Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 23 agosto 2018 de La Regione
Incendi, il capo della Sezione militare risponde alle lamentele delle compagnie civili Una convenzione, fresca di rinnovo, stabilisce il modus operandi. I militari accorrono solitamente su richiesta di forestali e capi intervento. Ma in caso di necessità.
Dopo le critiche delle compagnie civili, le precisazioni del caposezione Smpp Ryan Pedevilla. Ecco come e da chi vengono gestiti gli interventi dei velivoli negli incendi boschivi.
La soluzione, canonica, delle convenzioni. Ha sempre dimostrato di funzionare nella lotta agli incendi boschivi compiuta con mezzi aerei. Negli ultimi tempi, però, qualcosa, in questo meccanismo, si è inceppato. Gli accordi stipulati tra lo Stato (Dipartimento del Territorio) e le compagnie di trasporto con elicottero civili non di rado, durante gli interventi, danno adito a qualche mal di pancia. È stato il caso lo scorso anno quando, esasperate, le aziende ticinesi che mettono a disposizione, a pagamento, uomini e mezzi per i picchetti sono entrate in rotta di collisione con gli elicotteri dell’esercito nell’opera di spegnimento dei roghi. Le stesse, come noto, hanno inviato al Cantone una bella “pillola” di oltre 620mila franchi quale risarcimento per le ore di lavoro “scippate” loro – sostengono – dai velivoli color verde oliva. Questione che dovrebbe essere regolata nelle prossime settimane, secondo i ben informati. All’origine delle discussioni non vi è un problema di mezzi per affrontare le emergenze, bensì di “gerarchie operative”. Gli aeromobili delle Forze Aeree dovrebbero, di principio, arrivare in appoggio solamente quando gli elicotteri delle ditte civili non sono più in numero sufficiente per gestire la situazione e i capi intervento (forestali e pompieri) lo richiedono. A Ryan Pedevilla, Capo Sezione del militare e della protezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, abbiamo chiesto delucidazioni: «La gestione degli incendi boschivi compete alla Sezione forestale e ai pompieri – osserva in entrata – il nostro compito è quello di fare da tramite con lo Stato maggiore di collegamento territoriale quando viene chiesto un supporto. In parole semplici, noi traduciamo questa richiesta e fungiamo da tramite. Tocca poi al Comando Operazioni dell’esercito valutare se e come procedere, quanti e quali macchine inviare in Ticino, quale materiale (Contin, vasche, motopompe ecc.) dislocare».
A Vogorno tutto secondo prassi
Nel caso dell’incendio di Vogorno, tuttavia, c’è chi sostiene che le cose sarebbero andate diversamente. In pratica che nessuno avrebbe richiesto l’intervento di un Superpuma (giunto oltretutto da Payerne e non dalla Base di Magadino): «Non è assolutamente vero. Il capo intervento sul posto a Vogorno ci ha trasmesso una richiesta secondo protocollo. Per quale motivo sia stato inviato un velivolo da Payerne non glielo so dire. Probabilmente i piloti di picchetto si trovavano lì al momento dell’allarme. Posso confermare che l’elicottero militare ha effettuato in totale 16 lanci tra le 19.30 e le 20.45. L’arrivo del temporale ha poi facilitato l’opera di spegnimento . L’indomani mattina, a seguito della ricognizione del capo intervento con esito negativo, l’equipaggio ha potuto essere liberato dal compito ricevuto». Sin qui tutto come da copione, verrebbe da pensare. Ma c’è tuttavia un aspetto che merita di essere evidenziato: «L’Esercito – prosegue Pedevilla – può farsi promotore anche di interventi spontanei, senza passare cioè da alcuna richiesta da parte di forestali o pompieri. Un esempio lo si è avuto nel 2016, nell’incendio di una stalla a Biasca. La truppa presente nei pressi dell’Arsenale ha visto l’edificio bruciare e ha partecipato alle operazioni di spegnimento. L’Ordinanza sull’aiuto militare in caso di catastrofe in Svizzera (OAMC, art. 11) prevede questa possibilità. I comandanti di truppa sono dunque liberi di decidere se l’impiego risulta conciliabile con il compito che si sta svolgendo. Oltre a ciò esiste una convenzione siglata tra Svizzera e Italia sulla cooperazione nel campo della previsione e della prevenzione dei rischi maggiori e dell’assistenza reciproca in caso di catastrofi naturali o dovute all’attività dell’uomo. Velivoli dei due Paesi, se necessario (penso ad esempio al caso di brutto tempo che impedisce l’arrivo degli elicotteri al Sud delle Alpi), possono sconfinare e portare il loro fattivo contributo come è stato il caso durante l’esercitazione “Odescalchi” del giugno 2016, nel Mendrisiotto.