Finita la fase dell’emergenza vera e propria, autorità cantonali e Stato maggiore regionale di condotta stilano un resoconto dell’attività svolta
Presentare, a due mesi e mezzo da quella tragica notte del 30 giugno, il lavoro svolto sul terreno a seguito degli eventi catastrofici e fornire, oltre al bilancio, anche indicazioni su ciò che resta da fare nell’immediato e nel futuro prossimo per aiutare l’alta Vallemaggia e la sua popolazione a superare questo difficile momento. Era l’obiettivo della conferenza stampa indetta ieri dal Dipartimento delle istituzioni, congiuntamente allo Stato Maggiore regionale di condotta (Smrc) nella sede della Cecal di Bellinzona (Centrale comune d’allarme). «La tragica alluvione del 30 giugno scorso – ha ricordato in entrata Christian Vitta, presidente del Governo ticinese – ci deve rendere attenti su quanto esposta sia ai pericoli naturali la vita nelle regioni dell’arco alpino. Le prime immagini devastanti di quella tragedia hanno mostrato tutta la forza che si è scatenata in poche ore su quelle valli; ma ci ha mostrato pure quanta solidarietà la comunità ticinese è stata in grado di offrire e di quanta resilienza i valmaggesi hanno dato prova. Le autorità cantonali e locali, i volontari, l’esercito hanno attivato tutti i dispositivi necessari per affrontare l’emergenza. Questa tragica esperienza ci permette di trarre i dovuti insegnamenti e di migliorare. Oggi in Vallemaggia termina l’impiego dell’esercito e anche lo Smrc passa il testimone. La fine della gestione della crisi non significa comunque che il lavoro, lassù, è terminato» – ha sottolineato Vitta, il quale ha concluso osservando che il Consiglio di Stato è in attesa di conoscere l’ammontare dell’ulteriore impegno finanziario della Confederazione a favore delle zone colpite dal maltempo (l’importo proposto dal Consiglio federale si aggira sui 56 milioni e andrà diviso con Vallese, Vaud, Berna e Grigioni). Al riguardo segnaliamo che proprio nelle scorse ore il consigliere nazionale Lorenzo Quadri, in un’interpellanza al Consiglio federale, ha chiesto di aumentare in modo sostanzioso gli aiuti ai Cantoni colpiti dal maltempo, cominciando con l’azzerare l’ultimo contributo di 100 milioni di franchi per l’Ucraina, dando così prova di “credibilità ed affidabilità” alle popolazioni toccate dalle alluvioni.
L’esercito lascia la Valle
Dopo aver chiesto un minuto di raccoglimento alla memoria delle vittime del nubifragio, Vitta ha passato la parola a Norman Gobbi, alla guida del Dipartimento istituzioni. Questi ha ripercorso brevemente i primi, concitati, momenti dall’allarme e si è in seguito soffermato sul ruolo della Polizia cantonale, della Sezione del militare e della protezione della popolazione nel contesto dello Smrc. «Il Dipartimento, in casi di crisi, svolge anche il ruolo di interlocutore tra i Comuni e la Confederazione. Come Governo abbiamo subito richiesto l’intervento dell’esercito. L’esperienza fatta in questi 80 giorni ci ha fornito alcuni insegnamenti per il futuro. Sarà innanzitutto necessario costituire dei punti raccolta d’urgenza per la popolazione; andranno assolutamente garantite le comunicazioni in caso di panne elettrica o assenza di rete tramite la strategia multicanale dell’Ufpp (tra cui il Cell Broadcast) in modo da poter informare le persone in attesa dei soccorsi. Infine ancorare alle basi legali di riferimento la costituzione di commissioni indipendenti per la gestione delle donazioni».
Sul lavoro svolto dall’esercito si è espresso il Divisionario Maurizio Dattrino, comandante della Divisione territoriale 3. L’alto ufficiale ha dapprima ricordato che le forze armate hanno dovuto praticamente affrontare tre emergenze in simultanea (Vallemaggia, Vallese e Grigioni) e questo ha reso necessario valutare e pianificare con attenzione dove allocare mezzi e uomini. Quanto ai risultati tangibili dell’impegno degli uomini in grigioverde, ha ricordato come la strada consortile della Bavona sia stata liberata dai detriti dalla truppa. Interventi di bonifica, sgombero materiale e ripristino dell’acquedotto di Cevio hanno poi caratterizzato la seconda fase del lavoro in appoggio alle attività dei civili. L’esercito, ha spiegato il Divisionario, ha pure dato il suo fattivo contributo alla ricerca, tramite un apposito drone, della persona ancora dispersa. Purtroppo a oggi non è stato possibile localizzarla, ma non si esclude che ci sia un ulteriore tentativo.
