Norman Gobbi, direttore del Dipartimento istituzioni, la destituzione dei giudici Quadri e Verda Chiocchetti da parte del Cdm pone un problema interno di gestione da parte del Tribunale penale cantonale?
La situazione è apparsa grave da subito, quando questi due giudici hanno sporto la denuncia nei confronti dei due colleghi che ha portato alla decisione di oggi. Dopo la nomina di un procuratore straordinario, che in maniera autonoma e indipendente ha valutato come non luogo a procedere la fattispecie, perché non erano dati fatti ed elementi per dar seguito alla denuncia penale, purtroppo la storia non poteva che concludersi così. Quando succedono queste cose con cinque persone elette dal Gran Consiglio, cinque giudici del Tribunale penale cantonale molto visibili mediaticamente, espongono non solo loro ma tutta la magistratura a un giudizio critico se non negativo da parte della collettività che, però, ha bisogno di questo servizio. Deve essere richiamato il ruolo istituzionale che ognuno di noi, magistrati esecutivi, parlamentari o giudiziari, deve tenere, soprattutto nel ruolo istituzionale che ha. Il fatto di avere due giudici che per il Consiglio della magistratura non sono più idonei a coprire il ruolo per cui sono stati scelti e nominati, è la prima volta che si presenta. C’è stato il caso Verda, ci son state altre situazioni, ma qui si è superato il limite perché il problema tra magistrati è finito con una denuncia, un luogo a non procedere e questa destituzione su due giudici su cinque. Questo significa azzoppare la prima camera del Tribunale penale cantonale, e il nostro ruolo come Dipartimento istituzioni e Consiglio di Stato sarà discutere con Tribunale d’appello e Consiglio della magistratura su come garantire le supplenze al Tpc.
Al di là del funzionamento del Tpc, qui un grande problema è stato il rapporto tra persone. Cosa si può fare perché certi fatti non succedano ancora?
Per quanto ci è dato sapere sia la Commissione amministrativa del Tribunale d’appello, e penso anche il Consiglio della magistratura, hanno cercato di mediare tra persone. Purtroppo questi tentativi non sono riusciti, per fratture interne, e quando uno mette la propria persona davanti alle istituzioni che è chiamato a servire secondo me sbaglia. Si può imputare al Consiglio di Stato di essere troppo consociativo, ma se questo permette di far funzionare l’organo al di là delle differenze penso che il compromesso sia l’obiettivo. Il saper fermarsi, abbassare la spalla una volta a testa, permette di andare avanti insieme.
Teme anche lei che questa vicenda contribuisca al deficit di fiducia e credibilità della giustizia?
Questo è un problema del Tribunale penale cantonale, e sono alcuni giudici su un centinaio di magistrati tra Ministero pubblico, Tribunale d’appello e Preture. Non è la giustizia, è in particolar modo il Tpc che, come detto, è più visibile perché tratta la cronaca nera che finisce sui media. E il fatto che sia un’autorità penale che impatta ed è molto visibile dovrebbe richiamare all’attenzione sul ruolo che ha al di là delle competenze personali. Il Tpc ha funzionato in questi mesi di difficoltà, ha svolto il suo lavoro, ma l’incapacità di trovare un punto d’incontro e una zona demilitarizzata in cui parlarsi e gestire i problemi interpersonali ha creato il problema che ora sfocia in questa decisione. Ancora: dovrebbe richiamare tutti noi a essere capaci di avere quel rispetto interpersonale ma anche interistituzionale.
Lei più volte, nell’iter di questa faccenda, ha detto di temere che fosse solo l’inizio, che sarebbe finita male… sapeva qualcosa o era fiuto? Ora può dircelo?
In 25 anni di politica istituzionale una certa esperienza la si accumula. Ero in Gran Consiglio nel 2000 quando il presidente del governo Giuseppe Buffi ha annunciato il grave fatto relativo al giudice Verda, da presidente del Gran Consiglio ho visto sanzioni su giudici civili e penali, per questioni su loro atteggiamenti o comportamenti sanzionati dal Consiglio della magistratura. 13 anni di governo portano ad avere visione, e 20 anni da arbitro fanno capire bene le situazioni. In questi mesi ho unito i puntini e la conclusione mi è sempre sembrata evidente.
