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Servizio all’interno dell’edizione di martedì 3 maggio 2022 de Il Quotidiano
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Le buone pratiche degli Enti locali
La responsabilità sociale piace agli Enti locali ticinesi, anche se l’adozione di quelle che vengono definite «buone pratiche » varia da Comune a Comune, con alcune iniziative largamente applicate e quindi già entrate nella pratica del «buon governo» e alcune aree invece ancora poco implementate. È quanto emerge da un’indagine promossa per la prima volta in Ticino dal DI e dal DFE per rilevare l’orientamento degli Enti locali nell’ambito dello sviluppo sostenibile della responsabilità sociale. Il lavoro di ricerca – condotto in collaborazione con la SUPSI – è stato svolto tra i mesi di giugno e settembre del 2021 e su 108 Comuni interpellati hanno risposto in 81, pari al 75 % del totale. I temi maggiormente sotto la lente, ha spiegato in conferenza stampa la ricercatrice SUPSI, Jenny Assi, «riguardano l’attuazione di un piano regolatore che applichi il principio federale dello sviluppo centripeto; la riqualifica urbanistica e la rivitalizzazione dei quartieri; l’adattamento ai cambiamenti climatici e la riduzione degli impatti ambientali del Comune».
Articolo pubblicato nell’edizione di mercoledì 4 maggio 2022 del Corriere del Ticino
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Responsabilità sociale, il 75% dei Comuni risponde
Alta adesione al sondaggio promosso da Di e Dfe
Settantatré Comuni, degli ottantuno che hanno partecipato al sondaggio, hanno risposto affermativamente alla domanda “Avete una politica infrastrutturale che comprende spazi verdi attrezzati?”. Sessantotto hanno detto di avere una politica di promozione di eventi sportivi e/o culturali che coinvolgono la comunità. Ben sessantasette di avere una politica di promozione e agevolazione dell’utilizzo del trasporto pubblico. Sessanta di avere “una politica di servizio” (per esempio servizi di assistenza sociale) rivolta alle fasce di cittadini più fragili. Ma sono molti meno i Comuni (ventitré) che hanno una politica volta alla riduzione delle emissioni di CO2. Ancora più basso il numero dei Comuni (quattordici) che hanno una politica di integrazione degli stranieri. O una politica di accesso facilitato alla residenza privata (tredici). Solo undici i Comuni che hanno dichiarato di disporre di un Piano regolatore che applica il principio federale dello “sviluppo centripeto”. Sono alcuni dei risultati scaturiti dall’indagine promossa lo scorso anno dal Dipartimento istituzioni, attraverso la Sezione enti locali, e quello delle Finanze ed economia per avere un quadro delle politiche dei Comuni ticinesi in materia di sviluppo sostenibile e responsabilità sociale. Per avere, in altre parole, una fotografia delle azioni e delle iniziative degli enti locali per migliorare la qualità di vita della popolazione residente e le condizioni operative delle aziende attive in loco. L’esito del sondaggio, condotto tra giugno e settembre in collaborazione con la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, è stato presentato ieri nel corso di un incontro con la stampa indetto dal Dipartimento istituzioni. L’indagine è stata svolta tramite un questionario, oltre quaranta le domande, inviato agli allora 108 Comuni (il processo aggregativo ha nel frattempo leggermente ridimensionato la lista degli enti locali). Ottantuno quelli che hanno risposto. Ovvero «il 75 per cento», osserva Jenny Assi, ricercatrice alla Supsi, sottolineando l’alta adesione al sondaggio. A ognuno dei quarantacinque quesiti sulle politiche di sviluppo sostenibile della qualità di vita residenziale, i Comuni, spiega il Dipartimento, avevano la possibilità di fornire una delle seguenti risposte: “Sì, è già attiva”; “Sì, è in fase di attuazione”; “No, ma potremmo farlo in futuro”; “No, non è pertinente per noi”. Tra i temi “maggiormente in fase di attuazione” figurano la riduzione degli impatti ambientali del Comune (“stabili, veicoli, gestione dei rifiuti ecc.”), la riqualificazione urbanistica e la rivitalizzazione dei quartieri, nonché “l’adattamento” ai cambiamenti climatici: così hanno risposto rispettivamente ventinove, venticinque e ventiquattro enti locali. Si registra poi “un’elevata disponibilità” ad adottare iniziative tese, fra l’altro, a “coinvolgere” i giovani in dossier politici (quarantadue Comuni) o a “valorizzare” le imprese socialmente responsabili (quarantuno enti locali). Dall’analisi dei dati, annota ancora il Dipartimento, “si riscontra una diffusa sensibilità” nei confronti di ciò che è sviluppo sostenibile e responsabilità sociale. Tuttavia l’adozione di “buone pratiche” è distribuita ora “in modo difforme, con alcune iniziative largamente applicate e quindi già entrate nella pratica del buon governo e alcune aree invece ancora poco implementate”.
Responsabilità sociale e buon governo rientrano nella riforma del “funzionamento” del Comune, una delle tre (gli altri due cantieri sono le aggregazioni e ‘Ticino 2020’) con cui il Dipartimento istituzioni, ricorda il suo direttore Norman Gobbi, intende, insieme con il governo, rimodellare gli enti locali affinché «possano affrontare al meglio le sfide attuali e future». Oggi il Comune «non è solo un erogatore di servizi ma deve farsi anche promotore e garante di una buona qualità di vita», evidenzia il capo della Sezione enti locali (Sel) Marzio Della Santa. Tenendo conto dei risultati del sondaggio e del loro esame, e per incoraggiare politiche comunali a favore dello sviluppo sostenibile, il Consiglio di Stato, preannuncia il Dipartimento, varerà “un piano strategico di azione”. Verrà tra l’altro allestito, segnala Massimo Trobia, collaboratore della Sel, un modello di rapporto di sostenibilità. Che i Comuni, aggiunge Della Santa, saranno liberi di adottare e di presentare ai loro cittadini.
Articolo pubblicato nell’edizione di mercoledì 4 maggio 2022 de La Regione
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