Puntare su test e autonomie locali.
Chiesta la riapertura anticipata per bar, ristoranti, cinema e teatri. Anche Coira spinge.
Datevi una mossa. È questo il senso della presa di posizione inviata dal Consiglio di Stato all’esecutivo federale. Consultato sugli allentamenti previsti da Berna – dal 1° marzo potrebbero riaprire negozi, musei, zoo, giardini botanici e impianti sportivi all’aperto –, il governo ticinese li ha sì condivisi, ma li ha anche definiti “troppo prudenti sia nei tempi che nei contenuti”. Per questo ha chiesto “fermamente” di anticipare la seconda tappa di riaperture al 22 marzo e di includervi anche ristoranti, bar, cinema e teatri. Quanto necessario, insomma, per ‘salvare’ dal lockdown le vacanze pasquali (dal 2 all’11 aprile). «Nonostante la presenza della variante inglese, più contagiosa, e un ritorno a una mobilità interna piuttosto sostenuta, il dato sui contagi nell’ultima settimana risulta il più basso da ottobre», ci spiega il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi. «Questo ci rende ottimisti circa la possibilità di riaprire adeguando gli allentamenti ogni due-tre settimane, cosa che sappiamo già essere possibile dopo l’esperienza della scorsa primavera». Naturalmente, spiega Gobbi, «non si tratta di tornare alla piena libertà pre-Covid, ma di muoversi con la massima prudenza». Berna aveva proposto di riaprire solo le terrazze dei ristoranti, e solo dal primo aprile. Una soluzione limitante e discriminatoria, secondo la presa di posizione del Consiglio di Stato. Soprattutto, nota Gobbi, «è fondamentale dare una prospettiva a settori come quello della ristorazione che rischiano altrimenti di subire oltre cento giorni di chiusura consecutivi, con prevedibili conseguenze economiche e sul morale».
A proposito di terrazze, è di sabato la decisione di prolungare fino al 15 marzo l’accessibilità di quelle degli impianti sciistici: almeno fino a quel giorno ci si potrà ancora sedere per consumare il proprio pasto da asporto, pur in numero massimo di quattro persone per tavolo e con l’obbligo di mantenere le giuste distanze. Un’eccezione, questa, che il capo del Dipartimento federale dell’interno Alain Berset aveva definito “contraria al diritto” e a sua volta discriminatoria. Gobbi dissente: «Si tratta di contesti particolari, all’aria aperta e facilmente controllabili. Imporre di disperdersi a consumare i pasti in situazioni precarie mette a dura prova una popolazione già stanca, che comprensibilmente fatica a percepire la logica di certi divieti. D’altronde, vorrei vedere se il consigliere federale quando va a sciare si siede nella neve per mangiarsi il suo panino e bere la sua Rivella».
Tornando al messaggio rivolto a Berna, oltre alle riaperture anticipate al 22 marzo per bar e ristoranti, almeno in orario diurno, si chiede che lo stesso sia possibile per “cinema, teatri e strutture sportive e ricreative all’interno, pur con limiti di capienza”, e di pianificare già non solo una seconda, ma anche una terza fase di allentamento. Ben vengano la riapertura dei negozi e l’innalzamento a 15 del numero di persone che possono riunirsi all’aperto, ma si vorrebbe anche aumentare a 10 il numero di persone che possono ritrovarsi al chiuso. Infine si chiede di elevare da 18 a 20 anni il limite di età per consentire il ritorno a tutte le attività sportive e culturali, mentre “scetticismo è espresso sull’opportunità di riaprire anche le competizioni”. Dal primo marzo si vorrebbe anche consentire lo sport all’aperto senza contatto fisico a gruppi fino a 15 persone, e fino a 5 al chiuso. Il tutto, ovviamente, “con la riserva che la situazione rimanga stabile”.
Intanto anche Coira ritiene “troppo unilaterali e troppo lenti” i provvedimenti previsti dalla Confederazione. Il governo retico chiede che venga lasciata maggiore libertà ai Cantoni, specie a quelli che come i Grigioni si impegnano attivamente nell’esecuzione di test a tappeto. “Oltre alle misure restrittive”, si legge in una presa di posizione, “svolgere test in maniera attiva e preventiva rappresenta un’alternativa valida che deve trovare un riscontro positivo quando si tratta di decidere allentamenti”. Quanto alla ristorazione, si chiede che almeno all’esterno venga consentita già a partire dal primo marzo. Se ciò non fosse possibile, allora si domanda che almeno i take away possano mettere a disposizione posti a sedere al loro esterno. Anche per cinema e teatri viene invocata una riapertura (con mascherine) già dall’inizio del mese prossimo.