Se la destituzione venisse confermata al termine della procedura, il Gran Consiglio dovrà procedere alla nomina di due giudici. Le ultime volte con i procuratori pubblici non è andata benissimo…
Sarà un richiamo a tutti. Al parlamento che dovrà scegliere, ai candidati, ai nominati che dovranno avere un ruolo istituzionale al di là di simpatie o antipatie. Si può avere la miglior Legge sull’organizzazione giudiziaria, la miglior procedura di nomina, ma se due persone non sono in grado di andar d’accordo e trovare una modalità di convivenza professionale diventa tutto davvero molto difficile, compreso il far funzionare l’organo che si è chiamati a servire.
Intervista pubblicata nell’edizione di venerdì 13 dicembre 2024 de La Regione
****
«Un richiamo a mettere le istituzioni prima di ogni cosa»
La destituzione immediata di due giudici del Tribunale penale cantonale pone interrogativi sulla gestione e sul buon funzionamento dell’istituzione?
«La situazione è chiaramente grave, visto che due giudici su cinque sono stati dichiarati non idonei alla loro funzione. È un fatto senza precedenti. Dopo la nomina del procuratore straordinario da parte del Consiglio di Stato a supporto della Magistratura e la decisione di non luogo a procedere, non si poteva però che arrivare a questa conclusione, come ha deciso il Consiglio della Magistratura ».
Guardando al futuro, come si può evitare che accadano episodi simili? Non ci sono, secondo lei, correttivi da apporre?
«Sia la Commissione amministrativa del Tribunale d’appello che il Consiglio della Magistratura hanno tentato di mediare tra le parti: purtroppo questi sforzi non hanno avuto successo. Quando si antepone il proprio interesse personale al servizio delle istituzioni, a mio avviso, si commette sempre un errore. Si può criticare il Consiglio di Stato per un approccio eccessivamente consociativo, ma se questo consente il buon funzionamento di un’istituzione, è ciò che deve essere fatto».
Ritiene che questa situazione abbia danneggiato l’immagine della giustizia? Crede che il caos (anche mediatico) vissuto dal tribunale possa generare un deficit di fiducia nelle istituzioni?
«Questo è un problema specifico del Tribunale penale cantonale e riguarda solo alcuni giudici su un centinaio di magistrati nominati, tra Ministero pubblico, Tribunale d’appello e Preture. Tuttavia, è anche vero che il Tribunale penale cantonale è molto visibile, poiché si occupa di cronaca nera e pertanto è sotto i riflettori dei media. Fortunatamente, fino ad oggi il Tribunale penale cantonale ha continuato a funzionare. L’incapacità di trovare un punto di incontro o un compromesso è stata però fatale e ha portato a alla decisione del CdM».
Nelle scorse settimane lei aveva accennato alla possibilità di ulteriori sviluppi nella vicenda, sottolineando che non era ancora conclusa e che, di questo passo, il Parlamento si sarebbe trovato con il compito di nominare nuovi magistrati. Si trattava di un’intuizione politica o disponeva di informazioni aggiuntive?
«Venticinque anni di politica cantonale sicuramente aiutano a comprendere meglio le situazioni. Ero in Gran Consiglio nel 2001 quando il consigliere di Stato Giuseppe Buffi dovette annunciare il grave episodio che coinvolgeva il giudice Franco Verda. Come presidente del Gran Consiglio, ho assistito a sanzioni (meno gravi) verso magistrati decise dal Consiglio della Magistratura per comportamenti inadeguati. Anche in questo caso, unendo i puntini, la conclusione era evidente e l’allontanamento dei giudici sembrava inevitabile».
Non teme che la nomina dei sostituti possa dar luogo a nuove frizioni politiche, come è accaduto nel recente passato?
«Non credo. Questa vicenda è un richiamo per tutti a mettere le istituzioni al di sopra di ogni protagonismo. Spero che questo valga tanto per la politica quanto per i magistrati. Del resto, puoi avere la procedura di nomina migliore e la migliore legge, ma se due persone non riescono a lavorare insieme, tutto diventa inutile e il funzionamento delle istituzioni ne risente».
Intervista pubblicata nell’edizione di venerdì 13 dicembre 2024 del Corriere del Ticino
****
Giudici destituiti, le reazioni politiche
Fiorenzo Dadò: “Di fronte a una decisione di questo genere si resta scioccati” – Per Norman Gobbi il fatto che due giudici penali abbiano sporto denuncia contro tre colleghi significa che si è superato un limite, per cui la decisione del Consiglio della magistratura non poteva che essere questa
Il terremoto all’interno della giustizia ticinese (con il Consiglio della magistratura – organo di sorveglianza dei magistrati ticinesi – che ha destituito con effetto immediato i due giudici del Tribunale penale cantonale Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti) ha suscitato le reazioni della politica. Tanto che la Commissione Giustizia e Diritti del Gran Consiglio ha subito organizzato una riunione straordinaria (riunione a cui ha partecipato anche il capo del Dipartimento delle Istituzioni, Norman Gobbi).
