Le misure di risparmio annunciate dal Governo italiano fanno discutere anche in Ticino. Infatti la manovra anti-crisi prevede la scomparsa dei comuni con una popolazione inferiore ai 1’000 abitanti, che saranno costretti a aggregarsi, nonché l’abolizione delle province con meno di 300’000 abitanti. Tra queste figurava in un primo tempo anche la provincia di Sondrio, il cui presidente ha reagito chiedendo l’annessione alla Svizzera. La provincia di Tremonti è stata però in seguito salvata con l’aggiunta di una clausola territoriale. Figura invece ancora tra le province a rischio quella del Verbano-Cusio-Ossola, che dovrebbe tornare ad unirsi con quella di Novara, cui ha fatto parte fino al 1993.
Abbiamo chiesto al presidente della Regio Insubrica, Norman Gobbi, un parere sulle ripercussioni della manovra italiana nei rapporti transfrontalieri.
Lei ritiene che l’abolizione della provincia del Verbano-Cusio-Ossola possa avere ripercussioni sulla Regio Insubrica? Il dialogo con le regioni confinanti potrebbe essere più difficile?
Bisogna ancora valutare. Ho sentito Massimo Nobili, presidente della giunta provinciale, la sera stessa della decisione del Consiglio dei Ministri e gli ho espresso il mio sostegno. I quasi 20 anni di esistenza della provincia del VCO sono stati caratterizzati sempre da ottimi rapporti.
Mi riservo di prendere una decisione, come presidente della Regio Insubrica, per dimostrare ulteriormente il nostro sostegno all’esistenza di questa provincia. Per noi Verbania, sul Lago Maggiore, è un punto di contatto molto più importante rispetto a Novara, che è più distante.
In seguito a questa manovra anche diversi sindaci di comuni di confine hanno affermato a mezzo stampa di voler chiedere l’annessione alla Svizzera. Secondo lei sarebbe fattibile o si tratta solo di una provocazione?
Io parto sempre dal presupposto dell’autodeterminazione: se loro sono in grado di autodeterminarsi e decidono di venire con noi, non solo a livello mediatico ma anche concretamente, si dovrebbe valutare i passi da intraprendere. Ogni comunità è autonoma nel decidere la propria strada. La Svizzera ha già affrontato questo discorso al termine della prima guerra mondiale con il Voralberg. Poi ha prevalso la prudenza elvetica e la volontà di non rovinare i rapporti internazionali. L’anno scorso, quando il collega UDC Baettig presentò una mozione in cui chiedeva di modificare la legge a livello svizzero per consentire l’accorpamento delle regioni confinanti che avessero avanzato richiesta di adesione alla Svizzera, i politici italiani si inalberarono alla sola idea. Oggi invece dicono che come scelta non sarebbe così male.
In questa vicenda la Regio Insubrica può rivestire un ruolo?
Nei rapporti tra Svizzera e Italia, la Regio Insubrica deve incrementare il suo ruolo di interfaccia tra questi territori, anche verso le rispettive capitali nazionali. Proprio perché la nostra vicinanza sul territorio, la condivisione di problematiche comuni, la nostra conoscenza reciproca e la comunanza di cultura e territorio ci permettono di avere un altro punto di vista, che non è quello che Berna ha su Roma e viceversa, ma quello tra Lugano e Varese o Como, Locarno e Verbania.
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