Opinione pubblicata nell’edizione di sabato 23 marzo 2019 de La Regione
Avrei auspicato da parte di tutti indistintamente durante la campagna elettorale una maggiore tematizzazione sull’argomento della partecipazione attiva della donna alla vita politica, fruttando al meglio e in modo più convincente il volano costituito dalla ricorrenza dei 50 anni dall’introduzione del suffragio femminile in Ticino. È vero che se ne sta parlando – e bene fanno le Associazioni di categoria che cercano di attirare l’attenzione – ma confidavo potesse esserci un maggior coinvolgimento e adesione su questo importante tema. Non si tratta di essere a favore delle quote rosa, ma di perseguire la convinzione che la nostra società necessita della valorizzazione della donna e delle sue capacità di apportare valore aggiunto. L’ambito politico diventa un plus inte- ressante, come lo è per l’uomo. Ma un più incisivo passo avanti è quello di creare maggiori opportunità nel mondo del lavoro inserendo le donne in funzioni che aprano loro la possibilità di carriera. Oggi, uomini e donne accedono alla formazione nelle stesse modalità e con la stessa parità e le nostre Scuole ci forniscono giovani ben preparate, da cui il mondo del lavoro può attingere e avvalersi a piene mani. Nella costellazione attuale è evidente che la valorizzazione del ruolo della donna deve essere da un lato assunto dalle donne stesse, ma dall’altro anche da coloro – uomini – che rivestono compiti importanti nelle aziende, quasi come una sponsorizzazione. E noi politici? Possiamo e dobbiamo fare la nostra parte. Non per decisione preconcetta, come se ci si adeguasse ciecamente o per una questione di quote, ma per la convinzione che una donna crea un valore aggiunto, una sorta di evoluzione all’interno di un gruppo, anche in ruoli di leader. Personalmente lo costato quotidianamente nel mio Dipartimento. Ed esperienze interessanti sono emerse nel corso di un simposio che ho organizzato proprio sulla “Leadership al femminile”, tenutosi il 13 marzo scorso a Lugano. Ascoltare la comandante della Polizia cantonale di Ginevra, signora Monica Bonfanti, ha permesso una reale osservazione delle competenze distintive. Ma è solo un esempio e ciò che si è sentito quella sera ha messo in luce l’importanza e l’efficacia del lavoro svolto dalle donne a livello dirigenziale, sia all’interno delle istituzioni che nell’economia privata. Sono fiducioso che tutto quanto presentato a Lugano possa aver contribuito a rafforzare la consapevolezza personale sul proprio potenziale alle quasi 200 persone (in gran parte donne) che hanno partecipato. Proprio mercoledì 20 marzo il Governo ha accolto le proposte del mio Dipartimento sulle nomine del nuovo Caposezione della Sezione della Popolazione e del suo aggiunto. Saranno entrambe donne che con le loro competenze, sono convinto, porteranno un grosso contributo nella conduzione di una Sezione di 140 collaboratori, che gestisce e amministra una notevole mole di lavoro in un settore, come quello dello stato civile e dei permessi per gli stranieri, decisamente sensibile. Così il Dipartimento delle istituzioni potrà vantare di non essersi fermato a un’unica donna alla guida di una Divisione (quella della Giustizia), ma di averne scelte due, una alla testa della Sezione e una quale sua vice. In futuro non so che cosa potrà avvenire nel mio Dipartimento. Di sicuro, se sarò riconfermato, posso già sin d’ora dare visibilità che la mia politica sul tema non cambierà: il mercato del lavoro, compresa la stessa amministrazione cantonale, annovera profili di donne lavoratrici interessanti e voglio rafforzare la mia convinzione che il successo organizzativo e quindi quello di una squadra vincente rimarrà quella che un capo avveduto non deve lasciarsi sfuggire la persona giusta per il posto giusto.