Tutele e professionalizzazione delle presidenze, le critiche di alcuni Municipi. Le repliche dell’ex relatore e del ministro.
Il Municipio di Torricella-Taverne si chiede se il Consiglio di Stato “non abbia agito con una certa leggerezza aderendo immediatamente a una proposta formulata durante la seduta (del parlamento, ndr) e di cui lo stesso governo non ha valutato le conseguenze o sentito chi come noi deve poi rendere operative le decisioni prese dai consessi superiori” (lettera del 12 ottobre). L’Esecutivo di Lamone afferma che “determinate strutture (le Commissioni tutorie regionali, ndr) non possono essere modificate con improvvisazioni parlamentari dettate dalla politica”, senza “attente ponderazioni” degli effetti che “tali modifiche comportano” (lettera del 17 ottobre). Parole che riprendono quanto segnalato in una lunga missiva del 9 ottobre del Municipio di Massagno, che ritiene la decisione presa dal Gran Consiglio, “con l’avallo” dell’Esecutivo cantonale, “alquanto improvvisata”.
Non si sono fatte attendere le reazioni dei comuni, o perlomeno di una parte degli enti locali, al riassetto delle Commissioni tutorie regionali, le Ctr, stabilito lo scorso mese dal parlamento.
La professionalizzazione
Varando nella seduta del 26 settembre gli adeguamenti, indicati da governo e maggioranza commissionale, delle norme ticinesi al nuovo diritto tutorio federale, in vigore dal prossimo 1° gennaio, il Gran Consiglio ha sottoscritto pure alcuni emendamenti. Che si sono tradotti in ulteriori modifiche della Legge cantonale su organizzazione e procedura in materia di tutele e curatele al centro della riforma elaborata dall’Esecutivo nell’attesa del passaggio al cosiddetto modello giudiziario. Confezionati dalle deputate Rückert (Lega), Kandemir Bordoli (Ps), Gysin (Verdi) e Viscardi (Plr), gli emendamenti mirano a professionalizzare le Autorità regionali di protezione (Arp), come si chiameranno dal 1° gennaio le attuali diciassette Commissioni tutorie regionali. Concretamente, il grado di occupazione dei presidenti delle Arp “non potrà essere inferiore all’80 per cento”. Un cambiamento di non poco conto che il Consiglio di Stato ha provveduto a ricordare ai Municipi dei comuni sede delle Ctr con una circolare datata 3 ottobre. “Si aprono a questo punto due scenari: il primo consiste nel diminuire il numero dei presidenti demandando al ‘professionista’ il compito di svolgere la propria attività su più comprensori; il secondo impone la riduzione del numero delle Ctr”, scrive far l’altro il governo. Il quale in parlamento, per bocca del titolare del Dipartimento istituzioni, aveva dato l’adesione manifestando però qualche perplessità e ottenendo comunque un rinvio di sei mesi, dunque al 1° luglio 2013, dell’applicazione della norma per la ‘professionalizzazione’ delle presidenze delle Ctr/Arp.
Lo scritto del Consiglio di Stato ha tuttavia portato alcuni Municipi a formalizzare, nero su bianco, le loro critiche agli emendamenti adottati dal parlamento cantonale. Come quelle contenute nelle lettere, citate all’inizio, all’indirizzo del governo. “Il Municipio di Massagno, come Comune sede della Ctr 5, ha provveduto a nominare per la legislatura comunale appena cominciata (2012-2016) il presidente della Ctr del proprio comprensorio al rispettivo grado di occupazione (20 per cento, con un comprensorio territoriale di undici comuni di periferia urbana per un totale di comunque oltre 25mila abitanti!) e quindi molto inferiore all’80 per cento previsto ora. Nonostante la predetta nomina come dobbiamo comportarci?”, annota fra l’altro l’Esecutivo sottocenerino. Queste e altre le osservazioni di Massagno (vedi pure laRegione del 12 ottobre a pagina 17), condivise da Lamone, che è nella Ctr 5, e da Torricella-Taverne, comune a sua volta sede di una Commissione tutoria regionale. « Con la professionalizzazione delle Ctr si prospettano per gli enti locali nuovi oneri finanziari », sostiene Riccardo Calastri , alla testa della neonata Associazione dei comuni ticinesi.
‘Nessun passo affrettato’
Il socialista Nenad Stojanovic , relatore in Gran Consiglio del rapporto di maggioranza sugli adattamenti ticinesi alle nuove disposizioni federali nel campo delle tutele, respinge le critiche. « In parlamento non c’è stata alcuna improvvisazione– puntualizza il deputato –. In Commissione della legislazione ci siamo occupati di questa riforma per mesi, ponderandola e tenendo conto anche delle varie risposte date dai comuni durante la procedura di consultazione avviata a suo tempo dal Consiglio di Stato. Peraltro l’intenzione di proporre degli emendamenti era stata annunciata dalle colleghe alla commissione con largo anticipo. Insomma il parlamento ha deciso ciò che ha deciso con cognizione di causa dopo aver valutato tutti gli aspetti: niente passi affrettati ». Stojanovic si sofferma poi su un punto della missiva di Massagno al governo, quello concernente l’avvenuta designazione del presidente della Ctr. « Secondo però le norme precedentemente in vigore – rammenta l’ex relatore di maggioranza – il termine ultimo per la nomina era il 30 settembre dopo le elezioni comunali. Il Municipio sapeva che il messaggio era stato licenziato dal Consiglio di Stato lo scorso marzo, che la commissione parlamentare lo stava esaminando, che della revisione della legge cantonale si discuteva dal 2008 con perizie e gruppi di lavoro e che si ventilavano riforme anche incisive per modificare il sistema. Per la nomina del presidente poteva allora aspettare fino al 30 settembre, il citato termine, ovvero a decisione parlamentare intervenuta ».
Sulla stessa lunghezza d’onda il capo del Dipartimento istituzioni. « Purtroppo qualche errore certi comuni lo hanno fatto designando i presidenti delle Ctr quando il nuovo testo di legge non era ancora definitivo », osserva Norman Gobbi . C’è chi rimprovera il governo di aver agito “con leggerezza”… « Come Consiglio di Stato sia nel messaggio sia in occasione del dibattito in parlamento abbiamo esposto le ragioni del nostro no alla professionalizzazione – evidenzia il ministro –. Ma di fronte al netto sì del Gran Consiglio all’emendamento per professionalizzare di fatto le presidenze delle commissioni tutorie regionali non potevamo che prenderne atto. Ho tuttavia chiesto, e la cosa è stata accettata, che l’introduzione di questa norma fosse rimandata di sei mesi. Accolta questa condizione, abbiamo dato l’adesione alla decisione presa dal parlamento, proprio per permettere l’entrata in vigore di tutte le altre disposizioni ticinesi in materia di tutele con il prossimo 1° gennaio e dar seguito così alla richiesta delle autorità federali ».
I mesi a venire, spiega ancora Gobbi, « ci serviranno per capire se sia possibile, e con quali modalità, implementare la norma sulla professionalizzazione. Bisognerà capire anche se abbia un senso implementarla, dato che potrebbe decadere con l’adozione fra quattro, al massimo sei anni, del modello giudiziario, caldeggiato dal Gran Consiglio, e l’eventuale conseguente soppressione delle Ctr ».
di Andrea Manna, LaRegione Ticino