Cade oggi il decimo anniversario della morte di Giorgio Salvadè. Salvadè è stato, tra l’altro, un uomo politico ticinese esemplare per dedizione al bene comune. Una purezza di intenti, completamente libera da disegni di carriera e da logiche di partito, sostenuta da una sorprendente efficacia e premiata da risultati di grande importanza per il Cantone. Affermazioni, queste, che per non suonare vane e retoriche vanno sostanziate con esempi, piccoli e grandi. Per incominciare dalle cose grandi, basti dire che l’idea di creare l’Università in Ticino, non uno dei mille progetti che circolavano in quel torno di tempo ma esattamente quella che esiste dalla metà degli anni 90, fu sua. Appena eletto, a sorpresa, nel Municipio di Lugano (1992) sulla lista della nascente Lega, si appassionò all’improbabile sogno e convocò un gruppetto di amici cui chiese di studiare il progetto, quello che prese corpo dopo tre anni con l’istituzione delle due facoltà di Economia e Scienze della Comunicazione, appoggiato da Giuliano Bignasca e accolto con entusiasmo e con il consueto fiuto politico dal sindaco PLR Giorgio Giudici. «Per provenienza culturale e appartenenza politica eravamo lontani», racconta Giudici, «ma un vero politico non trae spunto dalle differenze per coltivare divisioni. Per l’USI Salvadè lavorò tantissimo, con discrezione e senza protagonismi, come fece anche per dare luce al LAC. Era uno che creava unità attorno ai progetti belli e realistici, anche se a prima vista utopici.
Con lui sono stati otto anni di Municipio bellissimi». Frattanto, nel 1999, Salvadè viene eletto in Gran Consiglio, sempre per la Lega (vi resterà fino al giorno della morte), abbandonando il Municipio luganese nel 2000. Forse solo per non dire di no a Bignasca che lo voleva in lista nel suo nuovo Comune di residenza, Massagno, nel 2008 si candida e viene eletto in Consiglio comunale. «Molti, anche nel mio partito [il PPD, forte allora come oggi di una maggioranza assoluta in Comune] temevano una presenza di opposizione barricadiera», ricorda il capo dell’Esecutivo massagnese, Giovanni Bruschetti, un altro sindaco lungimirante e «costruttore». Già dopo il primo colloquio a tu per tu, Bruschetti si stupisce di avere di fronte a sé un politico molto insolito, interessato più ai progetti che alla loro scuderia di provenienza. Una legislatura, quella tra il 2008 e il 2012, costruttiva come poche, tra nuovo Centro scolastico e copertura della trincea ferroviaria per ospitarvi la sede SUPSI. Ma c’è un episodio che il sindaco Bruschetti ha visivamente nella memoria. «Salvadè aveva proposto il bonus di 1.000 franchi alle famiglie di Massagno per ogni nuovo nato (l’idea era di mostrare la simpatia del Comune per i genitori che si aprivano a una nuova vita). Una proposta bollata allora come leghista e come tale rifiutata in Commissione da tutti gli altri partiti, di destra e di sinistra. Incurante e determinato lui si presenta davanti al plenum e argomenta con tale credibilità e abilità da convincere a poco a poco una decina di consiglieri: io vedevo proprio le facce, soprattutto di quelli del mio partito, mutare pian piano espressione, dallo scetticismo alla positività. Alla fine, anche se per un solo voto, la spuntò».
Qualche anno dopo, Giorgio portò la medesima proposta in Gran Consiglio e anche lì, dopo un’epica battaglia, la sua convinzione contagiò una sparuta maggioranza: «Tra gli applausi, Salvadè annunciò che avrebbe pagato da bere a tutti i parlamentari», ricorda il gran consigliere Michele Guerra. Era fatto così.
Opinione di Claudio Mésoniat pubblicata nell’edizione di venerdì 12 agosto 2022 del Corriere del Ticino