Giustizia, Gobbi: “Riforma delle nomine”

Giustizia, Gobbi: “Riforma delle nomine”

L’anno giudiziario si è aperto lunedì a Lugano tra sfide e nuovi progetti per un sistema più efficiente – Il focus è sulla digitalizzazione e le risorse umane

L’inaugurazione dell’anno giudiziario lunedì a Lugano ha messo in luce le sfide persistenti del sistema giudiziario ticinese. Giovan Maria Tattarletti, neopresidente del Tribunale d’Appello, ha sottolineato che i nuovi casi sono aumentati nel 2023, sfiorando i 50’000, mentre quelli risolti sono diminuiti e le giacenze sono aumentate. “I problemi sono quelli di sempre: risorse insufficienti e un sistema di nomina che scricchiola”, ha dichiarato ai nostri microfoni.

Secondo Norman Gobbi, responsabile del Dipartimento delle Istituzioni, servono più risorse e un nuovo approccio nella gestione del personale. “La gestione del personale diventa sempre più complessa e ha bisogno di competenze e formazione”, ha detto, annunciando un corso di formazione per il prossimo anno.

Gobbi ha inoltre proposto una riforma del sistema di nomina per i procuratori, suggerendo una direzione eletta dal parlamento che scelga i membri del Ministero pubblico. “Credo che una soluzione potrebbe essere quella di avere una direzione nominata dal parlamento, che poi sceglie gli altri 20 membri”, ha spiegato. Tattarletti ha espresso scetticismo sulla proposta, sostenendo che tutti i magistrati debbano avere la stessa legittimazione.

Il tema verrà discusso in parlamento, ha detto Fiorenzo Dadò, presidente della Commissione giustizia e diritti. “Bisogna puntare su competenza, esperienza e idoneità per evitare polemiche che danneggiano le istituzioni”, ha dichiarato. Per la prima volta, la commissione parlamentare era presente all’inaugurazione: “Ci tenevo a dare un segnale chiaro di vicinanza della politica alla giustizia per risolvere i problemi della giustizia”, ha concluso Dadò.

https://www.rsi.ch/info/ticino-grigioni-e-insubria/Giustizia-Gobbi-%E2%80%9CRiforma-delle-nomine%E2%80%9D–2167825.html

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«La Giustizia non cade a pezzi, ma certi problemi vanno risolti»

Durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, il presidente uscente del Tribunale d’appello Damiano Bozzini esprime la necessità di scelte coraggiose ed evoca criticità riguardo alla separazione dei poteri – Gian Maria Tattarletti: «Gli effettivi insufficienti mettono a rischio la qualità»

La fiducia nelle istituzioni, gli effettivi insufficienti, il problema delle nomine politiche, la separazione dei poteri. O, per dirla con le parole del neopresidente del Tribunale d’appello, Gian Maria Tattarletti, «le problematiche ( n.d.r. in seno alla Giustizia ticinese) sono varie, complesse, interconnesse. E per affrontarle e risolverle con serietà occorre un approccio sistemico».
Il tradizionale appuntamento con l’inaugurazione dell’anno giudiziario – svoltosi ieri al Palazzo dei congressi di Lugano – è stato nuovamente l’occasione per fare il punto della situazione in un settore che, anche in quest’ultimo periodo, non ha mancato di far parlare di sé. E non sempre per buoni motivi. Tra segnalazioni fra giudici del Tribunale penale cantonale, nomine politiche per il Ministero pubblico (con relative polemiche) e accesi dibattiti in vista del voto popolare del 9 giugno (ossia sull’acquisto dello stabile EFG), gli «spunti» critici non sono infatti mancati nemmeno questa volta. Anche se, va detto, gli oratori hanno essenzialmente tutti voluto respingere la narrazione secondo cui «la Giustizia ticinese cade a pezzi». Come dire: i problemi ci sono, sì, ma il sistema regge bene.

