Da www.ticinonews.ch
Così il vicepresidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi a Fuorigioco @ home: “Tutto dipenderà dall’evoluzione del virus, ma le istituzioni stanno facendo la loro parte”
Il Direttore del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi, è intervenuto questa sera nell’ambito della trasmissione “Fuorigioco @ home”, trasmessa in diretta sulla pagina Facebook di Teleticino. Il vicepresidente del Consiglio di Stato ha inizialmente ripercorso le ultime, intensissime settimane: “Era impossibile ipotizzare qualcosa di simile a capodanno 2019; le prospettive qualche mese fa erano decisamente diverse. Anche per lo sport, perché nessuno credo avrebbe mai potuto immaginare l’annullamento o lo spostamento di eventi come i campionati nazionali, gli Europei e le Olimpiadi”.
In questo momento così delicato una delle sfide più difficili è quella della ricerca dell’equilibrio tra le esigenze della salute pubblica e dell’economia: “È un po’ come quando nell’ambito della sicurezza, devi garantire quest’ultima senza al contempo andare a intaccare la libertà di ognuno. Riuscire a farcela è difficile, anche perché non si può ragionare in maniera lineare come siamo abituati a fare solitamente. Al contrario, ogni giorno si deve tornare a riflettere e rivalutare su diversi aspetti, prima di prendere una decisione”. Senza contare che – rispetto ad altre situazioni – non ci si può nemmeno aggrappare agli insegnamenti derivanti dal passato, visto che si tratta di una problematica inedita: “Esatto, la mancanza di informazioni non ci permette di essere strutturati e coordinati a livello di Paesi. Le crisi epidemiche si ripropongono ciclicamente, ma questa è la prima volta da diversi anni che tocca tutti in maniera così sentita. A livello mondiale molti governi hanno adottato approcci differenti per gestire questa pandemia, creando un po’ di disorientamento. Soltanto adesso, a settimane di distanza, i dati che emergono stanno permettendo di trarre le prime conclusioni su chi ha agito meglio. Il tutto poi è stato fin qui messo a dura prova da una mobilità che rispetto al passato, al giorno d’oggi è totalmente differente e ci espone a dei rischi. L’Islanda, ad esempio, è un’isola separata dal resto dell’Europa. Eppure, nonostante non sia strettamente a contatto con una zona rossa come il Ticino – e abbia circa lo stesso numero di abitanti del nostro cantone – ha comunque fatto registrare diversi casi positivi di coronavirus”.
Per quel che concerne le discussioni tra Berna e il Consiglio di Stato, Gobbi ha espresso soddisfazione: “Fino ad ora ci hanno capiti, permettendo – al di là delle leggi federali – di avere delle finestre regionali di crisi che noi abbiamo chiesto e ottenuto. Questo è importante, perché dimostra la sensibilità di un Consiglio Federale in grado di comprendere che ogni cantone è confrontato con una situazione differente, come dimostra ad esempio il tasso di ospedalizzazioni, che in Ticino è più elevato che in altre regioni elvetiche. Questa attenzione da parte del Consiglio Federale ha permesso di tutelare il più possibile sia il territorio che le aziende”.
Il Direttore del Dipartimento delle istituzioni ha poi espresso il suo parere su quanto sta accadendo anche in ambito sportivo, dove a regnare sovrana è l’incertezza: “Come e quando lo sport potrà riprendere dipenderà dall’evoluzione del virus. Trovare una risposta è difficile, tant’è vero che persino l’Oktoberfest è stata annullata oggi con oltre cinque mesi di anticipo rispetto alla manifestazione. I club ticinesi attivi nelle leghe nazionali si sono informati per determinare come e quando riprendere gli allenamenti, soprattutto quelli in gruppo per gli sport di squadra. L’introduzione di sedute a gruppetti ridotti è un tema, ma nulla è ancora stato deciso. Ogni passo verrà monitorato ed effettuato in maniera proporzionale. Ci tengo però a sottolineare che lo sport individuale non è proibito e gli sportivi d’élite devono continuare ad allenarsi – con le dovute precauzioni – per farsi trovare pronti alla ripresa delle attività”.
La situazione però è diversa da sport a sport, con ad esempio l’hockey che non sa se potrà ripartire a settembre e il calcio che invece dovrebbe ancora terminare la stagione attuale: “I punti interrogativi sono diversi. Tornare a giocare a porte chiuse potrebbe creare difficoltà dal punto di vista della resa economica, con una mancanza di introiti derivanti dal pubblico. Sappiamo però anche che andare allo stadio e vedere una partita – specialmente in curva – comporta una vicinanza con altri individui che non si trova per esempio a teatro. Le problematiche da legate a igiene e distanze sociali sarebbero dunque più difficili da risolvere e contenere. Questa pandemia ci ha toccato negli ultimi due mesi e purtroppo probabilmente ci accompagnerà anche nei prossimi, per questo per decidere quali saranno i prossimi passi bisognerà valutare l’evoluzione del virus”.
Un aiuto per club e manifestazioni sportive sta però giungendo dalle istituzioni: “La Confederazione ha compreso la gravità della situazione, interrompendo subito i vari tornei e fornendo delle rassicurazioni economiche, legate in particolare all’indennità per lavoro ridotto. Dal canto nostro, come cantone abbiamo sospeso l’intimazione delle quote per la partecipazione ai costi della sicurezza. Evidentemente queste misure non possono coprire tutti i danni e i costi che ancora vi sono e che ci saranno in futuro, come quelli fissi legati alle infrastrutture (seppur minori ora che tutto è fermo), ma credo che Ticino e Svizzera abbiano dato delle risposte corrette fin qui. Ora bisognerà valutare come affrontare il futuro”.