Il tribunale aveva deciso di metterlo all’asta, ma i tempi giudiziari si allungano: almeno uno degli imputati ricorre contro la condanna
Sono ancora bloccate le 30’000 bottiglie di vino contraffatto sequestrate in Ticino nel quadro dell’indagine sulla truffa che, un mese fa, ha portato a quattro condanne in prima istanza.
Il giudice Amos Pagnamenta a fine giugno aveva deciso di far mettere all’asta l’ingente quantitativo. Una decisione non digerita da chi nel settore ci lavora, che ne chiede invece la distruzione per non inondare il mercato di vino certamente bevibile e non pericoloso per la salute, ma nemmeno pregiato, e soprattutto di provenienza non certificata. Con la distruzione si potrebbe inoltre procedere a recuperare tasse e dazi doganali. Mercoledì i rappresentanti dell’interprofessione del vino e della vite ticinese hanno avuto un breve incontro con Norman Gobbi per ribadire la loro posizione. Una posizione condivisa a titolo personale dal consigliere di Stato, ma bisognerà attendere l’esito del processo in appello: la difesa di almeno uno degli imputati, infatti, ha annunciato ricorso.
L’allungamento dei tempi giudiziari potrebbe avere un influsso anche sul contenuto delle bottiglie, che nel frattempo rischia di ossidarsi e quindi – afferma Andrea Conconi direttore dell’interprofessione, “difficilmente arriverà sul mercato”.
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