Servizio all’interno dell’edizione di giovedì 3 gennaio 2019 de Il Quotidiano
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Articolo pubblicato nell’edizione di venerdì 4 gennaio 2019 del Corriere del Ticino
L’iniziativa legislativa che chiede di stralciare 25 milioni dai contributi versati al Cantone incassa il sì di 64 enti locali
Cossi: «Non è una guerra, serve autonomia» – Vitta: «Conti, l’equilibrio è fragile» – Gobbi: «Ritocchi controproducenti»
Le finanze del Cantone sono tornate in salute ed è quindi giunto il momento di sgravare i Comuni. Ne sono convinti i 64 Enti locali che hanno sottoscritto l’iniziativa legislativa «Per Comuni forti e vicini al cittadino», lanciata in autunno da Canobbio, Melide e Vernate. Forte del sostegno di tutte le città ad eccezione di Bellinzona il testo – che per riuscire necessitava del sostegno di almeno 23 Comuni – chiede di stralciare 25 milioni di franchi dal contributo che gli Enti locali versano allo Stato dal 2014, passando da 38,13 a 13,13 milioni. «Non è nostra intenzione fare una guerra al Cantone – ha esordito il sindaco di Vernate Giovanni Cossi – al contrario: con la nostra iniziativa intendiamo difendere i diritti dei Comuni nei confronti di un’autorità superiore sempre più avida e invadente che, se da un lato continua a delegare compiti agli enti locali, dall’altro toglie loro le risorse per farlo». «Negli ultimi 5 anni – si legge nel testo dell’iniziativa – ai Comuni ticinesi è stato imposto di contribuire al risanamento del bilancio cantonale versando quasi 150 milioni di franchi. Questo è ingiusto perché si tratta di risorse destinate a finanziare compiti comunali e non disavanzi del Cantone, sui quali i Comuni non hanno alcuna possibilità di intervenire. Ciò è antidemocratico e contrario al principio secondo cui chi decide paga».
«Così non si può continuare»
In tal senso, i promotori ritengono che i Comuni debbano poter gestire con maggior autonomia le proprie risorse. «Se nel 2014 quando è entrato in vigore il decreto di legge i conti del Cantone navigavano in acque burrascose oggi la situazione è ben diversa», ha precisato il sindaco di Canobbio Roberto Lurati. Per poi aggiungere come «allora nell’ambito della piattaforma di dialogo Cantone-Comuni avevamo detto sì ad un aiuto finanziario per una fase transitoria. Ma in Gran Consiglio è giunto un decreto legislativo per un contributo stabile nel tempo che, alla fine, ha impoverito i Comuni. Così non si può andare avanti. I 25 milioni erano destinati unicamente a tappare i buchi dei conti cantonali che ora sono tornati in salute». E le cifre lo dimostrano: dopo l’avanzo d’esercizio di 80,4 milioni di franchi registrato nel Consuntivo 2017, anche il Preventivo 2019 è segnato da cielo sereno con un avanzo stimato di 15 milioni. «È vero che oggi le finanze del Cantone stanno meglio – rileva il direttore del DFE Christian Vitta – ma l’equilibrio raggiunto è ancora fragile. Inoltre, di fronte al consolidamento dei conti sono diverse le richieste che giungono al Cantone. Non solo da parte dei Comuni. Occorre quindi discuterne in maniera costruttiva e lo faremo nell’ambito della Piattaforma Cantone-Comuni. Non bisogna poi dimenticare che nell’ambito della riforma fiscale è ipotizzato un riversamento dallo Stato agli enti locali di circa 10 milioni di franchi». Ma tra i motivi che hanno spinto i tre Comuni a lanciare l’iniziativa legislativa vi è altresì la proposta di abbassare il moltiplicatore d’imposta di 5 punti percentuali. «Il Cantone sta riflettendo su un possibile abbassamento del moltiplicatore cantonale – ha sottolineato Angelo Geninazzi, sindaco di Melide – e per noi è stata una sorta di affronto. Siamo tutti favorevoli a degli sgravi, ma vogliamo poterlo fare con i nostri soldi. Occorre essere coscienti che quest’iniziativa non risolverà come per magia tutti i problemi dei Comuni, ma rappresenta sicuramente un chiaro segnale nei confronti del Consiglio di Stato e del Gran Consiglio: vogliamo poterci autodeterminare, non siamo uno sportello del Cantone».
Di corse a ostacoli e chirurgia
Un appello questo che ha fatto breccia tra numerose realtà comunali «nonostante i diversi ostacoli che abbiamo incontrato nel lancio dell’iniziativa», ha rimarcato Cossi citando «l’intrusione della Sezione degli enti locali come pure la reazione del Governo che, in una lettera di metà novembre, comunicava ai Municipi che non sussiste alcun obbligo legislativo a sottoporre l’iniziativa ai Consigli comunali. È vero, la legge non lo impone. Ma quella del Consiglio di Stato è stata un’intrusione discutibile se non un’entrata a gamba tesa nel processo democratico». Una missiva questa, nella quale il Governo invitava i Municipi a «non dar seguito all’iniziativa» in quanto «rappresenta una chiara forzatura dei rapporti fra i due livelli istituzionali». Ma non solo. Nel suo scritto, il Governo ribadiva come un sì massiccio al testo avrebbe «creato ulteriore instabilità e confusione, portando pregiudizio sia all’interesse cantonale che a quello comunale», fomentando «pregiudizi al progetto di riforma istituzionale in corso Ticino 2020». «Tutto questo è semplicemente ridicolo – ha commentato Cossi – i Comuni non sono sportelli del Cantone e noi chiediamo che – se il dossier Ticino 2020 non si sblocca in tempi celeri – entro quest’autunno il Gran Consiglio si pronunci sull’iniziativa. È necessario fare chiarezza prima che vi sia il rinnovo dei poteri comunali». «Al momento stiamo attendendo la presa di posizione dei Comuni», replica il direttore delle Istituzioni Norman Gobbi per poi ribadire come «quando si tratta di modificare un intero apparato legislativo occorre essere coscienti che i tempi non sono brevi». Sollecitato invece sul fallimento della piattaforma Cantone-Comuni di fronte alle due iniziative legislative lanciate (vedi scheda a lato), il consigliere di Stato rilancia: «Piuttosto, direi che è un fallimento della capacità di rappresentanza dei Comuni nella Piattaforma. Quando abbiamo preso posizione come Consiglio di Stato abbiamo precisato come le due iniziative andassero contestualizzate in una visione più ampia. Altrimenti, il rischio è che si vada a cantonalizzare tutto lasciando ai Comuni i compiti minori. Ma non è questo l’obiettivo». Al contrario, il direttore delle Istituzioni ricorda come «la riforma Ticino 2020 è sì stata voluta da ambo le parti, ma richiesta soprattutto dai Comuni. Se ora i Municipi vogliono cominciare a fare microchirurgia su alcuni aspetti occorre rendersi conto che può poi diventare difficile portare il paziente intero in sala operatoria. In ogni modo discuteremo delle due iniziative con i dipartimenti competenti, ma ritengo che sia controproducente andare oggi a ritoccare alcuni flussi senza avere una visione d’insieme». Consegnate le firme alla Cancelleria dello Stato, salvo colpi di scena il dossier passerà ora al Gran Consiglio.