Nel 2020 sono calati furti e rapine, ma sono aumentate liti e risse. La Centrale d’allarme è stata subissata di chiamate: ne sono giunte 372 000, il 44% in più rispetto al 2019. Dal punto di vista dei reati, il
2020 è stato un anno anomalo. Col lockdown della scorsa primavera, in Ticino si è fermato tutto. Anche la criminalità. Lo mostrano le statistiche 2020 della polizia cantonale, che parlando di una diminuzione di furti (-27%) e rapine (-32%). Un calo che interessa anche gli incidenti della circolazione (-14%), con un aumento però di quelli mortali (sono stati 16, con 17 vittime). Dati, questi, da ricondurre alla chiusura delle attività e anche delle frontiere, come ha spiegato il capo gendarmeria Marco Zambetti in un incontro con la stampa. Ma la pandemia non ha fermato gli episodi di violenza. Nel periodo post-lockdown si è infatti assistito «a un sensibile rialzo di liti e risse, un fenomeno che per tutta l’estate è rimasto di poco superiore alla media » ha spiegato ancora Zambetti, parlando anche della violenza giovanile: sono infatti stati molti gli interventi per risse tra bande di giovani e giovanissimi. «Il fenomeno va monitorato». Mentre al contrario di quanto ci si aspettava, è Polizia «punto di riferimento» durante l’emergenza sanitaria aumentato solo di poco il numero degli episodi di violenza domestica: con 1 105 casi, +9 rispetto al 2019.
L’anno della pandemia ha comunque dimostrato – lo ha detto Norman Gobbi, presidente del Consiglio di Stato e direttore delle Istituzioni – che «la polizia cantonale è un punto di riferimento per la popolazione ». I cittadini si sono infatti rivolti alle autorità con «un impressionante numero di chiamate». Alla Centrale comune di allarme (Cecale) ne sono giunte 372 000 (+44%). «Anche per domande che non erano prettamente legate all’attività di polizia» ha spiegato il comandante della polizia cantonale Matteo Cocchi. Eppure la polizia, punto di riferimento e al servizio della popolazione, finisce nel mirino dei cittadini, ha osservato con rammarico Gobbi: «Quando gli agenti intervengono per proteggere la popolazione, subiscono insulti e prendono bottiglie in testa. Poi anche loro diventano oggetto di lunghe e logoranti procedure penali». Procedure che «pesano sul morale della truppa». L’emergenza sanitaria ha inoltre permesso di sfruttare appieno i vantaggi della Cecal. Una struttura che è stata «una manna» per l’attività dello Stato maggiore cantonale di condotta: «Permette di coordinare in maniera centralizzata situazioni come questa» ha sottolineato Cocchi. Ora la Cecal si prepara a crescere: dal prossimo 1. aprile sarà ancora più completa con l’integrazione nella centrale del 144.
****
“Bilancio della polizia ticinese
https://www.rsi.ch/play/tv/redirect/detail/13926157
Servizio all’interno dell’edizione di martedì 22 marzo 2021 de Il Quotidiano
****
Un anno fatto di liti e risse
Ma in generale nel 2020 in Ticino i reati sono diminuiti: i furti sono calati del 27%, le rapine del 32%
Gobbi: «La pandemia ha dimostrato che la polizia è un punto di riferimento, ma allo stesso tempo è bersaglio di violenza»
Dal punto di vista dei reati, il 2020 è stato un anno eccezionale. Anzi, anomalo. Con il lockdown della scorsa primavera, in Ticino si è fermato praticamente tutto. Anche la criminalità.
Lo mostrano le statistiche 2020 della polizia cantonale, che parlano di una sensibile diminuzione dei furti (-27%) e delle rapine (-32%). Un calo che interessa anche gli incidenti della circolazione (-14%), con un aumento però di quelli mortali (sono stati sedici, con diciassette vittime). Dati, questi, da ricondurre alla chiusura delle attività e anche delle frontiere, come ha spiegato il capo gendarmeria Marco Zambetti, in un odierno incontro con la stampa.
