Prigioni mai così piene in Ticino. Soprattutto La Farera, il carcere giudiziario. Dove vengono rinchiusi gli imputati in attesa di giudizio dei quali il Ministero pubblico, con l’ok del giudice dei provvedimenti coercitivi, ha deciso la detenzione preventiva. «Siamo in difficoltà, in grosse difficoltà», conferma, interpellato dalla ‘Regione’, il direttore delle Strutture carcerarie cantonali Stefano Laffranchini.
«In passato abbiamo avuto situazioni di sovraffollamento, ma a questi livelli è storicamente la prima volta», sottolinea. Il problema, continua Laffranchini, «ha cominciato a manifestarsi un paio di settimane fa, negli ultimi giorni si è però aggravato».
Direttore, i numeri?
Oggi (ieri, ndr) alla Farera, che ha una capienza massima di 88 posti, ci sono 86 detenuti, il novanta per cento stranieri. Nella vicina Stampa, ossia il carcere penale, destinato a coloro che sono stati condannati a una pena detentiva, ci sono 144 persone: la capienza massima è di 144 posti. Alla Stampa dunque si registra il tutto esaurito. A preoccuparmi sono in particolare le cifre che riguardano il carcere giudiziario della Farera. E che sono da ricondurre all’accavallarsi in questo periodo di diverse inchieste del Ministero pubblico con un numero importante di persone delle quali viene ordinata la carcerazione. Spesso sono cittadini stranieri per i quali sussiste un marcato rischio di fuga prima del processo. Ora, non potendo intervenire sulla logistica, dato che eventuali misure concernenti le strutture non competono al sottoscritto, devo trovare delle soluzioni sul piano organizzativo.
Le ha già trovate?
Qualcosa sì. All’interno della Stampa, per esempio, abbiamo due celle ubicate in un luogo per fortuna fisicamente ben separato dagli spazi riservati ai detenuti in esecuzione di pena. Le ultime due ancora disponibili. Che come Direzione abbiamo momentaneamente trasformato in celle per prevenuti. Cioè per quelle persone di cui il procuratore pubblico ha disposto la detenzione, confermata dal giudice dei provvedimenti coercitivi, per rischio di recidiva o di collusione oppure di fuga e che di regola vengono rinchiuse alla Farera in attesa della conclusione dell’inchiesta. Questi imputati non possono avere contatti con il resto della popolazione carceraria, ma come detto alla Stampa le due celle sono separate da quelle per i detenuti che, condannati, stanno espiando la pena. Ricordo che nella capienza massima di posti alla Stampa rientrano anche quelle due celle. Alla Farera, dove la stragrande maggioranza dei detenuti è di sesso maschile, alcuni imputati uomini siamo ora costretti a collocarli nelle celle, libere, del comparto femminile. Con notevoli sforzi sul piano organizzativo per rispettare anche in questo caso la legge: nella fattispecie per evitare che questi imputati vengano a contatto con le detenute presenti nel comparto.
Soluzioni sufficienti?
Lo vedremo. Intanto sono anche in contatto con la Polizia cantonale per quanto riguarda l’uso delle celle di polizia di Mendrisio e Lugano. Si sta valutando la possibilità, in questa fase di urgenza, di evitare l’immediato trasferimento alla Farera delle persone tratte in arresto. In altre parole, si sta valutando la possibilità di prolungare la loro permanenza nelle celle di Mendrisio e Lugano sino a quando si libereranno posti nel carcere giudiziario.
Direttore Laffranchini, in questa fase appunto di emergenza, ha dovuto rivedere turni e congedi degli agenti di custodia?
Per ora no. Il numero di agenti è adeguato per una situazione normale, non a un simile livello di occupazione del carcere giudiziario della Farera. Ma so, per esperienza, di poter contare su personale capace e con un elevato spirito di servizio.
Individuati dei rimedi
Quanto sta interessando il settore carcerario è ovviamente sotto la lente anche della Divisione della giustizia del Dipartimento istituzioni. «Ho già informato della situazione le autorità giudiziarie penali e la Polizia cantonale: abbiamo nel frattempo individuato dei rimedi per gestire subito e al meglio questo sovraffollamento nel carcere giudiziario – afferma, da noi contattata, la direttrice della Divisione Frida Andreotti –. Ho anche preannunciato al Consiglio di vigilanza del settore esecuzione pene e misure un incontro per discutere di questa situazione, guardando pure al futuro».
Articolo pubblicato nell’edizione di giovedì 25 maggio 2023 de La Regione