Vi porto il saluto del Consiglio di Stato e del Dipartimento delle istituzioni e Vi ringrazio per il gradito invito a partecipare a questo pomeriggio di studio. Pomeriggio che ci permette di riflettere sul tema dell’identità locale, anche alla luce delle recenti e future aggregazioni comunali. Sono felice per la scelta del tema e che il mio invito a voler coinvolgere i Patriziati abbia avuto il successo sperato.
La parola identità include il suffisso “idem” ovvero stesso, medesimo. Si tratta di un concetto che si può declinare alla singola persona, come pure ad un gruppo di persone accomunate da caratteristiche e affinità quali ad esempio il territorio d’origine, la nazionalità, l’appartenenza etnica o religiosa,… In questo senso, l’identità contribuisce a definire la posizione di ciascun individuo in modo che quest’ultimo possa orientarsi rispetto all’ambiente e al mondo circostante. Si tratta quindi di un processo in continuo divenire, che ci permette di avere una posizione in rapporto alla società.
Il sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman parla di “identità fluide”. Egli sostiene che per effetto dei fenomeni globali, qualsiasi entità passa dallo stato solido allo stato liquido, perdendo i suoi contorni chiari e definiti. Comportandosi proprio come i fluidi, che non avendo forma propria assumono quella del contenitore, anche i concetti di luogo, di confine e di identità continuano a trasformarsi e la loro forma viene continuamente ridefinita dalle situazioni. Un’identità fluida – se pensiamo all’Unione europea – che permette di includere anche più punti di riferimento di identità nazionale, ma che al contempo ne annulla le differenze. Una chiara reazione a questo fenomeno la si riscontra con quel sentimento chiamato “euroscetticismo”, una sorta di ostilità nei confronti di questa continua conformazione – ben evidenziato dalle recenti elezioni europee – e una volontà di riscoprire non solo le specificità nazionali, ma anche quelle regionali.
Per noi Svizzeri, l’identità con il territorio è particolarmente forte. Non è infatti un caso se sul nostro passaporto, sulla carta d’identità e su quasi tutti i documenti di stato civile viene scritto il nostro luogo d’origine e non di nascita, come avviene invece negli altri Paesi. Noi Svizzeri, invece, questo luogo lo identifichiamo come la nostra “culla”, come il luogo d’appartenenza dei nostri avi che con fierezza ci tramandiamo di generazione in generazione. Questa forte identificazione con il territorio di riferimento – luogo d’origine, comunale, regionale, cantonale e nazionale – è una componente molto importante che contribuisce a definire la nostra identità. Le aggregazioni comunali e il Piano cantonale delle aggregazioni (PCA) – che preconizza idealmente un Ticino a 23 Comuni – a prima vista possono apparire quali disintegratori di queste identità locali. In realtà, analizzando bene la situazione non è così.
Il riordino istituzionale proposto dal PCA non mette in pericolo la nostra identità locale, anzi la ravviva, l’amplifica, la esalta. L’identità di un villaggio o di un quartiere, infatti, si rinforza notevolmente in un territorio comunale che diventa più ampio, complesso ed esteso. La dimostrazione l’abbiamo avuta nel recente passato. In molte realtà comunali che oggi sono conosciute come frazioni di un Comune aggregato, continua a prevalere in maniera molto forte l’attaccamento al proprio villaggio, ancor prima di quello al proprio Comune. L’ho vissuto e lo vivo anch’io pensando alla mia identità territoriale locale. A Quinto, Comune aggregato ante litteram, convivono infatti ben 12 differenti frazioni e ciascun abitante si sente dapprima cittadino della frazione, poi abitante di Quinto, in seguito residente dell’alta Valle ed infine Leventinese. Se estendiamo questo concetto a livello cantonale, il nostro Cantone per numero di abitanti potrebbe essere paragonabile a un quartiere di una grande metropoli europea. Nel nostro Ticino invece convivono una molteplicità di identità territoriali cui anche il Monte Ceneri contribuisce quale “frontiera intercantonale” tanto che a volte ci definiamo anche “sopra- o sottocenerini”.
Nei nuovi Comuni aggregati, le commissioni di quartiere (principalmente attive nei poli urbani) e i Patriziati giocano sempre più un ruolo di collante territoriale profilandosi anche quali aggregatori sociali. Un ruolo, quello dei Patriziati, sempre più determinante. Non solo in qualità di custodi del patrimonio, delle tradizioni, ma anche e soprattutto quali enti di prossimità territoriali e complementari al Comune. La visione del Ticino a 23 Comuni necessita di Enti patriziali particolarmente forti, in grado di assumersi appieno anche questo nuovo ruolo al quale il Cantone crede fermamente. Testimonianza ne è anche la recente revisione della Legge organica patriziale, approvata nel gennaio 2012 a larghissima maggioranza dal Gran Consiglio. Nella revisione, il Governo ha voluto riconoscere ai Patriziati, oltre al tradizionale ruolo legato al senso di appartenenza, al legame con il territorio, alle tradizioni locali e alla capacità di “fare comunità” – compiti questi che contribuisconono ad esaltare l’identità – anche un ruolo sussidiario in collaborazione con i Comuni nella gestione del territorio. Per svolgere questi rilevanti compiti, il Cantone ha destinato importanti risorse ai Patriziati attraverso il Fondo di aiuto patriziale e il nuovo Fondo per la gestione del territorio. Se da un lato i Patriziati sono parte della nostra identità e contribuiscono a trasmettere il “DNA della storia locale” alle future generazioni, d’altro lato rivestono un ruolo ancor più importante con le aggregazioni comunali – non unicamente per i Patrizi, ma per l’intera comunità – quali autorevoli voci degli ex Comuni ora divenuti frazioni.
In conclusione, l’identità territoriale rappresenta un saldo e irrinunciabile ancoraggio per orientarci nel “mare liquido” della globalizzazione che tende sempre più a conformarci. L’ancoraggio alla nostra storia, alle nostre tradizioni e al nostro territorio non deve però neppure rappresentare una barriera. Se da un lato dobbiamo valorizzare la nostra identità, dall’altro dobbiamo conoscere noi stessi per essere più identificabili e forti della nostra identità. Un’occasione in tal senso è data anche dalle aggregazioni comunali, che dobbiamo vedere quale opportunità per costruire il Canton Ticino di domani. Le aggregazioni comunali non rappresentano in tal senso una minaccia alla nostra identità. Oggi, infatti, quasi il 40% della popolazione ticinese abita – con sua piena soddisfazione e senza “crisi d’identità” – in uno dei Comuni nati a seguito di un’aggregazione.
In questo mondo piccolo, sempre più interconnesso, l’essere umano cerca sempre più le sue radici. Oggi ci troviamo nel cuore della montagna. La ricerca delle radici è un po’ come cercare il grembo materno, protettivo e consolante. Le radici sono per l’essere umano una sorta di grembo materno, una Patria o meglio una madre Patria. Siamo fieri del nostro passato e di quello che siamo, e forti di questo, dobbiamo avere il coraggio di guardare avanti senza paura per il Ticino di domani, in cui l’identità locale rimarrà sempre forte.
Vi ringrazio.
Discorso pronunciato dal Consigliere di Stato Norman Gobbi
in occasione del pomeriggio di studio rivolto agli Enti pubblici ticinesi
5 giugno 2014 – Sigirino, InfoPoint cantiere AlpTransit