Antonio Ciocco, capo dello Smrc e ufficiale della polcantonale, ha invece ripercorso le tragiche ore successive alla tragedia; il mattino del 30 giugno un vasto dispositivo di primo intervento (tra pompieri, polizia e soccorritori, Rega e servizi ambulanze) è stato messo in campo per aiutare l’alta Vallemaggia, isolata per la caduta del ponte di Visletto.
Ha poi invitato ciclisti, escursionisti e curiosi a non recarsi nelle aree interessate dai cantieri per non creare disturbo. A nome della Protezione civile di Locarno (PCi) e Vallemaggia è in seguito intervenuto il comandante, Patrik Arnold, che ha riassunto l’operato dei suoi militi e di quelli forniti dalle altre Regioni di protezione civile del cantone. Uomini armati di mezzi da cantiere ma non solo; la Protezione civile ha infatti dovuto occuparsi dell’accoglienza degli sfollati, fornire assistenza all’Ospedale-Casa anziani di Cevio, garantire la sussistenza e i generi di prima necessità nei luoghi isolati dalle frane. Senza dimenticare la gestione delle centinaia di volontari che da tutto il Ticino hanno dato la loro disponibilità.
La Protezione civile subentra allo Smrc
Conclusa la fase di emergenza, sarà ora compito della PCi continuare a coordinare gli enti coinvolti come Smrc, gestendo le richieste di ripristino da parte di enti pubblici e agricoltori (come i sentieri alpini, la pulizia dei pascoli e dei terreni dai detriti) e prendersi cura della verifica e catalogazione dei beni culturali presenti nelle due valli toccate dal nubifragio in collaborazione con le associazioni locali. Dell’impegno dello Smrc quale coordinatore di tutti gli enti coinvolti ha parlato Federico Chiesa, capoufficio presso la Sezione del militare e della protezione della popolazione («è importante, nella comunicazione, che tutti parlino la stessa lingua ed è altrettanto rilevante il contatto diretto, regolare, con i Comuni»). A chiudere la conferenza è stato il geologo cantonale Andrea Pedrazzini , in rappresentanza del Dipartimento del territorio. Tra gli insegnamenti da trarre da questa alluvione lampo, scatenatasi sul bacino imbrifero dell’alta Vallemaggia già segnato da abbondanti nevicate e precipitazioni primaverili, è emersa la necessità di un’attenta pianificazione e gestione dei rischi naturali. Il lavoro degli esperti è appena iniziato, sarà necessario identificare gli interventi urgenti da attuare (arginature, camere di contenimento), aggiornare il catasto delle aree di pericolo per le zone edificate toccate dal maltempo e ripristinare le infrastrutture distrutte (ponte di Visletto in primis). Oltre che predisporre dei piani di emergenza in caso di forti piogge. I lavori saranno seguiti e coordinati dal Gruppo tecnico istituito dal Governo, ha concluso Norman Gobbi.
Si apre dunque una nuova fase, il sistema deve prepararsi alle sfide future. Lo fa, forte di una maggiore consapevolezza dei rischi del territorio, con un sistema flessibile e integrato in grado di rispondere al meglio ai futuri eventi straordinari.
Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 17 settembre 2024 de La Regione
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L’esercito lascia la Vallemaggia Si guarda avanti per ricostruire
Bilancio delle autorità sugli interventi in campo da fine giugno per il disastro tra Bavona e Lavizzara
Un gruppo di esperti dedicato al ripristino rimpiazzerà lo Stato maggiore di condotta regionale, il quale termina la missione
Da oggi, per l’Alta Vallemaggia, inizia un nuovo capitolo. Lo Stato maggiore di condotta regionale, che aveva il compito di coordinare i vari enti d’intervento dopo il potente nubifragio scatenatosi su Bavona e Lavizzara a fine giugno, arriva al termine della sua missione. Il ritiro coincide con quello dell’esercito, così come richiesto dal Cantone. Il gruppo, messo in piedi per l’emergenza e diretto dall’ufficiale della Polizia cantonale Antonio Ciocco, sarà rimpiazzato da altri esperti, ai quali sarà affidato il compito di guardare al futuro e pianificare gli interventi per la ricostruzione e il ripristino della regione. L’annuncio è stato dato ieri mattina a Bellinzona, un’occasione per fare il punto nella sala conferenze della Centrale comune di allarme. Il presidente del Governo, Christian Vitta, dopo una breve introduzione ha chiesto un minuto di silenzio come gesto di vicinanza alle famiglie delle persone scomparse nella tragedia: il bilancio, ad oggi, è di sette morti accertate e un disperso, che manca ancora all’appello.