Dopo il lockdown, liti e risse – Ma la pandemia non ha fermato gli episodi di violenza. Nel periodo post-lockdown si è infatti assistito «a un sensibile rialzo di liti e risse, un fenomeno che per tutta l’estate è rimasto di poco superiore alla media» ha spiegato ancora Zambetti, parlando anche della violenza giovanile: sono infatti stati molti, su tutto il territorio cantonale, gli interventi per risse tra bande di giovani e giovanissimi. «Il fenomeno va monitorato». Mentre al contrario di quanto ci si aspettava, è aumentato soltanto di poco il numero degli episodi di violenza domestica: con 1’105 casi, +9 rispetto al 2019.
La polizia come bersaglio – L’anno della pandemia ha comunque dimostrato – lo ha detto Norman Gobbi, presidente del Consiglio di Stato e direttore delle Istituzioni – che «la polizia cantonale è un punto di riferimento per le necessità e i timori della popolazione». I cittadini si sono infatti rivolti alle autorità con «un impressionante numero di chiamate». Durante tutto il 2020, alla Centrale comune di allarme (CECAL) sono infatti giunte 372’000 chiamate (+44%). «Soprattutto durante la fase acuta dell’emergenza, la CECAL è stata subissata di richieste, anche per domande che non erano prettamente legate all’attività di polizia» ha spiegato il comandante della polizia cantonale Matteo Cocchi.
Eppure, la polizia punto di riferimento e al servizio della popolazione, finisce nel mirino dei cittadini, ha osservato con rammarico Gobbi: «Quando gli agenti intervengono per proteggere la popolazione, subiscono insulti e prendono bottiglie in testa. Poi anche loro diventano oggetto di lunghe e logoranti procedure penali». Procedure che, lo ha sottolineato sempre il presidente del Consiglio di Stato, «pesano sul morale della truppa, bloccano gli avanzamenti di carriera e le ambizioni personali».
La CECAL, il «cervello» dell’attività – L’emergenza sanitaria he inoltre permesso di sfruttare appieno i vantaggi della CECAL, come spiegato durante l’odierna conferenza stampa. Lo scorso 23 febbraio in Ticino è infatti scattata la creazione dello Stato maggiore cantonale di condotta (SMCC), che durante la fase acuta della pandemia ha coordinato l’attività dei vari enti sul territorio. «La CECAL è stata una manna, poiché permette di coordinare in maniera centralizzata situazioni come queste» ha sottolineato il comandante Cocchi. «In questo luogo – ha aggiunto Gobbi – si è creato il cervello per la capacità di organizzazione e intervento sul territorio».
In arrivo il 144 – Un cervello che a partire dal prossimo 1. aprile sarà ancora più completo. Negli spazi di recente liberati dall’Amministrazione federale delle dogane, entrerà infatti la centrale del 144. In questo modo tutti i numeri di emergenza (117, 118 e 144) si troveranno sotto lo stesso tetto. Nel 2020 è inoltre stata attivata la nuova sede operativa a Mendrisio. Mentre nel 2022 sarà terminata l’edificazione del centro di controllo per veicoli pesanti a Giornico, che comporterà cinquanta nuove unità nell’organigramma della polizia cantonale.
Boccata d’ossigeno per lo sport – A seguito della ridotta attività nell’ambito delle manifestazioni sportive che a causa della pandemia avvengono senza pubblico, è inoltre prevista una boccata d’ossigeno per i club. Senza pubblico, diminuiscono anche gli interventi per il mantenimento dell’ordine, pertanto viene condonata la relativa tassa per le stagioni 2019-2020 e 2020-2021. «Si tratta di un sostegno ai club sportivi» ha concluso Gobbi.
Da www.tio.ch
****
Rapine e furti giù, effetto pandemia
L’attività della Polizia cantonale nel 2020. ‘Il lockdown ha ridotto la circolazione delle persone’. Ma preoccupano risse, scontri e violenza domestica
La pandemia da un lato ha ridotto rapine e furti, dall’altro ha però innescato tensioni nella società, segnatamente nel mondo giovanile. Nel 2020, ha osservato il capo della Gendarmeria, vi è stato «un sensibile incremento nel post lockdown» degli interventi della polizia per liti e risse. Protagoniste «bande strutturate di giovani». Un fenomeno che va attentamente considerato e monitorato, ha avvertito Zambetti. Così come non può essere trascurata la violenza domestica, nelle sue varie forme: fisica, psicologica ed economica. Lo scorso anno gli interventi delle forze dell’ordine «per disagi in famiglia» sono stati 1’105. Nove in più di quelli effettuati l’anno prima. Allontamenti dei soggetti violenti dal domicilio: «Ottantadue sono stati disposti dall’ufficiale di polizia e centottantasette quelli volontari», ha reso noto il capo della Gendarmeria: «Il 22 per cento delle persone coinvolte è stato all’origine di più di un intervento».
