‘Controllo autori di reati, il nostro sistema molto performante’

‘Controllo autori di reati, il nostro sistema molto performante’

In ventidue cantoni adottati nuovi braccialetti elettronici, in Ticino non è stato ritenuto necessario. Sorveglianza attiva? ‘Avanti con le riflessioni’

«È da parecchi anni che in Ticino utilizziamo un tipo di braccialetto – o meglio di cavigliera – di monitoraggio elettronico dei detenuti che riteniamo molto performante, anche rispetto a quello appena introdotto nei 22 cantoni che fanno parte dell’associazione Electronic Monitoring (EM). Associazione a cui, una valutazione d’insieme, ci porta a non avere la necessità di aderire, a meno che in futuro sviluppi, oltre alla sorveglianza passiva, anche quella attiva. In tal caso potremmo considerare un cambiamento di fornitore». Il riferimento di Frida Andreotti, direttrice della Divisione della giustizia del Dipartimento istituzioni (Di), è a “Swiss-Eagle”, un nuovo sistema di monitoraggio elettronico introdotto a fine dicembre nella maggior parte dei cantoni. La notizia è stata annunciata alcuni giorni fa dalla Conferenza delle direttrici e dei direttori dei dipartimenti cantonali di giustizia e polizia (Cddgp) e dall’associazione EM.

«Il Ticino – ripercorre Andreotti – ha una storia ultra-ventennale di utilizzo della cavigliera elettronica. Nel 1999 siamo stati tra i primi cantoni all’interno della Confederazione a condurre un esperimento pilota in questo senso. Nel frattempo, nel 2016-’17, ci siamo dotati di un nuovo dispositivo con Gps, all’avanguardia rispetto ad altre regioni». Geosatis, così si chiama il sistema adottato a Sud delle Alpi, «è fornito da una ditta giurassiana – rende noto la capadivisione –. Come altri tre Cantoni, abbiamo deciso di continuare a impiegarlo, anche dopo un confronto con i nuovi apparecchi Swiss-Eagle, forniti da una ditta con sede principale all’estero. È vero che il nostro è forse più ingombrante, ma al contempo, con un unico apparecchio, è garantita un’elevata precisione per la localizzazione, la ricezione WiFi, una maggior ergonomia, una maggior durata della batteria, un’applicazione correlata per smartphone, si può aprire a distanza e ha costi concorrenziali, se non inferiori».

Uso in ambito civile per stalking o violenza domestica: solo due volte
A gestire le cavigliere è l’Ufficio dell’assistenza riabilitativa che fa capo alla Divisione della giustizia. «Ne abbiamo 25 in dotazione e li utilizziamo principalmente nella fase di esecuzione della pena» evidenzia Andreotti. Invece di farla scontare in una struttura carceraria, il giudice dei provvedimenti coercitivi ha la possibilità di optare per questo sistema. La persona è controllata e ha un piano giornaliero da rispettare, che stabilisce quando deve trovarsi a casa e quando può recarsi al lavoro. Il braccialetto è concesso a determinate condizioni, tra le quali quella che la persona non deve presentare una pericolosità accresciuta, e ha una funzione riabilitativa, in quanto permette di seguire un percorso di espiazione della pena senza l’allontanamento dalla società. Di recente è stato ad esempio concesso a una signora con due bambini a casa, la quale ha potuto garantire il suo ruolo genitoriale». I braccialetti elettronici, aggiunge la direttrice della Divisione, «vengono impiegati anche dai procuratori pubblici quali misure sostitutive dell’arresto, e durante i congedi dei detenuti». Benché in modo molto limitato, «come nel resto della Svizzera – precisa –, da tre anni a questa parte sono usati anche nell’ambito civile, quando il pretore, su richiesta della vittima di violenza domestica o stalking, può ordinarne l’applicazione agli autori che devono rispettare il divieto di accedere a una determinata area». In Ticino, rileva Andreotti, è stato usato in questo contesto solo in due occasioni.

Attualmente l’unica sorveglianza elettronica possibile è quella passiva, ovvero con la registrazione dei movimenti e una loro verifica a posteriori. Da più fronti, però – quali i granconsiglieri Sabrina Aldi (Lega) e Fiorenzo Dadò (Centro) con una mozione, la Commissione parlamentare giustizia e diritti, i collettivi e coordinamenti femministi – si chiede l’introduzione della sorveglianza attiva per i casi di violenza domestica, dotando anche le vittime che ne fanno richiesta di un dispositivo che avvisi in caso di pericolo e di un pulsante per allertare la polizia, e questo sul modello impiegato in Spagna, dove il tasso di femminicidi è tra i più bassi in Europa. E proprio in Spagna, a gennaio 2023, Andreotti si è recata con una delegazione della Cddgp per comprendere meglio il sistema d’intervento messo in atto nel Paese. Come si legge nel messaggio del Consiglio di Stato del 22 novembre 2023 relativo alla citata mozione Dadò-Aldi, per il governo il sistema spagnolo “appare attualmente difficilmente trasponibile nel suo insieme alla realtà svizzera come pure a quella ticinese”.

‘Problema di conformazione del territorio’
La strategia spagnola di sorveglianza elettronica, volta a combattere la violenza di genere – spiega il messaggio – “è sfociata nel ‘Patto nazionale contro la violenza di genere’ del 2017. Esso comprende una specifica legislazione di diritto penale e civile gestita da tribunali specializzati in ambito di violenza domestica. La realizzazione di tale strategia è costata un miliardo di euro sull’arco dei primi 5 anni di progettazione e implementazione, comportando al contempo l’assunzione di un considerevole numero di collaboratori specializzati”.
Commenta Andreotti: «Un sistema del genere non si crea dall’oggi al domani. E deve trovare una condivisione anche tra i cantoni». Inoltre, tiene a precisare la capadivisione della Giustizia, «si tratterebbe di un mezzo in più, ma che non garantirebbe la completa protezione della vittima. In Ticino abbiamo tra l’altro un problema di conformazione del territorio, in quanto c’è il rischio che autore e vittima risiedano a pochi chilometri di distanza, rendendo vano un intervento tempestivo, oltre al fatto di illudere la persona vittima di violenza sull’efficacia della protezione».
L’intenzione del Dipartimento istituzioni è però di andare avanti nelle riflessioni sul tema, assicura Andreotti, considerando anche il bilancio dell’esperienza in corso nel Canton Zurigo.

Articolo pubblicato nell’edizione di lunedì 10 febbraio 2025 de La Regione