«Reazione immediata»
«Abbiamo reagito subito, attivando tutti i dispositivi necessari per far fronte all’emergenza », ha sottolineato Vitta. « Dall’esperienza di questi eventi straordinari potremo trarre molti insegnamenti per migliorare. E la fine della gestione di crisi non significa che il lavoro sia terminato, anzi. Comuni, Cantone e Confederazione dovranno continuare a lavorare fianco a fianco per ricostruire e dare un futuro a queste regioni». Il consigliere di Stato ha poi ricordato la volontà della Confederazione di stanziare 56 milioni di franchi ai Cantoni colpiti dalle alluvioni di questa estate (Ticino, Grigioni, Vallese, Vaud e Berna).
«In arrivo regole e tecnologie»
«Attendiamo di vedere la documentazione per esprimerci sulla questione. In ogni caso, il percorso per la ricostruzione richiederà tempo», ha concluso il 52.enne. Norman Gobbi, vicepresidente del Consiglio di Stato e direttore del Dipartimento delle istituzioni, ha ripercorso le tappe dell’emergenza sin dalle prime ore: «In quei momenti era difficile capire cosa fosse successo. Vuoi per l’interruzione della strada, vuoi per l’interruzione delle comunicazioni. Ma già domenica eravamo a Locarno con i sindaci di Cevio e Lavizzara per manifestare la nostra vicinanza. Dobbiamo fungere da supporto dei Comuni e gestire le crisi locali, in qualità di Dipartimento delle istituzioni». Il 47.enne ha tracciato anche una riflessione per il domani, annunciando che la Confederazione imporrà la costituzione a livello locale, dal 2025, dei punti di raccolta d’urgenza, presidi comunali da utilizzare in caso di situazioni straordinarie in cui i metodi tradizionali di comunicazione sono impediti. «Inoltre, il Parlamento federale dovrà dibattere sulla strategia multicanale sollecitata dai Cantoni, una tecnologia in grado di inviare allarmi agli utenti di telefonia cellulare nelle vicinanze di un’area a rischio».
Dalla Base aerea di Locarno
Anche Maurizio Dattrino, capo della divisione territoriale 3, ha ricapitolato le attività frenetiche dei primi istanti: «Avevamo la fortuna, se si può dire così, che nei giorni dell’emergenza si stava tenendo un corso di formazione alla Base aerea di Locarno. Questo ha permesso di dirottare una serie di risorse sull’Alta Vallemaggia ». Il militare ha elencato anche le operazioni successive: «Abbiamo poi costruito il guado a sud del ponte di Visletto, poi il ponte provvisorio. La seconda fase, invece, è stata di appoggio ad attività civili con mezzi militari. Un gruppo di soldati ha trascorso quasi due mesi in Alta Vallemaggia per dare una mano».
«L’apprensione dei parenti»
E ancora: «Un secondo gruppo ha continuato i lavori a supporto del ripristino completo dell’acquedotto in zona Fontana. La settimana scorsa abbiamo effettuato l’ultimo tentativo con il comando Kamir (esperti normalmente impiegati nello sminamento, ndr) per trovare la persona ancora dispersa. Purtroppo i detriti metallici nel terreno non hanno permesso di ottenere l’esito sperato, dato che ci siamo concentrati sulla ricerca del veicolo ». Il 59.enne ha comunque evidenziato l’atmosfera di riconoscenza da parte della popolazione.
L’ufficiale della Polizia cantonale, Antonio Ciocco, ha poi sottolineato la reazione immediata della Protezione civile e dei vari enti, nella veste di capo dello Stato maggiore regionale di condotta. «Abbiamo integrato un sistema cartografico che ci ha permesso di ottenere grandi risultati». Il 59. enne si è detto colpito dall’atmosfera ai Ronchini di Aurigeno nelle fasi più critiche: «Si percepiva l’apprensione di parenti e amici che, dalla valle, aspettavano l’arrivo delle persone care in elicottero ».