Ordine pubblico: niente tassa per le società sportive
Si diceva di tensioni sociali. Tensioni dovute anche alle restrizioni alla libertà di movimento per contenere la diffusione del virus e delle sue varianti, da ricondurre alla crisi economica innescata dalla pandemia e alle fosche prospettive per lavoro e occupazione. È una situazione che non può essere gestita unicamente in termini repressivi, ha sottolineato Norman Gobbi, ribadendo quanto dichiarato in questi giorni a proposito degli scontri a Lugano tra giovani e forze dell’ordine. Serve allora uno sforzo comune, a più livelli e con la partecipazione di più attori, ha aggiunto il direttore del Dipartimento istituzioni, evidenziando pure «il grande impegno degli agenti, uomini e donne, cui va il mio ringraziamento, per mantenere l’ordine pubblico». Un’attività nella quale chi indossa una divisa si espone al rischio anche di denunce per presunto abuso di autorità. «I procedimenti penali, nella fattispecie innescati da una querela, sono non di rado – ha detto Gobbi – lunghi e logoranti, bloccano temporaneamente promozioni e carriere e in alcuni casi hanno portato alle dimissioni di poliziotti, nonostante siano poi stati scagionati o risultati estranei ai fatti contestati».
Restando al mantenimento dell’ordine pubblico, non sono state praticamente necessarie operazioni di polizia nei dopo incontri sportivi. Il motivo è semplice: l’assenza di pubblico per via delle misure anti-virus. Per questo «abbiamo deciso di non prelevare presso le società sportive la relativa tassa sia per la stagione 2019-2020 sia per quella 2020-2021: un gesto per non penalizzare ulteriormente i sodalizi», ha fatto sapere il consigliere di Stato e presidente del governo.
‘372mila chiamate’
Ma la pandemia è stata un banco di prova anche per l’organizzazione cantonale che viene attivata per gestire emergenze ed eventi straordinari. E che vede la Polizia cantonale, ha ricordato Gobbi, giocare un ruolo centrale e di coordinamento nello Stato maggiore cantonale di condotta («Quarantasei riunioni, con la partecipazione di più enti»). È stata così fra l’altro «intensificata», ha sostenuto a sua volta il comandante Matteo Cocchi, la collaborazione con i vari partner, quali le polizie comunali. Ma anche, sempre lo scorso anno, con la polizia federale (fedpol) per monitorare e contrastare determinate forme di criminalità nel nostro cantone.
Il bilancio dell’attività 2020 della Polizia cantonale non si ferma qui. Con «l’integrazione» progressiva di enti di primo intervento nella Cecal, la Centrale comune di allarme, «possiamo essere ancor più coordinati e celeri nel rispondere concretamente alle richieste di aiuto che giungono dalla popolazione», ha assicurato Cocchi. E a proposito di richieste dei cittadini, richieste di vario genere, quelle pervenute lo scorso anno sono state ben «372mila», il 44 per cento in più rispetto al 2019.
Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 23 marzo 2021 de La Regione
****
L’anno anomalo della polizia: meno reati, ma più violenza
Presentato il bilancio d’attività 2020 – Gobbi: «Le forze dell’ordine hanno avuto un ruolo centrale nella lotta pandemica» – Cocchi: «La centrale CECAL è stata subissata di chiamate» – Zambetti: «Giovani sotto la lente»
Raccontare il 2020 della Polizia cantonale senza un riferimento alla pandemia non è possibile, anche perché – citiamo il presidente del Consiglio di Stato e direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi – «l’attività del 2020 è stata fortemente contraddistinta dalla lotta contro il coronavirus attraverso lo Stato maggiore cantonale di condotta (SMCC) diretto dal comandante della Polizia cantonale Matteo Cocchi». Il 2020 ha dimostrato come la polizia cantonale e più in generale le forze dell’ordine siano un punto di riferimento imprescindibile per la popolazione, ha detto Gobbi. Basterà citare come esempio il numero delle chiamate registrate dalla centrale d’allarme CECAL con sede a Bellinzona. Nel 2020 sono aumentate del 44% a 372.000 unità. «Una chiamata ogni 85 secondi», ha chiosato Gobbi.
