Col San Gottardo non si scherza

Col San Gottardo non si scherza

Da tre anni prima di passare la galleria i camion sono obbligati a fermarsi a Giornico «Abbiamo allenato gli occhi alla sicurezza»

Il giovane camionista del Kirghizistan aspetta guardando il telefono cellulare. È seduto davanti al suo camion targato Lituania che è passato al setaccio dagli assistenti di polizia. Alan Combi e Mario Galvan sono due di loro. Indossano pettorine e vestiti gialli fosforescenti e come i loro colleghi hanno una specializzazione particolare per lavorare al Centro di controllo dei veicoli pesanti di Giornico. Perché devono essere un po’ poliziotti, un po’ meccanici e un po’ autisti. Combi è sotto il camion. Galvan alla guida. Assieme, stanno testando tutti i possibili punti deboli del mezzo pesante, come i freni, anche se in realtà guardano tutto. Dai bulloni al parabrezza, passando per il motore, le ruote, il telaio e gli assi. Controllano a fondo senza trovare niente che non va. Il giovane camionista del Kirghizistan alza lo sguardo dal telefono. Poco prima ha dovuto spiegare a Galvan come mai sul tachigrafo è risultato che ha guidato più delle quattro ore e mezza consentite prima di fare una pausa di 45 minuti. «Ha detto che stava cercando parcheggio, per quello ha sforato di 20 minuti». Anche se non sono emerse altre irregolarità gravi, né sul suo conto, né sul veicolo, non si potrà fare finta di niente. Per lui è pronta una multa di 100 franchi. Perché rispettare i tempi di riposo così come guidare un camion in perfette condizioni non sono due questioni di poco, soprattutto poco prima di mettersi in strada in direzione della galleria autostradale del San Gottardo.

A 24 anni dalla tragedia
Anche se sono passati 24 anni dal terribile incidente tra due TIR che si verificò dentro al tunnel e costò la vita a 11 persone, il ricordo di quella tragedia è come se aleggiasse sempre qui, dove fino al settembre 2022 non c’era il Centro di controllo dei veicoli pesanti, ma solo l’area dismessa dell’ex acciaieria Monteforno.
Questo perché la genesi del progetto nacque proprio un anno dopo la tragedia, nel 2002. Affinché non potessero ripetersi più incidenti come quello del 24 ottobre 2001, vennero introdotte tutta una serie nuove misure di sicurezza in galleria, ma anche fuori, come il sistema del contagocce (adottato nel settembre 2002), che scagliona l’ingresso dei camion nella galleria, e la creazione, appunto, di nuovi Centri di controllo per dosare, ma anche verificare i mezzi pesanti. «Oggi questi Centri in tutta la Svizzera sono 12; il primo fu aperto nel 2009 a Ripshausen nel Cantone di Uri», annota Franco D’Andrea, ufficiale della polizia cantonale responsabile del Centro di Giornico, dove l’anno scorso, come si è appreso a fine marzo, sono stati controllati 12 mila i veicoli pesanti, da cui sono emersi 3 mila casi di irregolarità.

Un’area immensa
I camion che vogliono attraversare il San Gottardo sono obbligati a uscire a Giornico, dove è stato realizzato uno svincolo autostradale anche per le auto, che però non possono entrare nell’area del Centro. Un’area enorme, in realtà, che con i suoi 170mila metri quadri può arrivare ad accogliere fino a 640 camion, prima che questi inizino a occupare la corsia a loro riservata sull’autostrada. «Non capita spesso di riempirla, anzi, è raro, ma è già successo», sottolinea D’Andrea. Per prima cosa gli autisti devono attraversare una specie di casello. Gli assistenti di polizia con cui devono interfacciarsi hanno già visto grazie a telecamere, sensori e bilance sotto il manto stradale, se i loro mezzi sono in regola. È il primo controllo. A cui possono seguirne altri. « A contare è sicuramente l’esperienza – riprende D’Andrea – un assistente di polizia attento si accorge subito se qualcosa non torna anche dopo un primo controllo positivo». Se è il caso, il camion non può quindi mettersi in fila per tornare in autostrada, ma sottoporsi ad altre verifiche. Una di queste è ovviamente più approfondita della prima.