Ridefinire i piani d’emergenza
La conferenza si è conclusa con le presentazioni del maggiore Patrik Arnold, comandante della Protezione civile Locarno e Vallemaggia, di Federico Chiesa, capo ufficio nella Sezione del militare e della protezione della popolazione, e di Andrea Pedrazzini, geologo cantonale, il quale ha evidenziato il lavoro per definire i nuovi piani d’emergenza alla luce della nuova realtà territoriale a seguito dell’evento catastrofico.
La reazione
«Un lavoro enorme, contenti che nessuno ci abbia dimenticati»
«Ora servono figure forti»
«Dopo il disastro di fine giugno è stato fatto un lavoro enorme, che da soli non saremmo stati in grado di sostenere», ha commentato al Corriere del Ticino la vicesindaca di Cevio, Romana Rontanzi, in prima fila alla conferenza di ieri a Bellinzona per il bilancio delle autorità sulle attività post-alluvione. «È stato interessante ripercorrere le varie tappe dal punto di vista degli enti d’intervento. E siamo soddisfatti perché nessuno ci ha dimenticati o, peggio ancora, abbandonati», ha ribadito la 67.enne. «Ognuno ha le sue capacità e noi vogliamo mettercela tutta per ricostruire. Da oggi inizia una nuova fase, ma non sappiamo tutto: abbiamo bisogno di competenze e di persone che ci aiutano. Figure forti che possano affiancare noi del Municipio».
Solidarietà e raccolta fondi
La nostra interlocutrice fa il punto sulle donazioni, in particolare sul fondo «Bavona e Lavizzara, ricostruiamo insieme»: «Abbiamo visto molta generosità da parte delle persone. Quel conto non l’abbiamo toccato. Un domani ci metteremo d’accordo e capiremo come gestirlo al meglio».
Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 17 settembre 2024 de La Regione
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Alluvioni, lo stato dei lavori in Vallemaggia
Il presente richiede ancora tanto lavoro. Due sono i fronti principali ancora aperti: il Piano di Peccia e la Val Bavona, dove la strada è ancora chiusa al traffico e dove i proprietari dei rustici ancora non possono accedere alle loro abitazioni.
Punti di raccolta d’urgenza, comunicazioni via satellite e allerte meteo puntali. Quello che è successo in Vallemaggia deve servire da lezione. Il Governo ticinese si prepara ad affrontare situazioni straordinarie. Nel frattempo l’esercito e lo Stato Maggiore Regionale di Codotta lasciano la valle. Continuano però i lavori di ripristino con Protezione Civile e numerosi volontari. Lavori che dureranno anni.
La tragedia ha segnato il Ticino. Gli eventi straordinari richiederanno accorgimenti specifici e indispensabili. A partire dal 1 gennaio 2025 verranno anche costituiti punti di raccolta d’urgenza. Nel frattempo continua la ricerca dell’ottava vittima, ancora dispersa, così come la messa in sicurezza delle zone a rischio. La raccomandazione ora è quella di prestare la massima attenzione alle allerte di Meteo Svizzera, così a come quelle cantonali e comunali.
Accorgimenti da adottare in futuro, mentre il presente richiede ancora tanto lavoro. Due sono i fronti principali ancora aperti: il Piano di Peccia, e poi la Val Bavona, dove la strada è ancora chiusa al traffico e dove i proprietari dei rustici ancora non possono accedere alle loro abitazioni.
Le telecamere della RSI sono salite a Fontana, in Val Bavona, in corrispondenza della prima frana che ha portato a valle 300’000 metri cubi di materiale. Il passaggio dei mezzi di trasporto è assicurato; la ferita qui è ancora impressionante e per questo i lavori continuano con una certa urgenza prima dell’arrivo dell’inverno. Da martedì, però, dopo 80 giorni di lavoro, l’esercito, terminato il proprio ingaggio, lascerà il campo alle ditte private che saranno coordinate dal dipartimento del territorio, con l’ausilio della protezione civile (che ora lavora su più fronti). Sono 80 i militi dislocati in varie squadre tra Valle Bavona e PIano di Peccia, dove il lavoro si svolge in quota. Sul piano, invece, a San Carlo, sono già stati ripuliti dai detriti 35’000 metri quadri di terreno, ma ne rimangono ancora 200’000 (per dare un’idea); l’alveo dei torrenti non si presenta più nella sua forma originale, ma almeno è stato messo in sicurezza.
