Da La Regione dell’11 agosto 2016 | Il Cantone ha decretato lo stato di necessità per il Mendrisiotto: snellite le procedure per creare un unico centro di accoglienza temporaneo a Rancate, che sostituirà tre impianti di Pci – Norman Gobbi: «Occorre abbassare i toni».
Il Mendrisiotto da ieri è in ‘stato di necessità’. Davanti a una situazione straordinaria il governo cantonale ha reagito con strumenti eccezionali. Il capo del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi rimette, però, subito il campanile al centro del villaggio. «Per la vita dei momò non cambia nulla. Non significa che c’è una emergenza o una crisi – rassicura il ministro parlando a nome del Consiglio di Stato. E spiega –: Ciò ci permette di attivare entro l’inizio di settembre un centro unico temporaneo per migranti in procedura di riammissione semplificata in Italia, seguendo una procedura più snella e contenendo altresì i costi di allestimento». La struttura si sostituirà alle tre sedi di Protezione civile (Pci) di Chiasso, Vacallo e Coldrerio – Castel San Pietro è di riserva – che oggi accolgono le persone in attesa di essere riconsegnate alle autorità d’Oltrefrontiera. I posti a disposizione (150) non aumenteranno: «Non si creeranno un ‘Chiasso 2’ o un ‘Losone 2’». A cambiare sarà solo la loro ubicazione, sotto uno stesso tetto e lontano da «zone sensibili». Ovvero distanziati da centri abitati, scuole, case per anziani. Anche se, ammette lo stesso Gobbi, «sin qui nella gestione degli impianti non si sono registrati problemi di sorta». Nello stabile in via alla Rossa, nella zona industriale di Rancate, i migranti trascorreranno la notte che precede il loro rientro in Italia. Tutto sarà pronto per la fine del mese: gli Enti regionali di Pci provvederanno ad allestirlo sotto la supervisione del Cantone, che tramite la Polizia cantonale assicurerà la sicurezza esterna (all’interno sarà presente un servizio privato). Quanto alla Confederazione? Darà una mano nella gestione e nella copertura delle spese. Sulla ripartizione dei costi il consigliere Gobbi preferisce non sbilanciarsi, ma potrebbe avvicinarsi al 50%.
Nodo le entrate illegali
D’altro canto, davanti al numero delle entrate illegali – «fortemente aumentate nelle ultime sei settimane», ricorda il ministro – non si poteva restare a guadare. Non quando lo straordinario (come l’uso delle Pci) diventa la quotidianità e nel primo scorcio del mese si oltrepassa il totale dei soggiorni illegali di tutto l’agosto 2015. La misura attuata, in effetti, intende dare una mano pure a chi opera al fronte, a cominciare dalle Guardie di confine, che rischiano di dover distogliere l’attenzione da altre priorità (dal contrabbando alla criminalità transfrontaliera). Di fatto, annota ancora Gobbi, tra giugno e luglio gli sbarchi sulle coste dell’Italia del Sud non sono cresciuti. A salire è stata semmai la pressione alla nostra frontiera, bloccate le vie del Brennero e della Carinzia. «Questa è stata percepita come l’unica porta aperta verso il nord». I migranti, conferma, vi arrivano, per lo più, senza far capo ai passatori – molti sono senza un soldo –; in alcuni casi cercano un passaggio lungo la frontiera verde. Ma per i cittadini stranieri provenienti da Paesi extraeuropei, senza documenti e un visto Schengen o già registrati Oltreconfine, il viaggio finisce qui, o all’ombra della stazione San Giovanni a Como. «Chiariamo – sgombra il campo Gobbi –: agiamo nella legalità con le riammissioni semplificate, constatato che sono giunti dall’Italia. La Svizzera non viene meno al suo ruolo umanitario. Lo si vede dalle richieste d’asilo, raddoppiate in giugno e luglio rispetto all’anno scorso». Come dire che le leggi vengono applicate. A impensierire il Cantone, fa capire Gobbi, è altro. C’è apprensione per la situazione al di là del valico: «La problematica italiana, non facile e che comprendiamo, tocca anche noi». Come sono i rapporti con le autorità? «La collaborazione – ci risponde il ministro – non ha mai funzionato bene come oggi. Potrebbe capitare una corrente d’aria e che si cambi atteggiamento». Sulle riammissioni? «Rispetto ad anni passati in cui la situazione era anche molto difficile, ora si dimostra una grande disponibilità; si lavora 7 giorni su 7. E con i prefetti di Como e Varese ci sono contatti di amicizia». Diverso il clima politico interno. «Ci preoccupano certe posizioni contrapposte: penso ai vandalismi di oggi (ieri per chi legge, ndr) a una ditta di trasporti– precisa il direttore del Di –. Bisogna abbassare i toni; e lo dico anche ai miei».