«Dal profilo degli interventi, il 2020 andrà archiviato come un’anomalia». Le parole sono quelle del capo della Gendarmeria della Polizia cantonale Marco Zambetti. I furti sono diminuiti del 27%, le rapine del 32%, le richieste di intervento per incidenti stradali del 14%. «Le cifre del 2020 risentono della situazione sanitaria eccezionale, ha chiosato Zambetti. Per diversi mesi i valichi doganali sono rimasti chiusi e le attività sul territorio sono state sospese». La conclusione per Zambetti è semplice: «L’andamento dei reati è legato alla mobilità delle persone, rimaste a lungo confinate nelle proprie abitazioni e nel proprio territorio». Per questo motivo, ha aggiunto il capo della gendarmeria Zambetti, «il 2020 entrerà nelle statistiche ma chiaramente non potrà fare testo nelle analisi storiche per gli anni a venire».
Risse e liti in aumento
Eppure, nelle statistiche, ci sono alcuni dati che vanno analizzati con attenzione, partendo da quelli legati a risse, aggressioni e liti: «Finita la fase di confinamento abbiamo registrato un incremento sensibile». Pressoché stabili invece gli interventi per violenza domestica (1.105, +9). Zambetti ha poi concluso il suo intervento aprendo una parentesi sulla violenza giovanile: «Gli interventi per rissa sono stati numerosi, sebbene in linea con gli altri anni. In più di un’occasione erano coinvolte bande (piuttosto strutturate) di giovani e giovanissimi. Episodi simili si sono verificati in tutto il cantone e fortunatamente si sono risolti senza conseguenze irrimediabili». La recrudescenza, la brutalità e l’impiego occasionale di armi, tuttavia, obbligano il comando a considerare il fenomeno con la dovuta attenzione, ha concluso Zambetti. Anche perché, gli ha fatto eco il direttore del DI Norman Gobbi, «inevitabilmente la questione finisce per ripercuotersi anche sul corpo di polizia. Non solo perché gli agenti intervenendo si trovano a dover far fronte a questa violenza, ma anche perché capita sempre più spesso che gli agenti, a loro volta, diventino oggetto di una procedura penale».
Un lavoro di coordinamento
«È stato un anno anomalo», gli ha fatto eco il comandante Matteo Cocchi. Il numero degli interventi è sì diminuito, ma non per questo è stato un anno meno intenso. «Si è lavorato molto, attingendo anche a soluzioni innovative. La pandemia, tuttavia, non ha cancellato l’attività di polizia. La nostra missione è proseguita». Il Comandante Cocchi è poi tornato con la mente all’inizio di questo lungo anno pandemico. Il 23 febbraio il Cantone si stava preparando a gestire i possibili casi di coronavirus sul territorio. In quel momento in Svizzera non si erano ancora verificati contagi e in Ticino non risultavano né casi sospetti né persone poste in quarantena. Quel giorno alla CECAL di Bellinzona si era tenuta una primissima riunione strategica per riflettere sui possibili scenari. «Lo Stato maggiore di condotta è stato pensato per dare delle risposte limitate nel tempo. In questo caso, invece, l’attività è dovuta proseguire per mesi». Di conseguenza, anche la Polizia cantonale si è dovuta riorganizzare. È stato quindi creato lo Stato maggiore di Polizia sotto la condotta del sostituto comandante, il tenente colonnello Lorenzo Hutter. «L’attività di polizia ha assunto un ruolo diretto nella lotta alla pandemia, ha spiegato Cocchi, prima attraverso un’azione di sensibilizzazione sulle misure COVID decise a livello federale e cantonale, poi anche a livello di repressione».
Articolo pubblicato nell’edizione di martedì 23 marzo 2021 del Corriere del Ticino