Da leventinese mi è piaciuta molto la chiusura fatta dal direttore di questo giornale, Paride Pelli, nel suo editoriale di ieri dedicato alla realizzazione del nuovo Polo sportivo e degli eventi. «E chissà che non venga in suo soccorso un altro grande progetto sportivo, la Gottardo Arena, che ha avuto il potere di rilanciare in men che non si dica l’Ambrì Piotta a livello di immagine e di entusiasmo. Perché, alla fine, è proprio d’entusiasmo che vivono lo sport e le città». Da consigliere di Stato – e dopo che il Municipio in corpore si è esposto per sostenere il progetto contro il referendum – ritengo che davvero la Città di Lugano abbia bisogno di questo progetto.
La qualità di vita residenziale dei luganesi ne trarrà grande beneficio, tanto quanto ne ha avuto dall’apertura del polo culturale, con la realizzazione del LAC. Questi grandi progetti attraggono, aggregano e influenzano positivamente il vivere quotidiano.
Accanto al FC Lugano, che a questa realizzazione affida il suo futuro sportivo immediato, tante altre società potranno continuare a proporsi ai loro affiliati. Molti giovani, ma non solo, confidano in una scelta di prospettiva domenica 28 novembre. Come ha scritto Paride Pelli: una scelta nel segno dell’entusiasmo. E sappiamo quanto l’entusiasmo sia il motore che ci permette di percorrere le strade della nostra esistenza.
Combattere il Polo sportivo sotto questo aspetto diventa arduo. E così gli oppositori – coalizzatisi tra chi godrebbe nel veder cadere il Municipio di Lugano per una mera speculazione politica e chi godrebbe nel mantenere i propri interessi di bottega – giocano la carta dell’inaffidabilità del connubio pubblico-privato per finanziare tutta l’operazione. Il «privato» infatti viene dipinto come il nemico del bene, che farà i suoi sporchi interessi, a danno del «pubblico», cioè di tutti noi.
Sappiamo invece come la collaborazione pubblico-privato nella realizzazione e nel finanziamento delle grandi opere spesso sia la soluzione ottimale, che permette al «pubblico» di concretizzare progetti altrimenti non fattibili (per le difficoltà delle sue finanze) e al «privato» di investire (tanti soldi) in progetti che possono avere un positivo ritorno finanziario. Con beneficio reciproco. Senza dimenticare che se il «privato» sta bene, anche il «pubblico» si strofina le mani.
Opinione pubblicata nell’edizione di venerdì 22 ottobre del Corriere del Ticino