Dal Dipartimento istituzioni un piano d’azione. Si punta al ‘dialogo costruttivo’ con i giovani
Il presidente del Consiglio di Stato e direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi lo ha detto e ripetuto, commentando gli assembramenti di sabato sera alla Foce di Lugano e i successivi scontri tra alcuni giovani e le forze dell’ordine: la sola risposta repressiva non basta. Per gestire disagio e tensioni, da ricondurre pure alle prolungate restrizioni alla libertà di movimento per arginare la diffusione della pandemia, servono anche altri interventi. Di natura preventiva. Da qui la strategia messa a punto dal Dipartimento: l’ha illustrata ieri, nelle sue linee generali, nella seduta (in videoconferenza) della Conferenza cantonale consultiva sulla sicurezza, alla quale hanno preso parte, fra gli altri, lo stesso Gobbi, il comandante della Polcantonale Matteo Cocchi e i municipali titolari dei dicasteri Sicurezza dei Comuni polo.
‘Una strategia su più livelli’
Contenuti e scopo della riunione sono riassunti in una nota diramata al termine dell’incontro: “Il Dipartimento istituzioni e per esso la Polizia cantonale in collaborazione con le comunali, davanti a fatti avvenuti negli ultimi mesi che hanno interessato non solo gli spazi alla Foce di Lugano, ma pure il lungolago a Muralto e altre località dove sono avvenute risse con il coinvolgimento di bande di giovani e giovanissimi (sempre però in numero esiguo rispetto alla maggioranza dei giovani che condanna simili atteggiamenti), intende farsi promotore di un’iniziativa che affronti la situazione da angolazioni diverse e con una visione più ampia”. Questo “anche per trasformare il possibile contrasto tra le parti (giovani versus polizia) in un dialogo costruttivo”. La strategia presentata è “su più livelli” e mira a rispondere “alle situazioni più immediate”. Ma con appunto “una visione” anche “a medio termine”: ciò “per approntare una politica di interazione solida e allargata, coinvolgendo i diversi attori presenti sul territorio”. Riguardo alle “necessità immediate” la strategia “comporta un coordinamento delle forze in servizio, con la possibilità di mobilitare in breve tempo risorse che possano sostenere il servizio ordinario di base”. Il tutto “è finalizzato a un intervento preventivo e non repressivo”. Anche altre figure professionali, oltre alla polizia, “potranno essere coinvolte per facilitare il dialogo con i giovani”. Come, ad esempio, gli operatori di strada.
Tre gli obiettivi che ci si prefigge: “Uniformare i principi d’intervento per necessità immediate tra le varie forze di polizia ed enti di primo intervento; incanalare, attraverso operazioni mirate e coordinate regionalmente, le energie di dissenso dei giovani verso forme non violente; applicare il principio della ‘community policing’ con una serie di misure non solo di polizia, affinché il giovane diventi un partner della sua stessa sicurezza e presenza sulla scena cantonale”.
‘Bisogna evitare il ripetersi di certe situazioni’
È una strategia che «si focalizza molto sulla prevenzione e sul far comprendere che non si tratta di un tema solo locale, considerata l’alta mobilità dei giovani e della popolazione in generale», sottolinea Norman Gobbi, raggiunto dalla ‘Regione’ al termine della seduta della Conferenza. Nell’ambito della prevenzione, continua il capo del Dipartimento istituzioni, «si vuole evitare che certe situazioni che abbiamo visto si ripresentino. Marcando presenza, presidiando, ma anche, in caso di necessità, nell’avere un dispositivo d’intervento che possa essere messo in piedi in tempi brevi». Chiaro, se si parla di prevenzione «non si parla solo di un compito di polizia. Ci vuole dialogo e quindi occorre che collaborino anche tutti gli altri attori coinvolti, per far capire ai giovani che in questo momento nel quale si chiedono sforzi e limitazioni a tutti è importante rispettare le regole per continuare a godere delle libertà che comunque ci sono ancora». L’intento, assicura, «non è reprimere, ma evitare appunto che certe situazioni si ripresentino».
Bertini: le città da sole non possono farcela
Si dichiara «soddisfatto» il vicesindaco di Lugano e responsabile del Dicastero sicurezza Michele Bertini. «Il Cantone ha preso coscienza, non soltanto a parole ma anche con i fatti, che le città, al momento quelle maggiormente toccate dal problema, non possono farcela da sole a fronteggiare assembramenti e tensioni che ne possono derivare», dice Bertini alla ‘Regione’. «Questo aiuto fattivo da parte del Cantone è dunque molto importante. E mi rallegra che si sia capito che sarebbe stato sbagliato concentrarsi unicamente sulla Foce e i giovani di Lugano», osserva il municipale, ricordando la necessità di agire anche «sulle cause» di determinati fenomeni. «È senz’altro una buona idea quella del Dipartimento istituzioni – sostiene, da noi interpellato, il presidente dell’Associazione delle Polizie comunali Orio Galli, vicecomandante della Polcom di Torre di Redde, reduce dalla riunione della Conferenza –. E siamo pronti a fare la nostra parte». Del resto «quello che si è chiamati ad assolvere è un compito di prossimità: con il supporto di associazioni e altri partner cantonali e comunali si cercherà di dialogare con i giovani in un’ottica preventiva, per scongiurare tensioni e scontri». Si tratterà allora «di spiegare, di sensibilizzare al rispetto delle disposizioni anti-Covid. Non bisogna fare di tutta un’erba un fascio, molti adolescenti sono infatti consapevoli della necessità di queste norme. È che in questo particolare momento dobbiamo tutti attenerci alle disposizioni». Il progetto del Dipartimento riguarda l’intero territorio cantonale. «Oggi il problema degli assembramenti tocca soprattutto le città – riprende Galli –. Le persone, giovani e non, però si spostano e il problema potrebbe dunque manifestarsi anche nelle zone periferiche. Come Polizie comunali e come è stato nella prima ondata pandemica, collaboreremo con la Polizia cantonale. Attendiamo ora di conoscere i dettagli operativi».
