Il Direttore del Dipartimento delle Istituzioni: “Più agenti per migliorare la sicurezza nelle zone di confine. E continueremo con le operazioni di polizia”. Con l’esplosione dell’immigrazione clandestina di questi mesi, tutta Europa si sta confrontando con il tema della sicurezza. Specialmente in Ticino, porta d’accesso per i clandestini che dall’Italia si dirigono verso Nord. Sfide che vedono molto impegnate le autorità ticinesi, che si stanno adoperando per coordinare al meglio le risorse disponibili, come spiega il Direttore del Dipartimento delle Istituzioni Norman Gobbi.
Norman Gobbi, questa settimana è terminata un’operazione di polizia, durata ben 3 settimane, che ha contrastato diversi fenomeni di illegalità. Al di là dei fermi (ben 46 con 4 arresti, ndr), è stata indicativa per valutare lo stato della sicurezza in Ticino?
Quest’operazione svoltasi nel Sottoceneri con un importante dispiegamento di uomini aveva quale obiettivo la diminuzione dei reati, identificare e fermare gli autori dei medesimi, nonché migliorare la fiducia e il contatto tra il cittadino e le forze dell’ordine. E con 256 pattugliamenti, 383 posti di controllo con 2’274 persone controllate e 1’539 veicoli controllati, lo scopo è stato sicuramente raggiunto. Operazioni simili sono indicative per cogliere la percezione soggettiva della sicurezza nella popolazione. La presenza aumentata delle pattuglie di polizia, unitamente alle guardie, è infatti stata ben accolta dalla maggior parte della gente. Popolazione che ha dovuto comunque convivere con i disturbi causati, ad esempio, dal rumore causato dai sorvoli in elicottero.
Quando si parla di criminalità transfontaliera, impossibile non trattare il discusso tema dei controlli alle frontiere…
La Polizia cantonale, unitamente alle Guardie di Confine, e anche attraverso la collaborazione puntuale di tutti i partner sul nostro territorio, sta svolgendo un importantissimo lavoro sul terreno, come pure un fine lavoro d’indagine nel campo della migrazione clandestina e nel contrasto del fenomeno definito “pendolarismo del furto”. Fenomeno che, quest’anno e dati alla mano, possiamo dire che è più contenuto rispetto agli anni passati, grazie anche al grosso lavoro di prevenzione e di attività giudiziaria svolto dai nostri agenti. Il presidio del confine tra Svizzera e Italia è quindi centrale nella strategia di preservare il nostro Cantone da questi fenomeni e soprattutto dai suoi effetti; per farlo, abbiamo bisogno di risorse e soprattutto svincolarci dall’accordo di Schengen, riponendo i controlli alle frontiere. Infatti, visto che l’Italia non assume il suo compito nell’ambito della migrazione clandestina, si può desumere che la frontiera esterna dello spazio Schengen non funzioni e quindi i controlli alle frontiere siano più che giustificati, oltre che per i motivi legati al presidio del territorio.
Zali ha annunciato un censimento per i frontalieri. Ci sarà un coordinamento con il Dipartimento delle Istituzioni?
Da anni il Dipartimento del territorio effettua regolarmente azioni di monitoraggio dei veicoli in transito nel nostro Cantone alfine di elaborare delle strategie volte alla riduzione del traffico. Il Dipartimento delle istituzioni non è di regola coinvolto. Dal 2007, data dell’ultimo monitoraggio, ad oggi, è tuttavia sotto l’occhio di tutti come il traffico abbia raggiunto dimensioni preoccupanti, tant’è vero che i frontalieri sono circa 20’000 in più rispetto al 2007. Ritengo quindi più che giustificata l’iniziativa di monitoraggio decisa dal collega, accompagnati dai regolari controlli della Polizia cantonale sugli assi d’entrata dall’Italia per verificare la velocità, lo stato dei veicoli ed eventuali abusi in materia di normative sul lavoro distaccato (padroncini).
Le carceri svizzere, e il Ticino non fa eccezione, sono sovraffollate. E’ d’accordo con la proposta del Canton Ginevra di far scontare ai detenuti stranieri la pena nelle carceri dei rispettivi paesi?
Personalmente mi sono mosso prima che la cosa nascesse nel Canton Ginevra. Ad inizio anno avevo proposto alla Consigliera federale Sommaruga di avviare un progetto con la Romania, in modo che parte dei fondi stanziati dalla Svizzera per la coesione venissero almeno utilizzati per scopi utili anche al nostro Paese, ossia costruire una prigione in Romania e rinviare i detenuti rumeni delle prigioni svizzere nel loro paese d’origine a scontare la pena. Quindi, decisamente sono d’accordo; purtroppo mi accorgo che la volontà a livello federale per attuare questa misura è scarsa! Infatti, il dipartimento federale ha interposto diversi problemi, per me risolvibili.
Sono cominciati i lavori di preparazione per il nuovo centro asilanti di Losone: ci saranno misure particolari di sicurezza?
La gestione del Centro di Losone è di competenza delle Autorità Federali e quindi anche la sicurezza al suo interno, così come in alcuni luoghi sensibili come i centri commerciali o altri spazi pubblici. In accordo con le locali Polizie comunali e il Municipio di Losone, è stato valutato un piano d’intervento regionale, per eventuali fatti particolari che si potranno verificare. Importante sarà occupare i richiedenti con lavori di pubblica utilità nella regione e a favore della comunità.
A proposito di immigrazione, in Italia la Polizia è preoccupata per i casi di tubercolosi contratta da agenti. Come viene gestito questo problema in Ticino, vista anche la minaccia dell’ebola?
La Polizia cantonale è cosciente dei rischi legati alle malattie infettive: il rischio di contagio è sempre presente, e questo in ogni intervento anche in casi privi di aspetti legati all’immigrazione. In Ticino vi furono già casi di TBC legati all’immigrazione e quindi i servizi sono preparati. L’Ufficio del Medico cantonale ha elaborato, con la Federazione cantonale ticinese Servizi Ambulanze e l’EOC, un concetto di diagnostica e presa a carico di sospetti in caso di malattie simili. La Polizia potrà senz’altro in caso di necessità far capo, come tutti i cittadini, ai servizi preposti.
I militanti dell’Isis si stanno infiltrando in tutta Europa. In Ticino come si sta affrontando questa minaccia?
La minaccia che rappresenta l’Isis è certo preoccupante anche per il nostro Paese, poiché subdola e strisciante. Il Dipartimento che dirigo è intervenuto immediatamente presso il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport che ci ha informati in merito alle nostre limitate competenze cantonali. In ogni caso, il tema è monitorato costantemente dal Servizio delle attività informative della Confederazione che a sua volta informa regolarmente le Polizie dei vari Cantoni. Il Ministero pubblico della Confederazione interviene poi, per esempio, in caso sospetti di sostegno a movimenti jihadisti e quindi a organizzazioni criminali. Ci siamo quindi mossi subito e abbiamo segnalato la disponibilità delle nostre forze di sicurezza, in modo – anche qui – di servire all’intera Svizzera quali guardiani della Porta Sud della Confederazione.
MATTIA SACCHI, Il Mattîno della domenica, 21.09.2014
Norman Gobbi
Classe 1977, è stato eletto in Consiglio di Stato nel 2011, a soli 34 anni, prendendo la direzione del dipartimento delle istituzioni. Prima della sua elezione, è stato consulente in comunicazione e marketing. Sposato con due figli, è un sostenitore dell’esercito e un appassionato di cucina e di hockey.