Non solo numeri
Il primo a prendere la parola, il direttore del Dipartimento delle istituzioni, Norman Gobbi, ha voluto in primis mettere l’accento sull’importanza delle persone, dai magistrati fino agli ausiliari amministrativi, che compongono il settore. «Uomini e donne che costituiscono la prima risorsa della Giustizia» e «dalle cui conoscenze, abilità, motivazione, entusiasmo e armonia nelle relazioni, dipende la forza che sanno esprimere nei confronti della cittadinanza allorquando amministrano la Giustizia». E siccome «la Giustizia è un bene prezioso», ha aggiunto, «occorre che le istituzioni politiche mettano nelle condizioni adeguate le autorità giudiziarie affinché possano assolvere i propri compiti in modo efficiente ed efficace». Ma, ha precisato Gobbi ponendosi una domanda, «che cosa significa mettere nelle condizioni adeguate le autorità giudiziarie?». «Per il sottoscritto non significa solo il semplicistico aumento delle risorse umane. Dare le risorse necessarie va compreso non solo in termini di aumento del numero di collaboratori, ma anche nel fornire risorse adeguate a livello formativo, organizzativo, logistico e tecnologico». E quando si parla di persone, ha evidenziato, «occorre selezionarle con cura, formarle adeguatamente, inserirle bene nel contesto lavorativo e quindi farle crescere, motivandole costantemente. Tutte premesse per il buon funzionamento della Giustizia». È in questo senso che Gobbi ha voluto lanciare «un appello all’autorità di nomina », la Commissione Giustizia e diritti del Gran Consiglio che era presente all’appuntamento, poiché «la scelta dei magistrati è fondamentale per il buon funzionamento dell’autorità giudiziaria e quindi per la fiducia che la cittadinanza ripone nella Giustizia». Qualche parola, poi, Gobbi l’ha spesa anche in vista del voto del 9 giugno sull’acquisto dello stabile EFG, rimarcando che «mettere nelle condizioni adeguate le autorità giudiziarie significa anche dotarle di stabili adeguati».

Una polemica smorzata
Il bilancio del presidente uscente del Tribunale d’appello, Damiano Bozzini, è invece partito da una premessa fondamentale. Citando il rendiconto 2023, Bozzini ha infatti ricordato «la buona situazione generale del Tribunale», pur riconoscendo che sussistono «puntuali aspetti che richiedono attenzione». Ma, ha sottolineato, malgrado ciò «posso tranquillizzarvi: la Giustizia ticinese non cade a pezzi».
Fatta questa premessa, il dicorso di Bozzini ha poi preso una direzione ben diversa. E il presidente uscente non ha mancato di tornare su quegli «aspetti che meritano attenzione ». Uno dei quali, ha precisato, è «scottante» e «mi sta particolarmente a cuore»: «L’esigenza di difendere l’indipendenza della Magistratura e di concretizzare il dettame costituzionale che impone la separazione dei poteri dello Stato». E ciò, ha spiegato senza entrare nei dettagli, «con particolare riferimento ai rapporti tra Magistratura e amministrazione cantonale», poiché «credo profondamente nella collaborazione, possibile solo se vi è il rispetto reciproco dei rispettivi ruoli istituzionali». Anche perché, ha aggiunto, «la mia esperienza di questi due anni (n.d.r. alla presidenza del Tribunale) ha rafforzato il convincimento che il tema necessiti urgentemente una discussione approfondita e conseguenti scelte da parte di Governo e Legislativo ».
Insomma, in questi ultimi anni qualcosa non ha funzionato, perlomeno nei rapporti tra la Magistratura e una parte della politica. Ma, come vedremo, su questo fronte, almeno per il momento Bozzini ha voluto evitare «inutili polemiche». Il presidente uscente ha quindi poi voluto rilevare «con piacere» la presenza della Commissione Giustizia e diritti, «che so essere particolarmente attenta ai bisogni della Giustizia e cosciente del difficile momento, che esige decisioni coraggiose e lungimiranti». Anche qui, nell’esigenza di «decisioni coraggiose» espressa dal presidente uscente, traspare in qualche modo la necessità di fare qualcosa. In questo senso Bozzini ha auspicato, «nel rispetto dei rispettivi ruoli», «un dialogo costante, frequente e aperto tra Commissione da un lato e Consiglio della Magistratura e autorità giudiziarie dall’altro, affinché determinate questioni possano essere individuate, affrontate e risolte per tempo».
Fatte queste considerazioni, che come detto hanno lasciato trasparire tutta la tensione presente nel settore in questi mesi, Bozzini ha però voluto tirare il freno a mano, evitando polemiche, perlomeno in questo momento. «Oggi avrei parecchio altro da dire, cogliendo l’opportunità della vostra presenza e dei media, che probabilmente alle mie parole potrebbero conferire qualche eco». Ma, ha aggiunto, «dopo attenta riflessione, ho però raggiunto la convinzione che la circostanza dell’apertura dell’anno giudiziario non si presti a sviluppare adeguatamente temi di questa portata. A maggior ragione in un momento molto delicato per varie circostanze contingenti». Insomma, «sono questioni che vanno affrontate con il necessario spirito critico, con libertà di parola e franchezza, con serenità d’animo e sobrietà di toni». E se da una parte «è mia responsabilità istituzionale parlare in modo franco», dall’altra «è altresì mio dovere evitare inutili e dannose polemiche ». Ad ogni modo, guardando al futuro, il presidente uscente si è ripromesso «di esporre i fatti e le mie considerazioni e relative proposte nelle sedi istituzionali preposte e nei modi opportuni, nella convinzione che la discussione sul tema sia urgente e necessaria».

