Da www.cdt.ch
Il direttore del Dipartimento delle Istituzioni spiega la scelta del rinvio di un anno dell’appuntamento elettorale
Le elezioni comunali del 5 aprile sono annullate. L’appuntamento è rinviato di un anno, all’aprile del 2021. La decisione, presa dal Consiglio di Stato mercoledì pomeriggio, risponde a criteri sanitari ed è in linea con tutte le misure che vengono prese in questa fase per fare fronte alla diffusione del coronavirus. All’indomani della scelta abbiamo intervistato il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi.
Quanto è stata complessa la decisione di annullare le elezioni comunali 2020 e rinviarle al 2021?
«Per l’importanza che tutti noi accordiamo all’ente comunale, al valore delle Istituzioni, della democrazia nel nostro sistema federale questa decisione non poteva essere presa a cuor leggero. Si tratta di un unicum sinora a livello comunale nella storia ticinese, tranne quelle legate ai rinvii per le aggregazioni».
Ci sono voluti diversi giorni per giungere alla conclusione. Come mai?
«Occorreva sentire tutte le parti in gioco proprio per gli aspetti ricordati prima: dai Comuni, ai partiti, sino a giungere alle autorità sanitarie con le prospettive per le prossime settimane. Credo che il tempo del processo decisionale, tenuto conto delle condizioni d’emergenza con cui siamo confrontati, sia stato corretto».
Vi siete confrontati anche con il Consiglio federale o la concomitante decisione da Berna di rinviare anche il voto del 17 maggio sulla libera circolazione è casuale?
«No, la decisione di Berna è giunta dopo la decisione del Consiglio di Stato e ha confermato la bontà della scelta fatta».
Resta da definire il voto del 26 aprile sull’aeroporto. Logica vuole che venga pure rinviato. Ma che genere di approfondimenti vi occorrono ancora?
«Non possiamo usare una spugna per cancellare la nostra democrazia diretta. Anche qui ci sono diverse considerazioni da fare, in particolare la situazione finanziaria di LASA. Occorre lasciare il tempo giusto per prendere le decisioni più corrette».
Si mormora che sulle comunali il Governo non fosse unanime e c’era chi voleva andare avanti, seppur con qualche accorgimento. Vero o falso?
«L’ho detto in conferenza stampa: c’erano aspetti positivi e negativi per entrambe le varianti. Il Governo collegialmente si è convinto che preminente oggi era la salvaguardia della salute pubblica e la percepibile preoccupazione della nostra popolazione. Il focus della gente oggi non è certo posto sulle elezioni comunali. Il Governo è stato conseguente con tutte le decisioni sin qui prese e che dovrà ancora prendere in questa fase di emergenza che non si estingue in pochi giorni».
Alla fine hanno prevalso i motivi d’ordine sanitario che oggi hanno un’urgenza tale da non permettere alcuna ponderazione d’ordine politico?
«Abbiamo tenuto conto degli scenari sanitari delle prossime settimane, e poi sono state fatte le ponderazioni d’ordine politico prima di prendere la decisione. Sono ponderazioni politiche quelle di definire il focus – qui e ora è la salute pubblica – ma anche di rispettare la nostra democrazia e le nostre Istituzioni, in questo contesto particolare che tutti assieme stiamo vivendo. E i politici non possono essere una “casta” al di sopra del bene e del male, ma oggi più che mai sono chiamati a essere uniti nel combattere al fianco della nostra gente».
Però voi avete interpellato anche il mondo della politica, in particolare i Comuni. A che titolo è stato fatto?
«Condivisione e coerenza: sono le due parole che ci devono guidare per fare scelte importanti, direi decisive. Si condivide il problema e le sue criticità con chi è direttamente coinvolto (e i Comuni così come i partiti sono direttamente coinvolti), allo scopo di maturare scelte coerenti che tengono conto della situazione attuale e, come detto, con le decisioni già prese dal Governo per gestire questa situazione».
Non è un mistero che ci fossero municipali che volevano proseguire, anche della sua area politica. Ha subito forti pressioni in tal senso?