Tornando ai test, “ai Cantoni che dispongono di un buon sistema di monitoraggio occorre permettere di procedere a riaperture in tempi più brevi, in quanto eventuali sviluppi negativi vengono individuati più rapidamente. Inoltre questo incentivo motiverebbe i Cantoni a portare avanti una buona attività di monitoraggio e avrebbe risvolti positivi sulla motivazione della popolazione e dell’economia a partecipare attivamente”. Sempre in riferimento al cosiddetto depistaggio, “il Governo constata con stupore che la strategia della Confederazione non prevede il coinvolgimento di ulteriori misure, tra cui i test preventivi”, ma punta sulle chiusure e su imposizioni che “paiono arbitrarie”, ad esempio “permettere determinate manifestazioni sportive, ma non permettere attività di ristorazione all’aperto”.
Ma i test a tappeto sono davvero una soluzione? Tornando in Ticino, Gobbi invita alla prudenza: «È vero che in alcuni casi possono permettere di fermare subito un eventuale focolaio: lo abbiamo visto procedendo in questo senso alla Scuola media di Morbio Inferiore. Una somministrazione indiscriminata rischia però di creare un falso senso di sicurezza in chi, risultando negativo, potrebbe abbassare la guardia nei comportamenti quotidiani». Quanto alla richiesta di maggiore autonomia cantonale avanzata da Coira, «per noi resta comunque importante mantenere massimo coordinamento e coerenza a livello nazionale. Ciò non toglie che le autorità federali debbano anche prestare attenzione alle specificità locali: nel nostro caso, ad esempio, al paradosso di un lockdown affiancato da regioni italiane come Lombardia e Piemonte, dove ristoranti e bar sono aperti».
Articolo pubblicato nell’edizione di lunedì 22 febbraio 2021 de La Regione
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Il Ticino vuole accelerare «Locali aperti entro un mese»
Il Consiglio di Stato risponde alla consultazione e chiede tappe di allentamento «più serrate e incisive» Il 22 marzo data chiave per bar e ristoranti – Norman Gobbi: «Cantoni compatti, forse questa volta verremo ascoltati»
La politica dei piccoli passi ipotizzata da Berna per uscire dal semi-confinamento non incontra il pieno sostegno del Ticino, che vorrebbe «tappe più serrate e incisive». Il Consiglio di Stato ticinese ha detto la sua sulla strategia di allentamento delle misure messa in consultazione mercoledì scorso dal Consiglio federale. In sostanza, da Palazzo delle Orsoline si chiede di procedere con un passo più spedito. Secondo l’Esecutivo, infatti, le diverse fasi di riapertura previste sono «sin troppo prudenti, sia nei tempi che nei contenuti». In particolare, se la cautela del Consiglio federale è giudicata «comprensibile alla luce della diffusione delle varianti del virus», è però «fondamentale adeguare le restrizioni secondo il principio di proporzionalità» e dare prospettive ai settori economici.
Soprattutto, il Governo nella sua missiva chiede «fermamente» di anticipare la seconda tappa, con una decisione che abbia effetto al più tardi il 22 marzo. Insomma, una rivalutazione delle misure non più di mese in mese ma ogni due o tre settimane, al termine delle quali si dovrebbe procedere con nuove e progressive riaperture. Secondo il Governo ticinese, infatti, «l’esperienza dimostra come le misure mostrino i loro effetti già dopo due settimane». Appare quindi «doveroso» imprimere «un ritmo più serrato» alle fasi di allentamento, sul modello di quanto fatto la scorsa primavera.
Rispondendo alla consultazione voluta da Berna, che prenderà una posizione definitiva sulla strategia di riapertura il 24 febbraio, il Consiglio di Stato si dice d’accordo con gran parte degli allentamenti previsti. Sì, quindi, ai raduni all’aperto con un massimo di 15 persone, come pure alla riapertura dei negozi, pur con «rigorose limitazioni al numero di clienti ammessi». Il Governo ticinese condivide anche la ripartenza delle attività sportive e culturali per i giovani under 18, suggerendo anzi che si allarghi la possibilità ai ragazzi fino ai 20 anni. «Scetticismo» viene espresso, invece, sulla ripresa delle competizioni. Dal 1. marzo il Consiglio di Stato vorrebbe anche alzare a 10 il numero di persone che possono riunirsi in spazi chiusi, così come permettere l’attività sportiva amatoriale – all’aperto e senza contatto fisico – per gli adulti fino a un massimo di 15 persone e lo sport nelle palestre e nei centri fitness per i gruppetti di 5.