Un paesaggio in parte da ripensare, non tutti i terreni saranno recuperabili per l’agricoltura, come da ridefinire sarà la nuova mappa dei pericoli naturali, che dovrà stabilire quali insediamenti saranno ancora possibili e quali no. Ma per questo ci vorranno mesi, se non anni.
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Conclusa la fase di emergenza in Alta Vallemaggia: il testimone passa ora al Cantone
Dattrino: “Per quanto riguarda l’impiego militare, il bilancio è positivo”.
Sono passati ormai un’ottantina di giorni da quando sull’Alta Vallemaggia si è abbattuta quella che il geologo cantonale ha definito un’alluvione lampo. Giorni in cui si è lavorato ininterrottamente per far fronte all’emergenza che ha colpito la regione. A testimoniare che questa fase è giunta al termine, anche se i lavori continuano, la partenza da parte dell’Esercito che oggi ha concluso la sua attività. “Per quanto riguarda l’impiego dell’esercito, il bilancio è positivo, perché abbiamo potuto contribuire prima a ristabilire la mobilità in Alta Vallemaggia e poi alla bonifica dei terreni”, afferma ai microfoni di Ticinonews il comandante della divisione territoriale 3 Maurizio Dattrino. “Certo, non sono mancati momenti di tensione, anche perché creare un ponte di Visletto ‘ex novo’ con delle tempistiche e delle esigenze militari e civili, ha richiesto alcune riunioni per trovare una soluzione”.
Ciocco: “La ricerca degli scomparsi la parte emotivamente più impegnativa”
Sono stati 60 i soldati impiegati dall’esercito e 76 le ore di volo svolte dalle Forze aeree. Ma in quel territorio disastrato erano presenti anche innumerevoli enti di primo intervento; in campo sono stati infatti attivi 762 gli agenti di polizia, oltre un centinaio di pompieri, 56 soccorritori e oltre 500 militi della protezione civile. Un impiego di forze enorme, come sottolinea il capo dello Stato Maggiore Regionale di Condotta, Antonio Ciocco. “È stata un’estate caldissima se pensiamo allo sforzo profuso dagli agenti in generale”, spiega Ciocco. “Chi è stato impegnato in Vallemaggia ha dovuto fare un grande sacrificio, perché il lavoro è stato impegnativo”. La ricerca degli scomparsi “è stata sicuramente la parte più impegnativa a livello emotivo. In generale, ritengo che abbiamo fatto un buon lavoro, ma non siamo riusciti a compiere il miracolo. Ci manca purtroppo ancora l’appello una persona, che stiamo ancora cercando”.
Proseguono i lavori di ripristino
Per lo Stato Maggiore Regionale di Condotta, invece, sarà domani l’ultimo giorno di attività in Alta Vallemaggia. Partenze, insieme a quella dell’esercito, che non equivalgono alla fine dei lavori. La messa in sicurezza infatti è conclusa, ma i lavori di ripristino continuano. Inoltre, i Comuni hanno elaborato dei nuovi piani di emergenza. “Sono dei documenti che permettono al Comune, in caso di precipitazioni abbondanti, di verificare le zone e, se necessario, di predisporre degli interventi di evacuazione per proteggere la popolazione”, commenta il geologo cantonale Andrea Pedrazzini. “Ci sarà una stretta collaborazione con MeteoSvizzera e con il Dipartimento del territorio per quello che riguarda le previsioni e l’analisi della situazione”.
Momenti che non si possono dimenticare
Tanti gli insegnamenti tratti da questa tragica vicenda in cui, però, tra autorità e popolazione si sono intrecciati momenti che difficilmente verranno dimenticati. “Abbiamo capito tutti l’importanza di ciò che stavamo facendo, grazie anche alle innumerevoli testimonianze di ringraziamento e sostegno. È stato dunque un rapporto, spero, a lungo termine”, conclude Dattrino. Sul territorio il lavoro da fare è ancora molto e per questo, nonostante la fase emergenziale sia conclusa, l’impegno da parte del Cantone continua: da qui il passaggio di testimone al Gruppo tecnico istituito dal Governo.