Dal Mattino della domenica | Norman Gobbi fa il punto della situazione in Ticino
È tornata agli onori di cronaca la cannabis, questa volta in versione cosiddetta “light”. Chi ha seguito la cronaca in questi mesi, sa di cosa parlo: marijuana legale, contenente meno dell’1% di Thc, senza sostanze psicoattive ma unicamente leggermente calmanti. In Ticino, rispetto al resto della Svizzera, per poter vendere prodotti a base di canapa con basso contenuto di Thc occorre l’autorizzazione della Polizia cantonale. La legge federale sugli stupefacenti infatti non regola in maniera esaustiva la tematica: di conseguenza ogni Cantone dispone di un certo margine di autonomia per sancire regolamentazioni ad hoc. Questo avviene nel pieno rispetto del principio federalista che regge il nostro sistema politico. La stessa prassi viene adottata per esempio nella vendita di alcolici ai minori: in alcuni Cantoni già i sedicenni possono consumare vino e birra e in altri no.
Un ritorno all’era delle operazioni Indoor?
Quando si parla di canapa in Ticino, non si può non rievocare il periodo tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del Duemila, quando il nostro Cantone si trovò confrontato con una proliferazione di canapai e coltivazioni di canapa. Le operazioni Indoor furono una chiara conseguenza del pendolarismo dell’acquisto proveniente dall’Italia, dove la politica in materia di stupefacenti era molto meno liberale rispetto alla nostra. Il lavoro della Polizia e del Ministero permise di contrastare il fenomeno, mentre le Autorità cantonali, Governo e Parlamento, si adoperarono per dar luce a un quadro normativo che evitasse il ripetersi della situazione.
Monitoraggio costante
È proprio quella legge, figlia di quei tempi, che oggi consente al Ticino, a differenza del resto della Svizzera, di avere una condizione privilegiata per il monitoraggio dell’evoluzione del fenomeno. La nostra Polizia cantonale può quindi procedere a controllare coltivazioni e punti vendita senza avvisare preventivamente gli stessi. I controlli possono variare: dalla verifica del prodotto coltivato, con la raccolta di vari campioni di una medesima coltivazione per la verifica del tenore di Thc, al controllo del rispetto dei limiti e degli oneri imposti dalla legislazione cantonale. Questo consente alle nostre forze dell’ordine di far fronte alla situazione attuale nel rispetto del principio di legalità, coscienti del fatto che è impossibile garantire a priori che non venga prodotta anche della canapa con un tenore di Thc superiore al limite consentito. Il mio Dipartimento continuerà a monitorare la situazione – senza tuttavia aprire a più tolleranza – e valuteremo se sarà il caso di proporre correttivi alle normative attuali.
“No” convinto al consumo in polizia
A livello interno, il nostro Corpo di Polizia si è mosso velocemente per garantire un adeguamento delle disposizioni per i nostri agenti. Una novità dettata dalla canapa “light” è infatti la difficoltà nel distinguerla da quella “meno light”. Malgrado un agente, fumando questi nuovi prodotti, agirebbe nella legalità, agli occhi dei cittadini accosterebbe la divisa al consumo di una normale canna. E questo sarebbe decisamente inopportuno, dato che l’agente potrebbe trovarsi poco dopo a dover sanzionare qualcuno per il consumo di cannabis. Oltre al fatto che il consumo potrebbe compromettere la capacità di guida anche a diverse ore di distanza. Lo stesso discorso vale per gli agenti di custodia che operano nelle nostre carceri, ai quali verrà chiesta prossimamente la stessa attenzione.
Legale non significa innocuo
Il consumo di sigarette a basso contenuto di Thc è quindi consentito dalla legge federale. Ma questo non vuol dire che dobbiamo abbassare la guardia; e in questo caso mi riferisco alla sicurezza sulle nostre strade. È comprovato che il consumo di questo prodotto potrebbe avere effetti sulla capacità di guida. Quindi, invito tutti alla prudenza: ricordiamoci che la sicurezza del nostro territorio passa anche attraverso una guida attenta e controllata sulle nostre strade!
NORMAN GOBBI
Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle istituzioni