Da www.laregione.ch
Accolto l’obbligo introdotto dal Cantone, ma il presidente chiede coerenza negli altri commerci. Gobbi: “Non escludiamo un obbligo’ anche per i negozi”
Ieri il Consiglio di Stato ha annunciato il prolungamento delle disposizioni cantonali in materia di coronavirus fino al 9 agosto, introducendo in più il nuovo obbligo di mascherina per gli “addetti alla clientela del settore della ristorazione”. Una decisione seguita a un caso di contagio nei Grigioni, che aveva spinto il medico cantonale retico e quello ticinese a sottolineare come neppure le visiere di plexiglas costituiscano una protezione adeguata. Ecco allora lo sfogo di Suter: «Non vorrei che i ristoratori venissero trattati come untori, e devo ammettere che anche a livello federale le indicazioni non ci paiono molto coerenti. Noi confermiamo la nostra piena collaborazione e anche la disponibilità a fare certi sacrifici, ma non si vede perché questo non debba essere richiesto anche ad altri».
Il Presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi ha subito risposto alle critiche dei ristoratori: «Da una parte c’è da considerare che nella ristorazione vengono erogate bevande e vivande che in assenza di protezioni rischiano di diventare a loro volta un vettore di trasmissione. Le nuove misure mirano ad aumentare ulteriormente la qualità del servizio. Dall’altra non ci siamo dimenticati delle altre attività commerciali, tant’è vero che abbiamo scritto alle varie associazioni di settore sollecitando il pieno rispetto dei piani di protezione. Piani che prevedono anche la raccomandazione dell’uso della mascherina, qualora le condizioni di servizio la rendano necessaria per tutelare la propria salute, quella dei propri collaboratori e della clientela. Per ora si tratta di un avvertimento, ma in caso se ne riscontrasse la necessità, in futuro non escludiamo l’introduzione di un eventuale obbligo”.
In un comunicato Gastroticino – l’associazione di categoria dei ristoratori ticinesi – giudica le misure “sicuramente incisive ma ponderate” e “condivide in pieno spirito solidale” la loro adozione. Anche se, nota Suter, «con 30 gradi all’ombra e umidità al 90% non sarà sicuramente facile indossare la mascherina». In ogni caso «conosciamo la situazione epidemiologica, sappiamo che non è delle migliori e siamo disposti a fare di tutto pur di evitare un secondo lockdown. E se la mascherina è giudicata una condizione essenziale per garantire la sicurezza dei clienti e invogliarli a venire a ristorante, va bene così»
Quanto alla visiera, «la scelta mirava a permettere una maggiore leggibilità dei propri volti da parte del cliente, in modo da garantire un servizio più cordiale e confortevole. Non poter vedere il viso del cameriere rischia di infastidire il cliente. Ma ora che i medici cantonali sottolineano come la visiera non sia una protezione sufficiente, provvederemo senz’altro ad adeguarci».