Il Consiglio di Stato invita a respingere l’iniziativa popolare denominata “Basta con la costruzione sfrenata di residenze secondarie”, sulla quale il popolo svizzero è chiamato a esprimersi il prossimo 11 marzo.
L’iniziativa propone di fissare ad un tetto massimo del 20% la proporzione di residenze secondarie in tutti i Comuni svizzeri, senza alcuna distinzione. Se questa proposta fosse accolta, l’economia dei Cantoni turistici, fra i quali il Ticino, sarebbe fortemente compromessa e a farne le spese sarebbero soprattutto le zone rurali e di montagna, dove l’indotto generato dalle residenze secondarie si rivela sovente l’unico stimolo per lo sviluppo economico.
Il Consiglio di Stato ritiene che un’accettazione dell’iniziativa finirebbe per accelerare il declino delle regioni periferiche del Ticino, già confrontate al calo dei posti di lavoro e alla diminuzione demografica, vanificando gli sforzi progettuali e finanziari che Cantone e Comuni hanno fatto e stanno facendo per ridurre le disparità regionali e garantire alle zone di montagna opportunità di sviluppo e di occupazione.
Secondo il Governo, i problemi sollevati dall’iniziativa (la tutela del territorio, il freno alle speculazioni immobiliari e al fenomeno dei cosiddetti “letti freddi”), non si risolvono con il rigido vincolo proposto dall’iniziativa, bensì con adeguate misure pianificatorie e con gli strumenti dei Piani direttori cantonali e dei Piani regolatori comunali.
In questo senso, occorre sottolineare che le Camere federali hanno già varato, come risposta indiretta all’iniziativa, una revisione della Legge sulla pianificazione del territorio, entrata in vigore il 1. luglio del 2011, che obbliga i Cantoni e i Comuni ad adottare entro il 2014 misure volte a limitare la costruzione di nuove residenze secondarie e a incrementare l’occupazione di quelle già esistenti, pena il blocco di qualsiasi nuova autorizzazione.
La riforma adottata dal Parlamento federale risponde dunque già alle questioni sollevate dall’iniziativa, ma con una soluzione meno rigida e più rispettosa delle particolarità e delle esigenze regionali, senza indebolire ulteriormente realtà locali economicamente già fragili.