Chiesti aiuti
Gobbi non esprime giudizi sull’operato del Consiglio federale (“questo spetta agli elettori”), ma tiene a precisare che come Consiglio di Stato sono state chieste misure di sostegno economico “mirate e celeri” nel caso si decida per un prolungamento delle chiusure per la ristorazione, i centri fitnress, la cultura o altri settori. “In gioco non ci sono solo attività economiche, ma soprattutto posti di lavoro, che potrebbero essere persi per sempre”.
Riflettori puntati sui commerci
Nella sua presa di posizione odierna, il Governo non sembrerebbe contrario a un ulteriore inasprimento delle misure, come la chiusura dei commerci non essenziali. Gobbi però mette i puntini sulle “ì”. “Se questa misura verrà presa a livello federale porterà sicuramente a degli effetti. Crediamo tuttavia che le misure sin qui adottate siano già sufficienti. In Ticino le misure sono più restrittive rispetto ad altri Cantoni, proprio perché siamo un Cantone molto esposto”.
In calo i contagi, ma alto il numero di ospedalizzazioni
Riguardo alla situazione epidemiologica in Ticino, il Consiglio di Stato ha sottolineato la diminuzione dei contagi del 19% rispetto a settimana scorsa. Una diminuzione dovuta molto probabilmente alle misure messe in vigore il 22 dicembre e al rallentamento delle attività lavorative durante il periodo natalizio. “Il periodo natalizio, che corrisponde a un rallentamento generale delle attività lavorative, ha consentito di ridurre il numero di contagi” evidenzia Gobbi, secondo cui questa settimana sarà importante capire “se si è trattato solo di un trend”. “Il dato di oggi (61 contagi) è il dato più basso da diverse settimane, ma preoccupa l’alto numero di ospedalizzati e persone in cure intense. Sono aspetti che vanno considerati”.
Il problema degli assembramenti sui mezzi pubblici
Il Consiglio di Stato ha inoltre ribadito la richiesta di proporre delle misure per ridurre la concentrazione di persone nei mezzi pubblici. “È uno degli elementi più critici. Si cerca di incentivare il telelavoro, ma il problema rimangono gli orari di punta, ci vorrebbero delle misure di accompagnamento. È un tema che finora non ha trovato una soluzione pratica, ma è importante tematizzarlo”.
****
Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 12 gennaio 2021 de La Regione
‘A Berna chiediamo chiarezza e celerità’
Per Norman Gobbi sarebbe meglio se si dichiarasse la situazione straordinaria
«So che ci sono dei contatti tra l’autorità federale e la Conferenza dei direttori dell’educazione pubblica, ma il tema dell’eventuale chiusura delle scuole non era contemplato dalla consultazione di questo weekend», risponde Norman Gobbi, presidente del Consiglio di Stato che ribadisce la richiesta di introdurre nuovamente, a livello federale, lo stato di situazione straordinaria. Oggi siamo a quella particolare. «Sarebbe meglio che le decisioni su chiusure e restrizioni in ambito Covid fossero prese a livello nazionale, lasciando ai Cantoni l’applicazione delle stesse con – come avvenuto la scorsa primavera – una cosiddetta finestra di crisi a seconda dell’evoluzione locale della pandemia», continua il presidente del governo ticinese. «La cittadinanza rischia di essere confusa», afferma Gobbi. «Non si capisce più se è già stata presa una decisione o no, aggiungendo incertezza in un momento già difficile di per sé». Mercoledì scorso il consiglio federale ha annunciato le proposte, due giorni dopo la bozza con le misure restrittive – fondamentalmente il prolungo delle chiusure di bar, ristoranti e attività culturale e del tempo libero – è arrivata sul tavolo dei rispettivi governi cantonali e due giorni dopo ancora le risposte locali all’indirizzo di Berna. «Sinceramente si creano problemi di comunicazione», commenta ancora Gobbi. Da qui la richiesta della situazione straordinaria. «L’obiettivo è proprio quello di accelerare i processi decisionali in un periodo in cui i cittadini sono disorientati e affaticati a ormai quasi undici mesi dallo scoppio della pandemia di coronavirus, mentre ora siamo entrati nel terzo mese della seconda ondata». Per quanto riguarda invece gli aspetti finanziari, il Canton Ticino farà la sua parte con la gestione dei cosiddetti casi di rigore. La Confederazione, spiega Gobbi, dovrà però aumentare le risorse a favore dei settori colpiti, coadiuvata dai Cantoni. «Bar, ristoranti e attività di tempo libero (cultura e sport) rimarranno chiusi fino al 28 febbraio, praticamente 72 giorni di seguito. Ci saranno singole attività aziendali, ma tanti posti di lavoro che magari alla riapertura non ci saranno più, perché non ce l’hanno fatta a sopravvivere a un periodo così lungo di chiusura». «Quello che chiediamo come governo a Berna sono misure finanziarie rafforzate rispetto alle attuali, oltre che celeri e mirate a questi o altri settori che potrebbero essere interessati in futuro da chiusure».
