Norman Gobbi, consigliere di Stato uscente della Lega e direttore del DI, è stato protagonista della undicesima intervista pre elettorale a Ticinonews. Fra i temi discussi l’accordo Lega-UDC, il rapporto con i colleghi in Governo, la violenza nello sport e un bilancio di questi 12 anni.
Partiamo da un fotomontaggio del Mattino: è raffigurato insieme agli altri candidati di lista per il Governo (Zali, Marchesi, Bignasca e Pamini) e a lei spetta il ruolo di pompiere. Il titolo è asilo Mariuccia. Abbiamo sentito spesso le voci di Zali, Bignasca, Marchesi…Lei invece ha parlato poco. Come mai?
“Proprio perché devo fare il pompiere (ride). Cerco di tenere insieme la squadra. L’obiettivo strategico come lista è di mantenere le posizioni, crescere e dare espressione politica a un elettorato molto presente e che ci ha sempre sostenuto”.
Ha dovuto strigliare i suoi compagni?
“No. Un pompiere cerca di smussare gli angoli e cerca si spegnere le fiamme tra uno e l’altro. Fiamme che sono tra l’altro naturali in una campagna dove ognuno cerca di raggiungere il miglior risultato personale”.
È vero che all’interno del Consiglio di Stato ognuno bada al proprio dipartimento, senza pestare i piedi l’uno all’altro?
“Non direi. Ognuno di noi fa parte di un collegio in cui si prendono delle decisioni che a volte non sono gradite a tutti. Ognuno di noi è a capo di un Dipartimento e ne porta la responsabilità non solo dal punto di vista politico, ma anche operativo. Una volta che vengono prese le decisioni però non è ottimale per il Consiglio di Stato uscire con fratture o divisioni verso l’esterno. Credo che questo sia un elemento che ci distingue un po’ dalla vicina Repubblica, dove si continua a bisticciare. Una volta che si è presa una decisione è la decisione del Governo, anche se a qualcuno non piace o piace meno rispetto ad altre. Il confronto interno del governo non è sempre da Mulino Bianco. Anzi, su alcuni temi ci si confronta in maniera molto aspra”.
Settimana scorsa ricorreva il decimo anniversario della scomparsa di Giuliano Bignasca. È rimasto qualcosa di quella Lega?
“Quella Lega è nata in un periodo storico completamente diverso: è entrata come elemento di rottura contro una partitocrazia che gestiva e amministrava il Cantone come se fosse cosa sua e non dei cittadini. La Lega ha voluto dare voce ai cittadini e credo che questo aspetto sia rimasto, così come la volontà di portare la politica vicino alla gente. Quest’anno il nostro slogan è “continuità”, che rompe con quello che il Nano portava in avanti nel ’91, ma c’era un sistema diverso”.
“È una decisione molto prudente per il mondo del calcio, un mondo in cui si creano spesso problemi di ordine pubblico. È una decisione già contenuta nel concordato contro l’hooliganismo avallato da più cantoni, anche se mancano quelli più refrattari, come Basilea, Zurigo e San Gallo. Credo che ci si debba confrontare sul fatto che gli stadi devono essere luoghi sicuri e che i costi generati dal tifo violento non ricadano sulla comunità. È un passo avanti rispetto a prima, l’importante è che non rimanga un fumogeno”.
12 anni di presenza in Governo. Si è dato un limite di tempo?
“Fintanto che ho voglia e interesse credo che potrò andare avanti. Comincio ad affrontare questa campagna elettorale e se il popolo lo vorrà la prossima legislatura”.
C’è qualche rammarico?
“Spesso per fare dei cambiamenti ci vuole davvero tanto tempo. I tempi per l’elaborazione di certi messaggi sono molto più lunghi di quello che uno potrebbe immaginarsi. Questo è un po’ il problema della politica. Se guardo però quanto abbiamo fatto sulla nuova legge della ristorazione e gli alberghi, che voteremo in questi giorni, siamo riusciti con un colpo di reni a portarla avanti in tempi brevi. E questo a favore di un settore economico importante per il nostro Cantone”.
Da www.ticinonews.ch