Da www.laregione.ch
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Giovani e violenza, si cerca il dialogo
https://www.rsi.ch/play/tv/redirect/detail/13931479
Servizio all’interno dell’edizione di mercoledì 24 marzo 2021 de Il Quotidiano
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“Il coprifuoco non è un tema”
Norman Gobbi spiega la strategia del Cantone per evitare che si ripresentino casi di tensione come quello avvenuto sabato alla foce del Cassarate e la strategia per evitare che l’arrivo di molti turisti crei problemi
Questo pomeriggio le autorità cantonali e delle città che si occupano di sicurezza si sono incontrate in videoconferenza. Il punto all’ordine del giorno era chiaro: i recenti episodi di violenza e di tensione vissuti in alcuni luoghi di aggregazione e il rischio che la situazione peggiori con il pienone di turisti che si attende in Ticino in vista della Pasqua. Teleticino ne ha parlato con il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi.
Avete trovato delle soluzioni per evitare il ripetersi di episodi come quello della Foce?
L’obiettivo principale è evitare che queste situazioni possano riprodursi. C’è una necessità di momenti aggregativi che però collidono con le ordinanze federali. L’obiettivo primario è quello preventivo, proprio perché il compito principale degli organi di polizia è prevenire. Prevenire significa presidiare quei luoghi, cercare di evitare delle escalation, cercare di evitare momenti di assembramento che poi sono più difficili da gestire. Questo lo faremo attraverso un dispositivo cantonale, perché questo non è un problema di Lugano o del lungolago di Muralto, ma è un problema cantonale: vista l’alta mobilità dei giovani e dei giovanissimi, ma più in generale della popolazione. L’obiettivo è avere una rete di supporto che non passa solo attraverso gli organi di polizia, ma che dovrà coinvolgere anche gli organi di intervento sociale, pensando agli operatori sociali, gli operatori di strada e i pari che possono parlare con i giovani spiegando che attualmente non è opportuno fare questo tipo di assembramenti proprio perché c’è anche una bassa comprensione da parte della popolazione che le limitazioni le sopporta e le supporta.
Qualcuno ha avanzato l’ipotesi di un coprifuoco alle 22, ne avete parlato?
Il coprifuoco non è un tema. L’obiettivo non è imporre dei coprifuoco, perché sarebbero difficilmente comprensibili. Non siamo un Paese che conosce l’idea del coprifuoco a differenza di repubbliche vicine, penso alla Francia che lo aveva proposto alcune settimane fa o all’Italia con una forte limitazione delle libertà individuali. La Svizzera e il Canton Ticino hanno ancora un tasso di libertà individuale ben superiore rispetto a quello che ci sta attorno. Quindi l’obiettivo è proprio nell’ambito della libertà, lavorare sulla responsabilità ma dall’altra parte intervenire in maniera preventiva proprio per evitare il ripresentarsi di certe situazioni.
Si avvicina anche la Pasqua, avete pensato a dispositivi di sicurezza particolari per l’afflusso di turisti durante le vacanze?
Lavoreremo anche qui sulla prevenzione. Abbiamo coinvolto Hotelleriesuisse Ticino, l’associazione dei campeggi, ma anche l’Azienda ticinese per il turismo. L’obiettivo è proprio quello di informare gli ospiti che arriveranno sul nostro territorio, anche attraverso i comuni per quello che riguarda le case secondarie, nel far comprendere come il rispetto delle regole di comportamento sia un aspetto essenziale di rispetto nei confronti della popolazione nel nostro Cantone, ma anche di rispetto di normative federali. L’obiettivo è far comprendere che ci sono regole da rispettare per evitare momenti di conflitto o di potenziale tensione. Dall’altra parte, però, ci sarà un’attenzione da parte dei comuni che faranno anche loro un’attività di comunicazione, attraverso manifesti o volantini, che servono a tenere alta l’attenzione su un momento comunque difficile per tutti, ma in cui la gente vuole godere del nostro territorio e dei momenti di aria libera e speriamo di bel tempo.
Quindi si parla di prevenzione da una parte e dall’altra di una maggior presenza di polizia nei luoghi più sensibili.
Questa è la strategia proprio nell’ottica di evitare momenti di tensione, perché poi quando bisogna intervenire il dispiego di forze è importante. La prevenzione è la miglior medicina e soprattutto far comprendere che il rispetto delle regole è la miglior medicina per permetterci di godere delle libertà di cui ancora godiamo.
Da www.ticinonews.ch