Locali, cinema e palestre
L’accelerazione che l’Esecutivo ticinese vorrebbe è indirizzata in particolare a tre settori: ristorazione, cultura e sport. Nel primo caso si chiede la riapertura «al più tardi il 22 marzo» di bar e ristoranti, che potrebbero lavorare almeno durante il giorno e rispettando i piani di protezione messi in atto fino allo scorso dicembre (consumazione seduti, quattro persone al tavolo e mascherina quando ci si alza). La tempistica, del resto, non è casuale e permetterebbe di «garantire una ripresa almeno parziale dell’attività durante il periodo pasquale». Bocciata nettamente, invece, l’ipotesi di far riaprire i locali che hanno una terrazza esterna. Secondo il Governo si tratta infatti di una proposta «troppo limitativa, difficilmente sostenibile e discriminatoria» nei confronti di bar e ristoranti che non hanno spazi all’aperto. Sul fronte culturale, invece, si vorrebbe anticipare al 22 marzo la riapertura di cinema e teatri. Stessa data ipotizzata anche per le strutture sportive e ricreative all’interno, pur con limiti di capacità. «La popolazione sta vivendo un forte disagio psico-fisico e fa sempre più fatica a sopportare il peso delle restrizioni, quindi urge una risposta dalle autorità e un allentamento più rapido. C’è un bisogno molto diffuso di tornare alla normalità seppure con prudenza», dice il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi. «I cittadini – prosegue – stanno manifestando chiaramente di non essere più in grado di sostenere misure troppo rigide, le proteste in Argovia di sabato e il carnevale selvaggio a Einsiedeln lo dimostrano. Da settimane, infatti, la situazione epidemiologica è in costante miglioramento. In Ticino, ad esempio, questa settimana abbiamo registrato il dato più basso di contagi dallo scorso ottobre. Questo significa che il virus è presente, ma che le mutazioni non incidono – per ora – in maniera così importante. Le riaperture previste, non va dimenticato, saranno comunque prudenti, graduali e nel rispetto dei piani di protezione».
Una sola voce
Le richieste ticinesi di un’accelerazione si sommano a quelle arrivate negli ultimi giorni dagli altri Cantoni, come Vaud, San Gallo e Grigioni. «Il Consiglio federale – commenta Gobbi -non sempre si è mostrato pronto ad ascoltare il parere dei Cantoni, ma questa volta siamo compatti. Abbiamo sentito i colleghi degli altri Governi cantonali per cercare di tenere una linea comune, ma ovviamente l’ultima parola spetterà mercoledì a Berna». Nella vicina Italia i bar e i ristoranti sono già aperti nelle ore diurne, mentre dal 7 marzo anche la Germania è pronta a riaprire gradualmente. «Forse – conclude il presidente dell’Esecutivo – anche questa pressione dall’esterno, che si somma a quella interna dei Cantoni, porterà il Consiglio federale a rivedere la sua posizione. Un lasso di tempo così lungo non è infatti sostenibile, né per le autorità cantonali chiamate a vigilare, né per la popolazione».
Articolo pubblicato nell’edizione di lunedì 22 febbraio 2021 del Corriere del Ticino
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Gobbi: “Insostenibile il mese di attesa”
Intervista al presidente del Governo ticinese, che si esprime sulla strategia di allentamento messa in consultazione dal Consiglio federale
Berna troppo blanda: questa l’opinione del Canton Ticino sulla strategia di riapertura del Consiglio federale. Il Consiglio di Stato chiede alla Confederazione più coraggio.
In passato si accusa Berna di decisioni troppo blande o di non essere incisiva, adesso invece rispondete che è troppo prudente; cos’è cambiato?
“L’andamento dell’epidemia. Nelle ultime settimane i dati sono bassi, questa settimana è addirittura il dato più basso da ottobre. Cosa significa? Beh… che nonostante ci siano le varianti – ed evidentemente creano preoccupazione – il virus non incide in maniera importante sull’evoluzione dei nuovi contagi. Questo permette di guardare alle riaperture con prudenza ma anche con tempi più ristretti, visto che il mese di attesa che indicava il Consiglio federale è per noi insostenibile”.
La data in cui il cantone intende iniziare ad allentare le restrizioni è il 22 marzo, rispetto a quanto proposto da Berna spicca la volontà di riaprire ristoranti e bar al più tardi entro quella data; perché un passo così deciso?
“La Pasqua cade presto quest’anno – agli inizi di aprile – ed aprire solo con le terrazze sarebbe discriminatorio per chi non le ha, rispettivamente sarebbe un danno economico per un settore che è ormai chiuso da tre mesi e a fine marzo sarebbero quasi 100 giorni di chiusura. Chi dopo 100 giorni di chiusura riesce ancora con motivazione a rilanciarsi? Poi c’è anche il bisogno della popolazione di tornare a una certa normalità con tutti i piani di protezione del caso”.
Da www.rsi.ch/news