Le notizie sul caso del giovane Carlos hanno inevitabilmente scatenato un’ondata di indignazione pubblica e politica in tutta la Svizzera. Una vicenda che ha destato scalpore non tanto per il legittimo tentativo di reintegro del giovane pregiudicato nella società, quanto per il piano di presa a carico predisposto dalla Procura dei minorenni del Canton Zurigo, particolarmente privilegiato e oneroso nonché difficilmente difendibile di fronte all’opinione pubblica in questo difficile momento congiunturale che impone sacrifici da parte di tutti e tagli a molti servizi dell’Amministrazione pubblica. La storia di questo ragazzo è stata portata alla luce quale esempio di buona gestione di minori problematici, in realtà essa ha rivelato un eccesso da parte delle Autorità zurighesi nel predisporre un complesso impianto di misure ad hoc senza un alcun nesso proporzionale allo scopo di protezione e recupero della gioventù.
In Ticino – come evidenziato anche nella risposta all’interrogazione n. 216.13 della deputata L. Filippini del 18 settembre 2013 – non esistono casi analoghi a quello di Carlos. Sebbene attualmente il nostro Cantone sia confrontato con 49 casi di minorenni oggetto di misure di protezione, di cui quattro collocati in istituti ed uno in esecuzione in una struttura carceraria, nessuno di questi beneficia dei trattamenti lussuosi e dai costi sproporzionati offerti a Carlos.
A livello generale, nonostante le rare derive – di cui Carlos ne è l’emblema – il sistema penale minorile svizzero è particolarmente virtuoso in quanto riesce a coniugare la punizione con la riabilitazione; ne è la prova il contenuto tasso di recidiva pari al 35%. In quei Paesi in cui l’intervento verte prevalentemente sulla privazione della libertà il rischio di recidiva risulta infatti nettamente più elevato raggiungendo valori fino al 90%. Un sistema il nostro non privo di difficoltà; si pensi in particolare al reperimento di strutture adatte per questa tipologia di detenuti, alla non sempre facile coordinazione intercantonale e ai considerevoli costi per il recupero e il reintegro nella società dei giovani in espiazione di pena. La buona riuscita di un percorso riabilitativo di un giovane, che per diverse circostanze si è reso protagonista di fatti delittuosi, è sicuramente nell’interesse di tutta la collettività oltre ovviamente della persona direttamente coinvolta. In ogni caso è indispensabile mantenere un corretto rapporto tra le risorse da investire e il potenziale di recupero.
Riprendendo lo spirito alla base dell’iniziativa popolare costituzionale lanciata dai Giovani liberali radicali ticinesi “Le pacche sulle spalle non bastano!” Il Dipartimento della sanità e della socialità – in collaborazione con il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport e del Dipartimento delle istituzioni – si sta occupando della creazione di un Centro educativo di pronta accoglienza e osservazione per minorenni problematici (CEA+) in grado di servire quale strumento per più esigenze: da un lato garantire un intervento immediato in situazioni di crisi, dall’altro eseguire misure disciplinari di protezione e permettere l’esecuzione di pene di privazione della libertà di breve durata. Questa struttura – il cui progetto sarà presentato a breve – garantirà la completa presa a carico nel nostro Cantone dei giovani problematici e rappresenterà il tassello finora mancante nel percorso di espiazione della pena di breve durata in Ticino, a completamento delle misure di riabilitazione per un reintegro professionale e sociale del giovane.
Norman Gobbi, CdS e Direttore DI
Opinione apparsa sul Corriere del Ticino, maggio 2014