Intervista al ministro delle istituzioni: “Favorevole a un presidio non costante ma regolare e ben visibile ai valichi. Torneremo alla carica con la Confederazione: Berna deve capire che abbiamo problematiche diverse rispetto a Sciaffusa o Argovia”
Norman Gobbi, gli ultimi fatti criminali avvenuti nel nostro Cantone, dalla Centovalli a Brusino, hanno riproposto con forza il tema del controllo della frontiera. In molti sono tornati a chiedere con forza il presidio costante dei valichi, come prima misura per arginare la situazione. Lei cosa ne pensa?
“Ovviamente i furti avvenuti nelle Centovalli e la rapina con armi spianate a Brusino ci obbligano a porci la domanda di fondo: le porte di entrata di casa nostra sono abbastanza sicure? Io credo che possiamo fare di più ma prima di rispondere concretamente alla domanda vorrei fare una riflessione sul contesto in cui ci troviamo, ovvero quello della libera circolazione delle persone. Il Ticino è l’unico Cantone che confina con una città metropolitana come Milano. E tutti conosciamo la crisi economica che attanaglia la Lombardia che porta da noi moltissimi frontalieri, padroncini, permessi b, con tutte le problematiche che questo comporta a livello di mercato del lavoro e a livello sociale. Accanto a ciò abbiamo una sorta di libera circolazione dei rapinatori, spesso riuniti in bande di albanesi e rumeni, che si organizzano e partono anche da luoghi molto lontani per venire a colpire in Ticino. È un fenomeno che si sta facendo conoscere anche in Romandia, dove i criminali colpiscono partendo da città come Lione o Marsiglia. Ma torniamo al punto: come possiamo rendere più sicure le porte di casa nostra? Io sono favorevole a un presidio non costante ma regolare e ben visibile ai valichi. Una misura che produrrebbe due effetti importanti”.
Quali?
“Da una parte i ticinesi si sentirebbero un po’ più tranquilli e dall’altra i malviventi saprebbero di poter incappare abbastanza facilmente in una pattuglia. Tutti i valichi sono attualmente videosorvegliati ma questo ovviamente non rassicura ne scoraggia un granché, come abbiamo visto. Non è un caso che le rapine spesso accadano a ridosso di questi valichi secondari e non, per fare un esempio, nei dintorni del valico di Chiasso strada. La presenza, ripeto, a random, di pattuglie su questi “punti deboli” del confine potrebbe essere una prima risposta importante contro questo cosiddetto “turismo della criminalità””.
Sappiamo che una buona parte di queste decisioni dipende dalla Confederazione. Cosa può fare lei concretamente come ministro delle istituzioni?
“Da un lato dobbiamo continuare con il lavoro coordinato fra le varie forze dell’ordine per migliorare ancora di più la presenza sul territorio. Dall’altra dovremo tornare alla carica con Berna. Ricordo che lo scorso maggio il Consiglio federale ha accolto la mozione presentata da Roberta Pantani e Lorenzo Quadri sulla chiusura notturna dei valichi secondari. Questa decisione è ora al vaglio del Dipartimento federale delle finanze e quindi del Comando del Corpo delle guardie di confine. Credo possa essere una buona base di partenza per intervenire subito. La Confederazione deve capire che in Ticino abbiamo problematiche diverse rispetto a Sciaffusa, Soletta o Argovia, ma più simili a quelle che vi sono in Romandia, come dicevo prima”.
Ma la sua proposta, quella dei controlli a random, è un cerotto o una soluzione?
“Guardi, già negli anni ’80 quelli della Mala lombarda venivano in Ticino armati a compiere delle rapine. E allora i valichi erano tutti presidiati. Il trend delle rapine e dei furti negli anni è rimasto costante. Sono però cambiate le modalità criminali con cui agiscono i malviventi, oltre al contesto internazionale di cui accennavo all’inizio, che ha favorito determinate bande. Questo per dire che una soluzione definitiva non esiste. Dobbiamo intervenire puntualmente sulle problematiche che si presentano di volta in volta”.
C’è anche un problema di recrudescenza di certi crimini. L’assalto con il fucile a pompa a Brusino ha inquietato molti cittadini.
“Certo, questo problema esiste. E per fortuna a Brusino non vi sono state conseguenze gravi. In generale, non essendoci grandi misure di protezione per questi distributori, la controparte criminale solitamente non utilizza una violenza sproporzionata. Ma non possiamo evidentemente sottovalutare il fatto che possano esserci delle schegge impazzite. Proprio per questo credo che sia giunta l’ora di una vera riflessione sui presidi dei confini”.
Questo crea anche un senso di accresciuta preoccupazione, se non di paura, nei cittadini. Cosa fare da questo punto di vista?
“La percezione della sicurezza dei cittadini è un dato importantissimo anche se, ripeto, negli anni 70 o 80 vi sono state rapine molto cruente: ce ne fu una sul Ceneri dove una commessa venne addirittura uccisa, se non ricordo male. Io credo che quello che noi dobbiamo fare è non sottovalutare il fenomeno, continuare a garantire il massimo della presenza sul territorio, lavorare negli organismi transfrontalieri (la collaborazione con i Carabinieri funziona molto bene ad esempio), e portare avanti le nostre proposte sui controlli dei valichi. Sono convinto che in questo modo potremo consolidare la fiducia nella popolazione”.
Lei ha puntato il dito contro la Libera circolazione. Su Schengen non ha nulla da dire?
“Sicuramente Schengen non permette di controllare in maniera sistematica i confini, anche se in Svizzera facciamo un po’ eccezione rispetto alle regole vigenti sulle frontiere europee. Infatti, in virtù della non unione doganale possiamo ancora fare dei controlli in prossimità della frontiera. Perlomeno questo accordo ci mette a disposizione un’importante banca dati e ci ha permesso di effettuare alcuni arresti importanti. Quindi, a mio parere, il vero problema è l’Accordo sulla libera circolazione delle persone, e in maniera secondaria Schengen”.
AELLE
http://www.liberatv.ch/articolo/27773/furti-e-rapine-la-ricetta-di-gobbi-controlli-random-ai-valichi-secondari-contro-la