«No, il momento non permette a politici responsabili di fare o subire pressioni».
Oggi le principali città sono allineate e hanno compreso la decisione. Questo però non stempera alcune tensioni, specie di alcuni candidati che hanno contestato via social. Lo capisce o si dice «se ne faranno una ragione»?
«Lo capisco benissimo, ma dice bene, se ne faranno una ragione in contemporanea con i problemi che dovremo superare nei prossimi giorni, settimane e mesi. Come detto, la gente ora ha la testa concentrata sulla salute propria e dei propri cari».
C’è chi ha investito denaro in questa campagna. Il Cantone si adopererà in qualche modo per andare incontro a questi o devono pensare loro ad eventuali indennizzi?
«Non è un tema prioritario in questo momento».
Nessuno sa come usciremo da questo difficile periodo, ma non è da escludere che alcuni candidati (penso agli imprenditori e ai lavoratori indipendenti) avranno ben altro a cui pensare che alla politica e ai cadreghini. Condivide?
«Esattamente. Condivido in pieno. Per questo dico che tutti “se ne faranno una ragione”. Dopo la crisi sanitaria, dovremo pensare al rilancio sociale ed economico».
Con il passare delle settimane emergono casi di coronavirus anche a livello istituzionale. Come vi state preservando voi membri del Governo?
«Adottando tutte le misure consigliate. Lavoriamo a distanza e rispettando le misure di igiene. So che certi “avvicinamenti”, che sono comunque brevissimi, tra consiglieri di Stato durante le conferenze stampa hanno suscitato commenti negativi. Ma ci promettiamo di essere più attenti».
E più puntualmente lei con il suo staff?
«Lavoriamo molto, ma su binari paralleli, nel senso che i contatti fisici sono minimi e le riunioni sono già organizzate telefonicamente o tenendo le distanze sociali».
Ad inizio aprile è agendato il cambio alla presidenza del Governo, da Christian Vitta a lei. La scadenza verrà mantenuta o slitterà pure questa?
«Personalmente non vedo problemi al cambio di presidenza. Tenuto conto che il presidente è un primus inter pares, ognuno di noi può assumere la carica senza modificare il buon funzionamento dei lavori. Certo, non organizzeremo feste di piazza per la mia presidenza».
In occasione degli attentati che hanno colpito l’Europa lei aveva detto «non dobbiamo cedere alla paura». Oggi il coronavirus le fa un po’ paura da uomo di Stato?
«No, la paura non deve attanagliare un uomo di Stato, in qualsiasi situazione. È un sentimento più che comprensibile, soprattutto quando il nemico è invisibile e mette in pericolo la nostra salute. Un buon uomo o donna di Stato deve trovare i giusti antidoti al senso di paura e deve poi trasmetterli a tutti i cittadini».
E come sta vivendo questo periodo il cittadino e papà Norman Gobbi?
«Cerco di dare la mia vicinanza alla mia famiglia per far comprendere che supereremo questo momento. I miei figli sono ancora piccoli, ma capiscono che il papà in questi tempi ha qualche preoccupazione in più e non può restare a casa il giorno della sua festa. Cerco con la mia presenza di non trasmettere le preoccupazioni, e mia moglie Elena è un’ottima madre e in questi giorni anche docente supplente».
La stiamo intervistando nel giorno della festa del papà. Come l’ha trascorsa?
«Il mattino i bambini mi hanno dato i loro regalini appena alzati e abbiamo fatto colazione assieme, con mia moglie che si è adoperata per non far mancare nulla. Poi ho incontrato con il Governo il Consigliere federale Alain Berset. Nel corso di tutta la giornata ho seguito come sempre il lavoro dello Stato Maggiore di Condotta, per poi confrontarmi con i miei funzionari dirigenti, chiamati proprio oggi a preparare ulteriori misure per il contenimento del lavoro dell’amministrazione cantonale e per preparare la seduta straordinaria del Consiglio di Stato in programma nei prossimi giorni che prevede decisioni importanti».