La scatola nera
Stavolta tocca a un TIR targato Lituania. A guidarlo è il giovane camionista del Kirghizistan di prima. Combi e Galvan iniziano l’ispezione. Sarà la prima di due. Torcia alla mano vengono osservati i freni, le gomme, il frontale, gli specchietti, la tela che avvolge il mezzo e se ci sono o meno sporgenze. Anche il peso è molto più dettagliato e approfondito. Inoltre, si prendono i dati del tachigrafo, che è una specie di scatola nera del TIR. Sullo schermo del computer in cui sono stati riversati i dati Galvan può tornare indietro di 56 giorni e scoprire per quanto tempo il giovane camionista ha guidato, ma anche quanto è andato veloce. È così che Galvan nota ad esempio che il giovane ha superato i limiti di velocità in Germania, poco sotto Monaco di Baviera. Non può multarlo perché il fatto non si è verificato in Ticino ma può sicuramente tenerne conto.
Nel controllo successivo a cui sarà sottoposto il mezzo, Combi andrà ancora più in là. Sceso in una buca scavata sotto il livello della strada controllerà il veicolo anche dal basso e in particolare verificherà se il misuratore di chilometri percorsi è stato manomesso. «Purtroppo è tecnicamente possibile farlo, ma abbiamo i mezzi per rilevarlo, anche se trovano sempre degli espedienti nuovi». Oltre a manomettere il misuratore sotto il camion, gli autisti che vogliono infrangere le regole possono anche agire sul tachigrafo stesso, che è posizionato dentro la cabina. Stavolta non è comunque il caso. Superata anche la terza verifica, il giovane camionista può rimettersi in strada.

Il museo degli orrori
Non sempre va così. D’Andrea, Combi e Galvan salgono le scale dell’edificio dove si eseguono i controlli tecnici più approfonditi per mostrare ciò che può essere considerato un piccolo museo dell’orrore. Gomme usurate, quasi a pezzi. Freni e dischi arrugginiti e crepati. Telai e parti di essi altrettanto lacerati. «Per fortuna non è sempre così, ma…». Ma qui a Giornico è capitato. Come del resto è successo lo scorso 26 marzo e reso noto a inizio aprile, quando un 36.enne camionista della Macedonia del Nord che stava transitando dal Centro è stato multato e denunciato assieme al proprietario del veicolo per grave infrazione alla Legge federale sulla circolazione stradale. Il TIR che stava guidando superava la lunghezza massima prevista e presentava soprattutto un’importante lacerazione al telaio.

Il giusto approccio
«Il nostro approccio è improntato su professionalità, correttezza e cortesia – chiarisce D’Andrea – dobbiamo infatti sempre tenere a mente di trovarci di fronte a dei lavoratori che fanno un mestiere duro e faticoso. Certo, sul rispetto delle regole non si transige. Ma bisogna appunto tenere presente che di norma non ci troviamo confrontati con criminali ». Ecco perché quasi sempre l’atteggiamento degli autisti è collaborativo. Anche se quando sono sottoposti a controlli nei loro confronti e al camion che stanno guidando devono mettere in conto una perdita di tempo sulla tabella di marcia. Una tabella che il più delle volte non ammette ritardi e anzi assomiglia di più a una lotta contro il tempo.
«Questo è il locale di custodia, ma non l’abbiamo mai dovuto usare», precisa D’Andrea, mostrando lo spazio chiuso realizzato all’interno del Centro di controllo, a riprova della buona collaborazione tra tutte le parti. Non è insomma una casualità che molti autisti preferiscano sostare a Giornico invece che in un’area di servizio autostradale. « Ormai è sempre più una loro abitudine. Si fermano da noi per recuperare le ore di guida. Probabilmente a incidere è anche il fatto che qui le docce e i servizi igienici sono gratuiti », evidenzia l’ufficiale di polizia, lasciandosi andare a un sorriso. La tragedia del 24 ottobre 2001 ha insomma insegnato molto. Anzi, si può tranquillamente affermare che ha segnato uno spartiacque tra un prima e un dopo. Perché sono passati 24 anni da quel giorno. Ma è come se fosse successo l’altro ieri. Forse anche per questo tutte le misure che contribuiscono a migliorare la sicurezza prima e durante l’attraversamento del tunnel riescono a vedere la luce. Come quella di realizzare una seconda canna, approvata dal popolo svizzero nel 2016, che si è iniziato a scavare da poche settimane e dovrebbe diventare realtà nel 2030.

Articolo pubblicato nell’edizione di domenica 27 aprile 2025 de La Domenica