“Di fronte a una decisione di questo genere si resta scioccati”, ha dichiarato alla RSI il presidente della Commissione giustizia e diritti, Fiorenzo Dadò, commentando la scelta unanime del Consiglio della magistratura di destituire con effetto immediato i giudici Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti per aver “gravemente violato i loro doveri di magistrato”. Sul caso specifico, Dadò ha preferito non entrare nel merito, anche per rispetto delle persone coinvolte.
Il direttore del Dipartimento delle Istituzioni, Norman Gobbi, dal canto suo ha dichiarato che “una situazione di questo tipo non si è mai vista. Soprattutto relativa a una incapacità di dialogo e di rapporto tra persone, tra magistrati eletti dal Parlamento, che non sono stati in grado di risolvere tra di loro i problemi interpersonali. Perché di questo stiamo parlando. Quando due giudici penali, della prima Camera del Tribunale penale cantonale, sporgono denuncia penale nei confronti dei loro tre colleghi, significa che si è superato un limite, e purtroppo devo prendere atto che la decisione del Consiglio della magistratura, autorità di vigilanza e di sorveglianza primaria sul buon funzionamento della Giustizia, non poteva essere che questa”.
Una decisione che, però, potrebbe non essere l’ultima, dato il ricorso annunciato dall’avvocato di Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti.
Inoltre, resta ancora aperto il procedimento disciplinare nei confronti di Ermani.
****
“Sono venticinque anni che faccio politica cantonale e ho visto un po’ di tutto. Ma questa situazione in cui due giudici penali hanno sporto denuncia nei confronti dei propri colleghi per la mancanza di dialogo e di capacità di relazione, ha portato alla situazione odierna: il Consiglio della magistratura, come organo di vigilanza indipendente sul funzionamento della giustizia ticinese, ha valutato la loro non conformità al ruolo che ricoprono”. Così Norman Gobbi, direttore del Dipartimento delle Istituzioni, commenta a Ticinonews la decisione del Consiglio della Magistratura di destituire Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti. Un esito che il consigliere di Stato aveva già ipotizzato, ventilando la possibilità che il Gran Consiglio avrebbe dovuto nominare altri giudici, così come sollevato anche negli scorsi giorni dalla deputata Sabrina Gendotti (Il Centro). Sapeva dunque già qualcosa? “L’esperienza politica ti fa capire quando qualcosa sta andando male. Inoltre, vent’anni di arbitro di hockey ti fanno capire quando i giocatori entrano in campo per andare a dare la legnata che non devono dare, ossia compiere un fallo. Una situazione che purtroppo è stata confermata dal CdM”.
Giusto o no?
Sulla correttezza di tale decisione, il consigliere di Stato non esprime valutazioni. “I due magistrati possono ancora appellarsi alla Commissione di ricorso della Magistratura. Una volta conclusa questa pratica, dipenderà dall’esito: o verranno riconfermati, o dovranno essere sostituti dal Parlamento. Al contempo dobbiamo però permettere al Tribunale penale cantonale (TPC) di funzionare. Il nostro compito come Esecutivo sarà quello di trovare dei sostituti, d’intesa con il Tribunale d’appello, in modo da garantire al Tpc il buon funzionamento con l’anno nuovo”. Anche la Commissione giustizia e diritti, aggiunge Gobbi, deve essere informata secondo la Legge sull’organizzazione giudiziaria.
“L’immagine della giustizia ne risente”
Di certo l’immagine della Magistratura non ne esce bene, dice Gobbi, sottolineando l’importanza di garantire il buon funzionamento della giustizia. “Dobbiamo capire che il Tribunale penale cantonale è un organo giudiziario molto visibile, ma non è tutta la giustizia: i magistrati sono oltre 100 nel Canton Ticino, tra procuratori pubblici, pretori distrettuali, giudici civili, penali, amministrativi. Alcune persone non sono dunque l’intera giustizia. Sicuramente questa situazione non fa del bene all’immagine della giustizia, ma deve fare capire che i magistrati, in qualsiasi ruolo, sono persone con i loro pregi e i loro difetti”.
Il procedimento su Ermani
Sul procedimento disciplinare ancora in corso nei confronti Mauro Ermani, presidente del Tribunale penale cantonale, Gobbi invece non si pronuncia. “Dobbiamo attendere il termine di questa procedura”.