Articolo pubblicato nell’edizione di lunedì 18 maggio 2020 del Corriere del Ticino
Verso il 3 giugno / L’annunciata apertura delle frontiere da parte italiana ha sorpreso la Svizzera – Keller-Sutter: «Decisione unilaterale» Gobbi chiede che il Ticino faccia parte del gruppo che tratterà direttamente con Roma, e aggiunge: «Rimarranno centrali le valutazioni sanitarie»
Le frontiere, ancora loro, sempre loro. Il Ticino è anche questo, terra di frontiera. Naturale quindi se ne parli tanto. Naturale sia un tema centrale ora, con la pandemia di mezzo, con un’entità, la Lombardia, che di fatto ha rappresentato il focolaio di un intero continente. E noi lo sappiamo bene, ce ne siamo accorti insomma. Ecco allora che il nuovo decreto del Governo di Giuseppe Conte – approvato dopo ore di discussioni nella notte su sabato -, quello che prevede l’apertura delle frontiere per il prossimo 3 giugno, ha fatto da scintilla.
«Tra il dire e il fare…»
La prima a rispondere è stata Karin Keller-Sutter. Ai microfoni della SRF ha infatti spiegato: «Si tratta di una decisione unilaterale dell’Italia di cui prendo atto». La consigliera federale, ministra di Giustizia e Polizia, ha poi aggiunto: «La Svizzera deciderà autonomamente se consentire il rientro di persone provenienti dall’Italia. Abbiamo avuto contatti con l’Italia la settimana scorsa, ma non si è parlato di questa riapertura (al contrario di quanto fatto rispetto ad altri Paesi, Germania, Austria e Francia, n.d.r.). È importante che ci coordiniamo in maniera stretta su questo tema con il Canton Ticino, che è stato molto colpito dalla pandemia». E il Ticino come ha preso questa notizia? Domanda da noi rivolta al presidente del Consiglio di Stato, Norman Gobbi. «Ho subito capito che tra il dire e il fare ci sarebbe stato di mezzo il mare. Nel senso che per giungere a una reale definizione di questa apertura occorrerà ancora tempo e soprattutto lavoro, per stabilire i giusti termini di tale apertura con il coinvolgimento di Berna e del Ticino. Non per niente già nella giornata di sabato ho subito inviato al segretario di Stato, Mario Gattiker, la richiesta, in quanto Cantone direttamente coinvolto dalla decisione italiana, di poter far parte del gruppo che tratterà direttamente con Roma. E posso assicurare che il Governo ticinese opera con unità su questi aspetti. Lo abbiamo dimostrato durante tutta questa crisi».
«Fuga in avanti italiana»
Keller-Sutter è stata chiara: «Decisione unilaterale». Norman Gobbi prova a spiegare cosa ciò comporti: «In modo diplomatico posso rispondere che ogni nazione è libera di decidere e implementare le proprio decisioni. Certo, qui siamo di fronte a un passo che avrebbe dovuto necessariamente veder coinvolta oltre la Svizzera anche gli altri Paesi europei. Se è vero che i rapporti tra i nostri due Stati sono continui, è altrettanto vero che questa decisione è una chiara fuga in avanti italiana che Berna non aveva previsto in questi termini. Ma buttare benzina sul fuoco oggi non serve a nulla. Bisogna solo lavorare tenendo conto degli interessi ticinesi e svizzeri». Un Ticino che, a detta del consigliere di Stato, non sarebbe ancora pronto a un tale passo: «No, non lo siamo. La Svizzera non è pronta. Ma è normale che sia così e non voglio quindi dire che ci faremo trovare impreparati il 3 giugno. Verranno fatte tutte le valutazioni del caso; è già in programma un incontro con Roma proprio questa settimana. E se ne discuterà anche alla luce della situazione sanitaria dei due Paesi».
«Le iniziative ticinesi»
Già, perché chiudere o aprire una frontiera è una decisione politica, ma il rischio legato a tale decisione è sanitario. Ancora Gobbi: «Le valutazioni sanitarie dovranno continuare a rivestire un ruolo centrale, anche perché sappiamo che le frontiere sono state chiuse per determinati motivi e il Consiglio di Stato ticinese è stato il primo a chiedere questa misura. La loro riapertura dovrà essere analizzata affrontando questi motivi e se i nodi non dovessero essere sciolti, allora anche la riapertura dovrà essere impostata con certe condizioni. Oggi però non siamo ancora in grado di vedere tutte le implicazioni di questa riapertura». Il medico cantonale Giorgio Merlani, alla RSI: «La motivazione dal punto di vista economico è chiara, da quello sanitario, soprattutto vedendo l’evoluzione epidemiologica del Nord Italia, mi sembra un po’ un azzardo. Dal punto di vista sanitario è una decisione che sorprende». Il dossier è ancora da studiare nei minimi dettagli. «Le informazioni in nostro possesso, dopo la decisione di venerdì emersa in Italia, non sono ancora del tutto chiare – spiega Gobbi – Quindi sia per l’autorità federale che per quella cantonale è basilare capire con precisione quanto stabilito dal Governo italiano. E lo stiamo facendo in queste ore». Studiare il dossier per poi tornare a rivolgersi ai cittadini ticinesi, che in queste ultime settimane – dati i bisogni dell’economia nostrana – hanno registrato messaggi di sensibilizzazione su commercio e turismo interni. L’apertura della frontiera potrebbe giocare contro queste necessità. «I ticinesi hanno ben presente quale sia la situazione in Italia, quali sforzi abbiamo fatto da noi per contenere la crisi sanitaria e il pericolo che ancora si può correre, andando in Italia, così come in altre nazioni. Le iniziative promosse in Ticino per i ticinesi e per gli ospiti confederati mantengono intatto il loro significato e il loro valore».