Articolo pubblicato su La Regione nell’edizione di martedì 5 dicembre 2017.
La radicalizzazione e gli estremismi violenti si combattono anche con la prevenzione. Ne sono convinti i Comuni, i Cantoni, le Città e la Confederazione che hanno deciso di unire le forze per condividere le “buone esperienze” e «permettere così a ogni realtà di mettere in campo quelle giuste». No r ma n Gobbi, consigliere di Stato ticinese e membro del comitato direttivo della Conferenza dei direttori dei Dipartimenti cantonali di giustizia e polizia, sa di cosa parla, essendo il Ticino non estraneo a fenomeni di radicalizzazione o estremismo violento – come ha dimostrato l’arresto la primavera scorsa del reclutatore dell’ISIS – e al tempo stesso Cantone già attivo, con il “Pro gramma d’integrazione cantonale PIC 2”, nella prevenzione e nella presa a carico di eventuali casi o segnalazioni sospette. Ciò non di meno, è importante unire le forze. Da qui la creazione di un “Piano di azione nazionale” contenente 26 misure, non vincolanti «che si fondano sui numerosi sforzi già in atto e completa i progetti legislativi in corso volti a potenziare la lotta al terrorismo», ha detto la direttrice del Dipartimento federale di giustizia e polizia, Simonetta Sommaruga ieri a Berna, presentando insieme a Gobbi il “Piano di azione”. «Non si deve aspettare che il terrorismo si presenti per prendere misure», ha aggiunto la consigliera federale. «Deve essere intrapreso un lavoro di prossimità e quotidiano», ha affermato. Le persone attive in ambienti educativi, sociali e giovanili, si è aggiunto, devono essere sensibilizzate e vedersi proporre formazioni e corsi di aggiornamento appropriati: devono essere in grado di riconoscere precocemente i segnali e i pericoli di radicalizzazione e agire in modo adeguato. Se necessario, devono avere inoltre la possibilità di rivolgersi a un servizio specializzato. «Sappiamo che la radicalizzazione può passare anche attraverso i luoghi di culto e i centri culturali – rimarca Gobbi – ma evidentemente il “Piano di azione” è contro tutto l’estremismo violento che rappresenta una minaccia per lo Stato e la popolazione», precisa il consigliere di Stato ticinese. Questo perché «è importante che funzioni la prevenzione, ma anche l’aspetto repressivo non deve essere da meno», precisa Gobbi. Si spiegano così le modifiche alle basi legali su scala nazionale in dirittura d’arrivo che permetteranno «di lottare meglio contro l’estremismo e la radicalizzazione anche da punto di vista penale», annota il ministro della giustizia ticinese. Nel frattempo Cantoni, Città e Confederazione affilano le armi dal punto di vista della prevenzione. A cominciare dal Consiglio federale che la scorsa settimana ha preso atto del “Piano” e manifestato l’intenzione di promuovere la sua attuazione con un programma d’incentivazione quinquennale. Cinque milioni dovrebbero essere investiti per sostenere progetti sviluppati a livello cantonale e comunale o lanciati dalla società civile. Iniziative sono già ad esempio state lanciate a Ginevra, dove il Cantone sta per mettere in azione una rete di 250 “referenti” nelle scuole che potranno informare l’insieme del personale sui primi segni di radicalizzazione. Un altro progetto, sempre sulle rive del Lemano, è quello di introdurre una formazione obbligatoria fino a 18 anni per evitare che i giovani si ritrovino marginalizzati e inoperosi, giacché la marginalizzazione è spesso il nido della radicalizzazione. Il concetto del “Piano” è insomma chiaro. «Mettere in rete le buone esperienze e nello stesso tempo stimolare a fare di più – annota Gobbi – così da prevenire la radicalizzazione e l’estremismo violento».