Questo anno elettorale, che va dalle elezioni cantonali alle elezioni comunali, passando da quelle imminenti federali, riporta in primo piano il tema della partecipazione popolare e della fiducia verso le nostre istituzioni democratiche. Il barometro tende ormai da anni al brutto, tanto che ho già avuto modo di parlare di «democrazia in pericolo ». È un fenomeno che non riguarda solo il Ticino. Proprio per questo abbiamo l’obbligo di intervenire anche al nostro livello per tentare di invertire questa preoccupante tendenza. Lo possiamo fare con atti concreti che personalmente individuo su tre piani. Il primo piano è quello che chiamerei «strutturale» e ha una valenza culturale e politica di ampio respiro. La parola «democrazia» sarà quella più usata nei discorsi del 1.
Agosto. Giustamente, perché la nostra democrazia diretta è un vanto. Il sistema politico svizzero prevede che siano i cittadini a «fare lo Stato». E la partecipazione è condizione indispensabile. Senza questa tutto cade, tutto si ferma. Si tratta quindi in buona sostanza di seminare sul tessuto sociale cantonale quelle buone pratiche che permettano alla cittadinanza di ritornare attore protagonista della scena democratica. Partire dal primo livello, ossia dai Comuni, è essenziale, anzi, direi naturale. Con la Sezione degli enti locali abbiamo iniziato un lavoro assieme ad alcuni Comuni-pilota per aumentare la compartecipazione delle cittadine e dei cittadini alla costruzione e quindi alla realizzazione dei progetti che più stanno loro a cuore. Si tratta di un insieme di strumenti e procedure che servono ad assicurare un’adeguata conduzione politica del Comune, coinvolgendo i cittadini e gli attori economici presenti sul territorio per rispondere ai loro bisogni. Tutto questo confluirà in una proposta di modifica dell’attuale Legge organica comunale (LOC), riforma che rimane uno degli obiettivi di questa nuova legislatura per il Dipartimento delle istituzioni. Nello stesso tempo però, sempre grazie alla Sezione degli enti locali, il Governo ha accolto la nostra proposta di sviluppare il progetto «Democrazia viva», che agirà in modo sempre più incisivo su questo tema essenziale.
Il secondo piano è più «funzionale». Ritengo che per ravvivare l’interesse intorno alla politica, e quindi aumentare la partecipazione, anche un cambiamento del sistema elettorale sia indispensabile. Per questo all’inizio di quest’anno ho avviato la discussione in Consiglio di Stato sull’introduzione del maggioritario per l’elezione del Governo a livello cantonale e dei Municipi a livello comunale. Stiamo ora aspettando alcuni approfondimenti. Poi la discussione sarà rilanciata tra i partiti e soprattutto tra la cittadinanza.
Il terzo e ultimo piano è quello «personale ». È attraverso la testimonianza diretta che un messaggio passa. Così come il buon docente lo si riconosce perché crede nella missione educativa e formativa dei ragazzi e la esplicita portando tutto sé stesso in classe, così il politico – di ogni livello – può essere un buon politico se testimonia il suo impegno, spesso di milizia, nel prendere a cuore ogni tematica che porta a un miglioramento della qualità di vita di tutti coloro che compongono la comunità. La testimonianza diventa così un valore da imitare. Alla vigilia del 1. Agosto potremmo dunque – noi politici – prenderci questo impegno.
Opinione pubblicata nell’edizione di sabato 29 luglio 2023 del Corriere del Ticino