Da laRegione | Priorità all’accordo con l’Italia sui frontalieri, il Consiglio di Stato è pronto a cancellare la misura straordinaria: quando Roma firmerà l’intesa fiscale, per i permessi B e G basterà l’autocertificazione.
«La questione – spiega il presidente del Consiglio di Stato Manuele Bertoli -va chiusa ora». Prima di eventuali elezioni anticipate italiane. Perché un nuovo governo di Roma potrebbe mandare all’aria tutto, riportando l’orologio delle trattative fiscali tra Svizzera e Italia indietro di anni. E così ieri i consiglieri di Stato di Plr, Ppd e Ps hanno messo in minoranza i due leghisti, optando per l’abolizione dell’obbligo di presentare il casellario giudiziale per chi richiedeva il rilascio o il rinnovo di un permesso di dimora (B) o di frontaliere (G). Si torna all’autocertificazione. Con buona pace della misura voluta a suo tempo dal Dipartimento delle istituzioni (Di) di Norman Gobbi, in vigore da due anni e che nel suo periodo di attività ha bloccato l’emissione di 119 documenti. Ma soprattutto una misura, si ricorda nel comunicato dell’esecutivo, che rappresentava “l’ultimo ostacolo alla firma” dell’accordo fiscale sui frontalieri. Da qui il passo indietro. Un passo indietro ponderato: «Il casellario rimarrà obbligatorio – sottolinea infatti Bertoli – finché non ci sarà la firma di Svizzera e Italia in calce all’accordo». Una sottoscrizione che il governo ticinese attende a breve giro di posta. «Abbiamo qualche segnale in questo senso. E quel che è certo è che ora l’Italia non ha più scuse». Non ha più scuse per non avallare un accordo che “malgrado non risponda pienamente alle aspettative del Ticino (…) – si legge nella nota stampa – è globalmente positivo per il nostro Cantone”. «L’intesa – ricorda Bertoli – è interessante per il Ticino da più punti di vista, in particolare perché introduce una misura anti-dumping indiretta». E le due iniziative votate dal Gran Consiglio e che chiedevano di prevedere una simile misura in tutta la Svizzera? Sarà requiem? Non per il presidente del Consiglio di Stato. «Le nostre richieste sono ormai sul tavolo federale, che ha già aperto qualche porta in questo senso. E se alla fine si dovesse trovare una regola nazionale sulla questione della sicurezza – conclude il presidente – avremmo ottenuto due obiettivi». A Roma e a Berna. «Questa decisione – ritiene invece il direttore del Di Norman Gobbi – rischia di indebolire la nostra posizione» oltre Gottardo. E anche per questo su Facebook Gobbi si è subito detto “su tutte le furie” e “fortemente contrariato”. «Diciamo che più che un colpo gobbo è stato un colpo… al Gobbi. La maggioranza del governo – dichiara il capo del Di – ha preso una decisione secondo scienza e coscienza, subendo forse delle pressioni. Io e il collega Zali abbiamo per contro preferito prediligere gli interessi cantonali, anche alla luce delle sensibilità popolari che chiedono più controlli dell’immigrazione». D’accordo. Ma la misura alternativa ed eurocompatibile al casellario che il capo del Di andava cercando? Non la si è trovata o è stata ignorata al governo? «Si sono valutate tutte le possibili alternative. Nessuna di queste – spiega Gobbi – era in grado di garantire la medesima efficacia e gli stessi risultati». E adesso? «Adesso aspettiamo l’Italia. Con il mio dipartimento intendiamo in ogni caso mantenere alta la guardia su questo fronte. Anche perché se in futuro capiterà qualcosa in questo ambito, la colpa sarà sempre e solo dell’Ufficio migrazione e del Di». Ieri in Ticino era presente anche il segretario di Stato Jörg Gasser. Il governo gli ha comunicato la decisione prima di scrivere formalmente a Berna. Nella missiva all’indirizzo di Palazzo federale saranno contenute una serie di raccomandazioni. Tra cui quella di stimolare gli italiani a firmare subito.