LA CITTÀ – ‘Prevalso il senso di responsabilità’
Da subito l’autorità comunale di Mendrisio non si è tirata indietro. Ora, però, davanti alle garanzie consegnate dal Cantone, la Città è pronta a sottoscrivere la sua disponibilità ad accogliere a Rancate il centro temporaneo per migranti in procedura di riammissione semplificata in Italia. Non a caso ieri pomeriggio alla Protezione civile a Rivera, al tavolo con il ministro Gobbi e lo Sato maggiore cantonale immigrazione, presente il presidente del governo Paolo Beltraminelli, c’era l’esecutivo in corpore. «Il Municipio – ribadisce il sindaco Carlo Croci – condivide l’impostazione del Consiglio di Stato, volta a dare delle risposte e sicurezza ai cittadini di tutto il Mendrisiotto». Perché non è unicamente una questione del capoluogo. «Il tema della migrazione illegale nel distretto va affrontato e gestito, e non solo a parole, ma con fatti concreti», rilancia Croci. L’organizzazione oggi in atto convince. Ma con l’apertura delle scuole, a fine agosto, si potevano acuire certe sensibilità, si fa capire. La soluzione di Rancate, in zona alla Rossa, «è fuori dalla possibilità di entrare in contatto con le popolazioni, di Rancate e al contempo di Riva San Vitale, più vicina», illustra il sindaco. «Si tratta di una logistica chiusa. Da come ci è stato spiegato le persone saranno quasi in stato di detenzione. Abbiamo, in effetti, chiesto rassicurazioni anche sulla condizione umanitaria del centro». E ora l’autorità attende solo di veder definiti i dettagli dell’operazione, condotta, peraltro, fa notare il vicesindaco Samuel Maffi , con trasparenza. «I contatti con il Cantone sono stati immediati. E fin dal primo sopralluogo abbiamo domandato assicurazioni minime, quanto a sicurezza interna ed esterna e alla Legge edilizia e quanto alla temporaneità della struttura». Richieste soddisfatte e sfociate poi nel preavviso favorevole del Municipio. «Per finire – annota ancora Maffi – ha prevalso il senso di responsabilità verso la cittadinanza di Mendrisio e del Mendrisiotto». Regione con la quale Palazzo delle Orsoline ha tenuto aperto un canale di comunicazione. A cominciare dai Comuni (ieri a Rivera era presente la capodicastero Sicurezza pubblica di Chiasso Sonia Colombo-Regazzoni) sede degli impianti di Pci in prima linea.
Una frontiera sotto i riflettori
Sulla realtà dei migranti alla frontiera meridionale della Svizzera si sono accesi i riflettori anche della stampa d’Oltregottardo. Ieri sia sul ‘Tages Anzeiger’ che sulla ‘Nzz’ si parlava dell’accampamento cresciuto all’ombra della stazione di Como e di quanto si sta vivendo lungo il confine. I numeri delle persone fermate e riconsegnate alle autorità italiane nelle ultime settimane, del resto, parlano da soli. Tant’è che pure nel mondo politico, cantonale e no, si è alzata l’attenzione per quella che viene percepita come una emergenza umanitaria. Sempre dal ‘Tagi’ si apprende che il consigliere di Sato Manuele Bertoli, il presidente del Ps Igor Righini, il capogruppo socialista in Gran Consiglio Ivo Durisch e altri esponenti, martedì, hanno voluto vedere da vicino il campo profughi improvvisato a San Giovanni e nei giardini sottostanti. Luoghi scenario di una situazione che preoccupa, peraltro, Anja Klug, direttrice dell’Ufficio dell’Alto commissariato per i rifugiati in Svizzera, intervistata dal ‘Tagi’ e convinta che quanto si sta consumando a Como non possa essere lasciato unicamente all’iniziativa di volontari. Serve, insomma, un centro di accoglienza ufficiale in grado di assicurare un’assistenza adeguata a quanti fuggono da guerre e disperazione. Per gestire la presenza dei migranti, circa 500, alla stazione, oltreconfine si stanno trasferendo gli adulti verso l’Italia del Sud su degli autobus. Una prassi a cui ha assistito pure Lisa Bosia Mirra, presidente di Firdaus. Si stima che siano stati almeno 250 i migranti spostati a Bari, Taranto e in Sicilia. Si ipotizza altresì che chi viene respinto a Chiasso possa cercare accoglienza a Milano, in affanno.