Rivedere le priorità
L’ultimo intervento è spettato al presidente entrante del Tribunale d’appello, Gian Maria Tattarletti. E anch’esso, in entrata, ha voluto rispedire al mittente le critiche secondo cui «la Giustizia cade a pezzi». In questi ultimi mesi, ha affermato, «complice l’avvicinarsi delle votazioni, si sono lette e sentite locuzioni relative alla Giustizia ticinese; chi la ritiene in crisi o persino in pieno caos. Ma qual è lo stato di salute reale? Stiamo ai fatti, a ciò che emerge dal rapporto del Consiglio della Magistratura, nel quale si può leggere che “la Magistratura cantonale, nonostante il contesto disagevole, ha saputo operare in maniera adeguata alle aspettative” », garantendo una buona qualità. Di questo risultato, ha affermato, «devono essere fieri tutti coloro che, a tutti i livelli, operano nel settore ». Certo, ha aggiunto, «dire questo non significa crogiolarsi nell’autoconvincimento che tutto vada bene e tutto sia perfetto», anche perché «c’è un margine di miglioramento che va sfruttato». E «le problematiche e le difficoltà esistenti, che sono più o meno sempre le stesse», non vanno sottaciute. In questo senso il presidente entrante ha in particolare messo l’accento, nuovamente, sul numero degli effettivi, giudicato «insufficiente ». Per Tattarletti occorre «essere consapevoli che l’inadeguatezza degli effettivi, oltre a non essere salutare, rischia di porre anche un problema di qualità».

Tornando invece «sull’annoso tema delle nomine dei magistrati », il presidente ha affermato che «lo spettacolo a cui abbiamo assistito due mesi fa in occasione della sostituzione di due procuratori pubblici ci dice che non abbiamo fatto progressi». Anzi. Il messaggio lanciato in quell’occasione «è stato particolarmente negativo per la credibilità dell’autorità giudiziaria». Perciò, ha evidenziato, «occorre quantomeno rivedere le priorità del sistema », per evitare che nel contesto delle singole elezioni possano «prevalere criteri di mera spartizione politica rispetto a criteri di competenza ed esperienza. Spetta a chi è chiamato a decidere – ha chiosato – assumere fino in fondo la responsabilità di operare una scelta che sia basata in primis su questi ultimi criteri e che, anche formalmente, non presti il fianco a dubbi».

Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 4 giugno 2024 del Corriere del Ticino

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Apre l’anno giudiziario, si torna a parlare di risorse per la magistratura

Si è aperto oggi l’anno giudiziario 2024-2025. Il neopresidente del Tribunale d’appello chiede risorse adeguate per la giustizia ticinese.

“Il giudizio non è mio, ma del Consiglio della magistratura: la giustizia ticinese funziona, nonostante i disagi dal punto di vista logistico e delle risorse umane”. Per il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi, la giustizia ticinese sta tutto sommato bene. I margini di miglioramento certo non mancano. Sul piano “logistico”, il riferimento va evidentemente al voto del 9 giugno sul nuovo palazzo di giustizia, ma anche alla trasformazione digitale. Sul piano delle risorse umane, il riferimento va anche alla questione della nomina dei magistrati, tornata prepotentemente d’attualità negli scorsi mesi.

Mezzi adeguati
Il tema delle risorse è stato sottolineato anche nel discorso del nuovo presidente del Tribunale d’appelloGiovan Maria Tattarletti, entrato oggi in carica, nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024-2025. Ai nostri microfoni, Tattarletti ha voluto sottolineare l’importanza per la giustizia di disporre di mezzi adeguati. “È giusto fare un discorso di efficienza”, premette il nuovo numero uno del Tribunale d’appello, che però precisa: “Scorporarlo da una riflessione sull’adeguatezza della risorse diventa un po’ fine a sé stesso”.

Separazione dei poteri e funzionalità
Più risorse, più efficienza, ma anche più indipendenza. “È un tema che mi sta particolarmente a cuore”, commenta Damiano Bozzini, presidente uscente del Tribunale d’appello, che auspica “l’apertura di un dibattito franco sull’esigenza di garantire la separazione dei poteri”. Difficile non cogliere un riferimento alla questione della nomina dei magistrati. “Una volta i procuratori pubblici erano sei, oggi sono oltre 20”, osserva Norman Gobbi. “Il sistema di nomina è però rimasto lo stesso. Vale la pena rivedere questo approccio”. Il direttore delle Istituzioni suggerisce di prendere esempio dal Ministero pubblico della Confederazione, “dove il Parlamento nomina unicamente la direzione, che ha il compito di scegliere i procuratori. Così si garantiscono democraticità e funzionalità. Credo che questo sia un elemento su cui il Parlamento deve riflettere”.

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