Chiusi fino a fine febbraio, ma con più aiuti Il Consiglio di Stato condivide l’analisi delle autorità federali in merito all’attuale situazione epidemiologica a livello nazionale. A livello cantonale si riscontra nell’ultima settimana un’importante riduzione dei contagi (quasi del 19%) che si sta traducendo positivamente sul numero delle nuove ospedalizzazioni. Sarà comunque necessario monitorare la situazione nel corso dei prossimi giorni per avere un quadro complessivo del numero di ospedalizzazioni. La riduzione dei nuovi contagi potrebbe essere la conseguenza delle misure messe in vigore il 22 dicembre 2020 e del rallentamento delle attività lavorative durante il periodo natalizio.
Alla luce di questi dati, il Consiglio di Stato – si legge in una nota – “condivide la proroga fino al 28 febbraio delle misure sul piano nazionale, sostanzialmente già decisa dal Consiglio federale. Il Governo ticinese sottolinea tuttavia l’esigenza di presentare congiuntamente anche un programma di aiuti economici mirati, celeri e rafforzati ai settori colpiti dalle chiusure: si tratta in particolare degli esercizi della ristorazione, dei centri fitness, del settore della cultura e del tempo libero obbligati a una chiusura di una settantina di giorni, pur dovendo continuare a pagare i costi fissi”. In merito alle misure più rigorose sul posto di lavoro, il Consiglio di Stato ritiene “eccessivo l’obbligo generalizzato della mascherina anche per chi si trova alla propria scrivania o sul posto di lavoro: l’impiego a turni, il distanziamento e l’utilizzo di pannelli divisori in plexiglas appaiono sufficienti per limitare il numero di contagi”. Per quanto riguarda il telelavoro, il governo ritiene sufficiente l’attuale forte raccomandazione già oggi in vigore, che ha già dato risultati positivi. L’introduzione di un obbligo non è quindi ritenuta necessaria.
Il Consiglio di Stato ha inoltre ribadito la richiesta di proporre delle misure per ridurre la concentrazione di persone nei mezzi pubblici e sottolineato l’assenza di misure o raccomandazioni chiare rivolte in maniera specifica alle fasce di popolazione che per età o patologie sono ad alto rischio di un decorso grave della malattia. Infine si chiede nuovamente “l’introduzione di maggiori controlli alla frontiera tra Italia e Svizzera e l’opportunità di dichiarare lo stato di situazione straordinaria che permetterebbe di avere una gestione unitaria su tutto il territorio nazionale e una maggior tempestività nelle decisioni e negli interventi”.
****
Intervista pubblicata nell’edizione di martedì 12 gennaio 2021 del Corriere del Ticino
«La situazione straordinaria per più chiarezza»
Il Governo condivide le misure proposte dal Consiglio federale ma deplora i toni e la tempistica. Il Consiglio di Stato ticinese chiede insomma venga fatta maggiore chiarezza. È così?
«Le modalità della consultazione hanno attirato le critiche anche da parte di altri Cantoni e non solo del Ticino, in particolare per i tempi ristretti che sono stati concessi per prendere posizione. Proprio per questo riteniamo che sarebbe preferibile se Berna decretasse la situazione straordinaria. Le misure verrebbero decise e attuate tramite i Cantoni, evitando una situazione di disorientamento per il cittadino, che non capisce se siano in vigore o meno. In un periodo di incertezza come questo è qualcosa di deleterio per la popolazione».
Dopo la ristorazione i riflettori sono puntati sui negozi. Come rispondete al malumore dei settori toccati dalla chiusura?
«Come avvenuto durante la prima ondata, sarà importante disporre di un pacchetto di accompagnamento. Se la Confederazione dovesse prolungare le misure fino a fine febbraio avremmo oltre settanta giorni di chiusure. In un simile scenario, senza misure celeri si rischia di perdere posti di lavoro. La discussione verrà affrontata in una consultazione parallela con i direttori cantonali dell’economia».
Il Cantone è pronto alla chiusura delle stazioni sciistiche. Non c’è il timore che la popolazione si senta esasperata senza «sfoghi» come le attività sportive e culturali?
«Riteniamo che nel momento in cui venisse decretata la chiusura dei negozi, per ragioni di coerenza, di sacrifici economici imposti e di scala di priorità nei bisogni della popolazione occorrerebbe parimenti interrogarsi sul mantenimento dell’apertura dei comprensori sciistici».
Restando in tema di aiuti, il settore dell’albergheria ha lamentato che verrebbero concessi solo alle strutture che si occupano di turismo degli affari. Sono previsti dei correttivi?
«Sono in corso dei chiarimenti tra Cantoni e Confederazione e si spera di arrivare al più presto a una soluzione».
Il Ticino torna a chiedere maggiori controlli al confine. Non è la prima volta che il Governo cantonale si rivolge a Berna dall’inizio della seconda ondata. Cosa non sta funzionando?
«L’Autorità federale non considera che dall’altra parte del confine ci sono meno libertà e che, di riflesso, molti lombardi vengono in Ticino proprio per godere di queste libertà. Da parte italiana ci sono pochissimi controlli e avere un confine molto permeabile fa passare il messaggio che da noi è tutto concesso. La mobilità transfrontaliera contribuisce in parte alla diffusione del virus e bisogna tenere alta la guardia».