Dipartimento finanze soddisfatto, iniziative ticinesi deluse
Non solo a Bellinzona: divide anche a Berna l’addio alla richiesta del casellario giudiziale per chi chiede o rinnova permessi Be G deciso ieri a maggioranza dal Consiglio di Stato. A Berna dove da un lato sorride il Dipartimento federale delle finanze diretto da Ueli Maurer, dall’altro piangono le due iniziative cantonali ticinesi che chiedevano l’introduzione di tale misura a livello nazionale. Sollecitata dalla ‘Regione’, la Segretaria di Stato per le questioni finanziarie internazionali fa infatti sapere via e-mail di aver preso nota “della decisione del governo ticinese”. Una decisione “positiva” e che “soddisfa l’ultima condizione posta dall’Italia per giungere alla sottoscrizione del nuovo accordo sull’imposizione dei lavoratori frontalieri”. “La Svizzera – continua l’email – è pronta a firmare l’accordo e attende quindi che la firma da parte dell’Italia avvenga al più presto”. Rischiano per contro di inciampare le due iniziative cantonali che avevano faticosamente trovato l’appoggio delle commissioni Istituzioni politiche del Consiglio nazionale e degli Stati. «Deploro la decisione del Consiglio di Stato. Si tratta – chiosa il granconsigliere Ppd Maurizio Agustoni che assieme ad Amanda Rückert (Lega) era stato sentito dai commissari di Berna – di un segnale contraddittorio che toglie peso ad atti parlamentari che erano riusciti a trovare consenso a Palazzo federale: una cosa più unica che rara». E ora? «Ora – rileva Agustoni – auspico che il direttore del Dipartimento istituzioni metta in atto le misure sostitutive che si era impegnato a elaborare l’anno scorso».
Per la Lega è ‘tradimento’. Ppd: ‘Altro errore’. Plr e Ps: Quando si tratta…’
Il men che si possa dire è che la Lega non approvi. Con l’addio al casellario giudiziale si “tradisce la volontà di cittadini (la misura aveva fatto oggetto di una petizione firmata da 12mila ticinesi) e parlamento” e “mina la credibilità del Ticino a livello federale; la deputazione ticinese a Berna si è spesa collegialmente e a più riprese a sostegno della misura, convincendone dell’evidente validità vari colleghi di altri Cantoni” si legge in una nota diffusa dal movimento di via Monte Boglia. La mossa ticinese, prosegue il comunicato, “non ci farà avanzare di un centimetro nei dossier aperti con l’Italia, mentre danneggia pesantemente la sicurezza interna del nostro Cantone”. D’altro avviso il presidente del Plr Bixio Caprara: «In una trattativa si soppesano pro e contro e poi si gioca l’asso quando serve – ci dice -. La questione del casellario è solo una parte della questione; dall’altra c’è anche un accordo fiscale che porterà a una sorta di misura anti-dumping indiretta a favore del Ticino». Insomma, «l’interesse prioritario era di trovare un accordo». E le proposte del Gran Consiglio di richiedere il casellario a livello federale? Una mossa per fare pressione? «Certo. D’altronde – conclude Caprara – è giusto segnalare i nostri problemi». Diretto il presidente Ppd Fiorenzo Dadò: «Questa decisione è un errore». «Si tratta – aggiunge Dadò – dell’ultimo atto di una capitolazione iniziata quando Gobbi ha rinunciato a richiedere il certificato dei carichi pendenti. Quello era il documento che permetteva di compiere veri controlli: il casellario non è sufficiente, vale quanto una ricerca su ‘google’». «A un certo momento – chiosa il presidente Ps Igor Righini – anche noi ticinesi dobbiamo capire che non siamo onnipotenti e che dobbiamo essere in grado di negoziare». E quando si negozia, annota Righini, «bisogna tener conto delle proprie volontà, ma anche di quelle degli altri: e l’Italia, piaccia o non piaccia, rimane pur sempre un nostro partner economico rilevante». Con il casellario, commentano dal canto loro i Verdi in un comunicato, Lega e Ppd pensavano “di ingannare la popolazione facendo credere che con questa norma si possano risolvere i problemi di infiltrazioni malavitose e di dumping salariale”.
‘Partita finita. Tocca alla politica’
Nessuna sorpresa in Italia: la decisione del Consiglio di Stato era nell’aria. Anche perché Berna e Roma si erano impegnate a porre fine a una soluzione insostenibile. «Da parte nostra siamo sempre stati molto chiari: via il casellario giudiziale, se volete firmare l’accordo sul nuovo sistema fiscale per i frontalieri», dice Vieri Ceriani, braccio destro del ministro Carlo Padoan nella trattativa con la Svizzera. «Un accordo che economicamente conviene anche al Ticino». E ora? «Per quanto mi riguarda la partita è chiusa. Tocca alla politica», conclude Ceriani. E se in Italia si andrà alle elezioni anticipate, la nuova tassazione rischia di diventare un tema caldo: i frontalieri temono una stangata, gli altri lavoratori parlano invece di equità. «Ma non bisogna dimenticare le specificità dei frontalieri – osserva Sergio Aureli, sindacalista di Unia e vicepresidente del Csir (Consiglio sindacale interregionale) Ticino-Lombardia-Piemonte -. Gli aspetti che ancora debbono essere definiti riguardano la franchigia, le quote delle tasse da pagare, la gradualità della definitiva entrata a regime dell’accordo». Secondo l’accordo la franchigia per abbattere l’imponibile dovrebbe ammontare a 7’500 euro (i sindacati chiedono 12mila), mentre sarebbe di dieci anni il periodo prima dell’entrata a regime.
(Articolo di Paolo Ascierto e Luca Berti)