Intervista pubblicata nell’edizione di lunedì 8 aprile 2019 del Corriere del Ticino
«Io il più votato? Un riconoscimento per il lavoro svolto negli ultimi otto anni»
Quattro anni fa aveva dovuto attendere fino all’ultimo per sapere se avrebbe conservato il seggio, e il collegato Claudio Zali l’aveva staccato di diecimila voti. Questa tornata elettorale,invece, per Norman Gobbi si è rivelata essere quasi l’esatto opposto. Una rielezione tranquilla e più preferenziali del collega, il quale forse deve ringraziarlo per essere stato riconfermato. Infatti Gobbi è stato tra i principali fautori dell’unione delle liste con l’UDC per la corsa in Governo, una scelta che ha concesso ai due una rielezione tranquilla.
Dopo Claudio Zali e Marco Borradori, c’è una nuova locomotiva nella Lega?
«Nella Lega tutti sono motrici, più che locomotive. Perché la Lega è uno stato di emozioni di momenti. Evidentemente ci sono momenti in cui va più un tema, o una personalità».
È soddisfatto della sua votazione?
«Mi sono impegnato fortemente in prima persona in questa campagna e i risultati personali li abbiamo lì da vedere. Questo perché credevo fortemente nella congiuzione di liste per il Consiglio di Stato con l’UDC e in questo senso sarebbe stato poco corretto fare una campagna elettorale sottotono, limitandosi a dare per scontata la rielezione. Con l’impegno sono riuscito a raccogliere sostegni dal profondo sud dal Ticino al profondo nord. Credo anche che sia un riconoscimento per il lavoro fatto negli ultimi otto anni sul territorio, malgrado guidi un Dipartimento (ndr. quello delle istituzioni) percepito come poco simpatico, visto che non eroghiamo molti crediti, diamo multe e togliamo permessi. Dall’altra parte però diamo anche un senso di sicurezza e di ordine, e penso che questo elemento sia stato recepito».
Al netto del buon risultato personale, la Lega ha però vissuto un netto calo rispetto a quattro anni fa.
«Nonostante Giuliano Bignasca sia scomparso ormai sei anni fa, la Lega continua continua a essere una forza importante. Magari oggi ha più difficoltà che in passato a trovare il suo modo di essere, che non è più quello di vent’anni fa, né quello di dieci. Ma questo è nello stato delle cose: dobbiamo trovare la nostra forma,e una via è proprio l’alleanza con l’UDC. Mi dispiace comunque un po’ per il risultato di squadra, visto che abbiamo subito una flessione. Flessione marcata da un lato dalla minor partecipazione, e dall’altro dal non aver avuto un vero avversario da combattere per il seggio in Governo. i liberali hanno detto che puntavano al seggio dei socialisti, e per il PS era di conseguenza una battaglia di esistenza. Per il PPD era invece una battaglia interna per cambiare il cavallerizzo che correva per loro. Tutto ciò sommato credo che questo sia stato un po’ un handicap per noi in questa battaglia, visto che sia la rielezione di Claudio che la mia erano date quasi per assodate fin dall’inzione».
L’alleanza con l’UDC ha quindi messo in cassaforte il secondo seggio?
«A mio modo di vedere sì, anche se non abbiamo ancora la controprova numerica. Ma sono convinto che senza questa congiunzione avremmo avuto molte difficoltà in più a ottenere entrambe le riconferme. Congiunzione che per me è naturale, perché l’UDC e la Lega rappresentano un’area politica simile – pur con delle sfumature differenti – e sui temi cari ai ticinesi siamo veramente allineati».
Ci sarà un volto nuovo in Governo all’insediamento di mercoledì: cosa si attende da Raffaele De Rosa?
«Conosco Raffaele ormai da diversi anni. Giocavamo assieme nella squadra di calcio del Gran Consiglio, e siamo parte dello stesso club enogastronomico, che adesso diventerà il più potente del Ticino (ride, ndr.)! Ma alla fine a prevalere sarà la capacità mettersi al tavolo e affrontare temi e problemi per quel che sono, con l’obiettivo di trovare soluzioni nell’interesse del Ticino e dei ticinesi».
Con De Rosa crescono i rappresentati del Sopraceneri in Governo.
«Se guardo i risultati di De Rosa e i miei posso vedere come la barriera del Ceneri – che è una barriera psicologica – pian pianino si sta alzando. Si alzerà completamente con l’apertura del tunnel ferroviario nel 2020 che metterà a un quarto d’ora di distanza il centro di Lugano da quello di Bellinzona. Sono dati che dimostrano come i ticinesi ormai scelgono i loro rappresentanti indipendentemente dal territorio di provenienza. Credo che sia un cambio di mentalità importante per il nostro Cantone».
Nel suo futuro c’è ancora il Dipartimento delle istituzioni o ha voglia di cambiare?
Qualora venissi eletto come più votato del Consiglio di Stato e malgrado, come detto, quello delle istituzioni sia il Dipartimento meno simpatico, chiederei di tenerlo. Fare altrimenti sarebbe ingiusto soprattutto nei confronti dell’elettorato. Ma anche nei confronti dei miei collaboratori, che mi hanno sostenuto in questi ultimi otto anni».