Norman Gobbi guarda i 12 mesi passati e lancia una proposta per il futuro
Sembrava ieri e invece è già passato un anno da quando il Consigliere di Stato Norman Gobbi ha assunto la presidenza del Governo. Tanto che nel corso della settimana c’è stato il passaggio di testimone con il collega Manuele Bertoli. “Questa volta però – e mi permetto la correzione – non si può dire “sembrava ieri”. È vero che il tempo passa sempre troppo in fretta, ma questi ultimi 12 mesi caratterizzati dalla pandemia a me sono sembrati più lunghi del solito. Una percezione credo condivisa dai più. Le limitazioni alle nostre libertà, imposte per motivi d’ordine sanitario, sono state certamente pesanti e ci hanno fatto vivere in una bolla per parecchio tempo. Sono venuti meno molti contatti familiari e di amicizia. Il lavoro ha subito per tutti dei cambiamenti”, afferma il Direttore del Dipartimento delle istituzioni.
Ecco, proprio il lavoro. Come è stato questo suo anno da Presidente del Governo? “Del tutto differente da un qualsiasi altro anno presidenziale. Per uno come me che ama il contatto con la gente, che ama stare assieme alla gente e sentire il polso del paese reale, l’anno presidenziale – come è stato il caso nel 2015-2016 nella prima esperienza da Presidente del Governo oppure nel 2008-2009 in qualità di Presidente del Gran Consiglio – solitamente è l’occasione per realizzare incontri. Quest’anno invece nulla di tutto ciò. Dirigere il collegio governativo durante la crisi del coronavirus è però stato molto importante. Di fronte a tante emergenze abbiamo dovuto trovare unità d’intenti. Ci siamo riusciti, confermando che l’attuale squadra lavora bene. E con Berna siamo riusciti a farci sentire, in un contesto non facile, perché al di là delle Alpi la percezione della gravità della situazione è giunta con ritardo rispetto al Ticino”.
A proposito di Berna: si è letto in alcune sue interviste che ha discusso con i colleghi, proprio al termine del suo mandato, un rapporto da lei redatto in cui avanza alcuni punti di discussione da fare con l’autorità federale. Di che cosa si tratta? “Questi mesi di “sofferenza” (in tutti i sensi: negli affetti, di carattere sociale ed economico) lasceranno molti strascichi. Dovremo essere capaci a superarli al meglio. Inoltre quest’anno ci ha fatto capire certe cose e vedere meglio taluni altri aspetti, come il ruolo del Ticino all’interno della Svizzera, la sua importanza per l’intera nazione. Anche chi non lo ha mai voluto vedere, capire e ammettere, si è reso conto che la frontiera è fonte di problemi e che le opportunità sono spesso sempre e solo per chi vive dall’altra parte del confine. La pressione del vasto mercato del lavoro lombardo sul Ticino, la vicinanza con una metropoli come Milano e i problemi connessi arrecano dei danni diretti e indiretti per la popolazione residente. E generano costi anche per le casse del Cantone. Vogliamo che queste considerazioni siano ben presenti anche all’autorità federale, che pure si è accorta – lo spero – come il Ticino può essere facilmente fragilizzato dalla sua situazione geografica. Un fattore che Berna deve riconoscere. Se penso che nell’ambito della perequazione delle risorse un Cantone come Lucerna (dove la gente mi sembra non se la passi peggio del ticinese medio, anzi…) riceve tre volte tanto rispetto al Ticino (136 milioni di franchi nel 2021 contro i nostri 44 milioni), allora sono sicuro che in questo ambito vi siano ampi spazi di manovra per far riconosce al nostro Cantone un sostegno confederale ben più cospicuo! Da queste premesse prende spunto il rapporto presentato ai colleghi ”, conclude il consigliere di Stato Norman Gobbi.