, dr. iur. avv. Michele Albertini – ha potuto essere attuata anche grazie al noto scandalo delle schedature del 1989, che ha reso attenta l’opinione elvetica sulla problematica e la necessità di un disciplinamento della materia. Il contesto sociale e politico di quegli anni era caratterizzato da due poli a confronto, dove il “pericolo rosso” era percepito in maniera reale. Da quel mondo bipolare siamo passati velocemente ad un mondo di confronto asimmetrico e multipolare, in cui garantire la protezione dello Stato è divenuto più complicato soprattutto anche in considerazione della parallela evoluzione della realtà politicosociale- tecnologica nonché giuridica in materia di garanzie dei principi fondamentali. E qui penso ad attività di terrorismo, che in passato hanno visto il nostro Cantone fungere da base logistica per le Brigate rosse; il discorso sembra ripresentarsi oggi con l’ecoterrorismo e gli attivisti pronti a compiere atti estremi contro lo Stato in senso lato.
La protezione dei dati nell’ambito di polizia deve tutelare chi è innocente ed è leale con lo Stato, occorre invece assolutamente evitare che questa diventi uno strumento di protezione per chiintende operare contro lo Stato e la comunità.
In conclusione, dagli esempi sopra citati emerge in maniera chiara come il rapporto tra l’attività dello Stato e la protezione dei dati sia caratterizzato da un fragile equilibrio che mette costantemente a dura prova gli attori in campo e che fornirà sempre materia di discussione al fine di raggiungere le soluzioni più adeguate in funzione dell’evoluzione della realtà in cui viviamo.
Vi ringrazio.
Norman Gobbi,
Consigliere di Stato, Direttore del Dipartimento delle istituzioni e Presidente della Regio Insubrica
PRIVATIM – plenum I-2012 “Protezione dei dati nell’ambito della polizia”
26 aprile 2012, Bellinzona – sala del Consiglio comunale